Tweet Pontificia Accademia Vita pietà Michelangelo Gesù nero
Un messaggio contro ogni tipo di razzismo arriva dalla Pontificia Accademia per la Vita che ha twittato un fotomontaggio della Pietà di Michelangelo con Gesù dipinto di nero. Un’iniziativa che ha raccolto centinaia di like e retweet ma anche commenti al vetriolo, 14 settembre 2020. ANSA / Immagine tratta dal profilo Twitter della Pontificia Accademia per la Vita

 

Domenica XXVII del Tempo Ordinario (Anno C)

(Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2 Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10)

 

 

di Alberto Strumia

 

– La prima lettura di questa domenica rispecchia perfettamente lo stato d’animo di tutti coloro che si rendono conto della gravità della situazione nella quale, sia la vita ecclesiale che quella civile e politica del mondo si trovano, da troppo tempo.

Da troppo tempo è ormai chiaro che le risorse umane, da sole, non sono più in grado di sbloccare i “meccanismi” della convivenza umana, sempre più intrappolata in un circolo vizioso che la imprigiona senza via d’uscita (aggiungendo anche una parola presa dal Vangelo, non servono, sono inutili).

Una situazione che porta alla follia individuale, dalle perversioni agli omicidi per futili motivi, ai rapporti interumani basati sul ricatto e la depravazione; alle politiche nazionali e internazionali che non conoscono più nemmeno lontanamente la nozione di “bene comune”.

E anche la vita ecclesiale ne risente, cercando di barcamenarsi facendo leva più sulla logica del compromesso, travestita di parole più vuote che belle, come “inclusività”, “dialogo” purché remissivo e perdente, “apertura” al mondo purché come adeguamento al “pensiero unico” e sudditanza ai poteri ideologici ed economici.

È ormai evidente che solo un intervento diretto del Signore, la Sua vera Onnipotenza – e non i deliri di onnipotenza dei magnati della terra – può liberare il mondo e la Chiesa da questa situazione maleficamente “satanica”. Satanica perché realmente opera subdola del demonio che ha risucchiato a sé, un passo dopo l’altro, quasi senza che se accorgessero, le menti e i cuori (una volta si sarebbe detto le “anime”!).

Ed è questo intervento che il profeta Abacuc sollecita da parte del Signore, quasi sfidandolo: «Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: “Violenza!” e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?». Il profeta quasi minaccia di perdere la fede se il Signore non interviene!

Non mancano oggi persone che si allontanano dalla Chiesa e da Dio stesso a causa dello scandalo («Beato colui che non si scandalizzerà di me», Mt 11,6) e della fatica a perseverare («Ma chi persevererà sino alla fine sarà salvo», Mt 10,22).

Ma qui il Signore parla di «un termine, parla di una scadenza e non mentisce – e aggiunge – se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà». La prova del tempo è la prova della solidità della fede, tesa ad irrobustirla: «soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede» (cfr. Anche Rm 1,17). È una lezione di vita cristiana per noi! Ritornano all’orecchio anche le parole del cap. 11 della Lettera agli Ebrei («Per fede Abele…, per fede Enoch…, per fede Noè…, Abramo…, per fede anche Sara…, per fede Isacco…, per fede Giacobbe…, per fede Giuseppe…, per fede Mosè…, per fede Raab…; mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti»).

– «Se ascoltaste oggi la sua voce!», fa eco il Salmo responsoriale.

– Nella Seconda lettura l’Apostolo Paolo, scrivendo a Timoteo, Vescovo e suo diretto collaboratore, si rivolge anche a tutti i Vescovi di tutti i tempi, invitando ad avere forza (virtus) e a non piegarsi a squallidi compromessi per essere accettati dal mondo, finendo per fare solo delle pessime figure senza ottenere nulla: «Dio, infatti, non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro». E raccomanda di non dilapidare banalizzandolo, quel bene unico che è Cristo stesso, presente nella Sua Chiesa e nell’Eucaristia: «Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato».

– Nel Vangelo, di fronte ai loro limiti umani e alla necessità di ricevere aiuto dall’Alto per compiere un’opera che richiede l’Onnipotenza di Dio per essere realizzata, «gli Apostoli dissero al Signore: “Accresci in noi la fede!”». Questa stessa richiesta al Signore viene messa sulle nostre labbra dalla liturgia di questa domenica.

La risposta apparentemente iperbolica (esagerata) del Signore in merito alla potenza della fede che rende, in certa misura, il credente partecipe di una parte della Potenza di Dio è: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe». Una bella lezione per chi vive (o addirittura gestisce) la Chiesa credendo più nella potenza di una “politica” – copiata da quella del mondo da usare, magari, con l’intento di fare il “bene della Chiesa” (!) – che nel potere di Cristo presente in essa. Questo altro non è che avere più fede nel potere degli uomini venduti a Satana che nel potere della fede in Cristo, Figlio di Dio. Quasi si pensasse: povero Signore, il tuo potere non funziona più, allora arriviamo noi a soccorrerti con la nostra “politicanza”, che fa leva sul potere del mondo, che funziona meglio del tuo…

Il minimo che possa capitare, se si ragiona e si vive così, è il dover riconoscere di essere diventati dei «servi inutili», anzi dannosi.

Ben altro, invece, è il modo di sentirsi «servi inutili» di quanti riconoscono che è il potere di Cristo ad agire nella Chiesa, anche attraverso di loro, e non il loro potere semplicemente umano, né qualche eventuale loro intrigo, del quale, se ci fosse pure stato, sentono il bisogno di accusarsi in Confessione.

L’umiltà non è l’ipocrita finzione teatrale, per il pubblico, di chi ritiene di avere abbastanza potere da fare tutto senza Cristo, o di essere in grado di fare meglio di Lui quando lo vede in difficoltà, ma è il realismo di chi sa che il potere che ha, grande o piccolo che sia,  gli è stato dato dal Signore («non avresti nessun potere […], se non ti fosse stato dato dall’Alto», Gv 19,11), come quello del sacerdote che consacra il pane e il vino per la Salvezza del popolo e sua. Questi servi hanno la consapevolezza di essere inutili in se stessi, ma di essere resi dal Signore degli utili Suoi strumenti.

È quella vera umiltà che trova il suo “esemplare” nella Vergine Maria che riconosce tutta la sua ragion d’essere – l’essere stata resa utile – nel piano della Redenzione, nel suo mettersi a disposizione di ciò che l’Angelo le annuncia da parte di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc  1,38).

 

Bologna, 2 ottobre 2022

 

 

 


 

Sostieni il Blog di Sabino Paciolla

 





 

 

Facebook Comments

Immagini collegate: