Un interessante articolo che mostra il punto di vista e le speranze dei “progressisti” rispetto alle ultime nomine di Papa Francesco tradotto da Annarosa Rossetto.
L’autore, padre Thomas Reese s.j. è un Gesuita che da caporedattore ha pubblicato su America, la rivista dei Gesuiti USA che ospita regolarmente padre James Martin s.j., articoli e opinionisti in contrasto con l’insegnamento della Santa Sede su omosessualità, celibato sacerdotale, controllo delle nascite, dibattito sull’aborto ed altri temi scottanti. La Congregazione per la Dottrina della Fede aveva proposto un controllo sul contenuto della rivista. Reese si è dimesso nel maggio 2005. Il National Catholic Reporter ha affermato che le dimissioni di Reese erano state forzate dal Vaticano, sebbene America e il generalato dei Gesuiti a Roma lo abbiano negato.
Queste recenti nomine mostrano che Francesco ora capisce che ‘personnel is policy‘.
Ultimamente, papa Francesco è stato impegnato a nominare uomini e donne che sostengono la sua visione di una chiesa sinodale in posizioni di peso. Ciò è evidente nelle sue recenti nomine al collegio cardinalizio, al sinodo, alla curia romana e alle arcidiocesi.
Queste nomine sono importanti perché, come ti dirà ogni consulente gestionale, “personnel is policy” (“le persone fanno la politica”, ndt). Un’organizzazione può avere politiche meravigliose, ma se le persone responsabili della loro attuazione non sono a bordo, quelle politiche falliranno. (grassetto nostro qui e in altri punti dell’articolo, ndr)
Domenica (9 luglio), Francesco ha nominato 21 nuovi cardinali, 18 dei quali hanno meno di 80 anni e quindi possono votare per un nuovo papa in un conclave. Dopo che questi nuovi cardinali saranno creati in un concistoro il 30 settembre, ci saranno 137 cardinali elettori, tre in più rispetto al precedente massimo del 2001 sotto Giovanni Paolo II.
Il settantadue per cento dei cardinali elettori, che eleggeranno il prossimo papa, è stato nominato da Francesco, il che rende più probabile che il prossimo papa continui la direzione che Francesco ha tracciato per la chiesa (in minuscolo nel testo originale, ndr).
Al Sinodo sulla Sinodalità, che inizierà il 4 ottobre, papa Francesco ha nominato quattro cardinali statunitensi e un arcivescovo che sono vicini al suo pensiero.
I quattro cardinali statunitensi sono: Sean O’Malley, arcivescovo di Boston; Wilton Gregory, arcivescovo di Washington, DC; Blase Cupich, arcivescovo di Chicago; e Robert McElroy, il vescovo di San Diego. L’altra nomina episcopale è l’arcivescovo Paul Etienne di Seattle.
Presenti al sinodo anche il cardinale Joseph Tobin, arcivescovo di Newark, membro del consiglio vaticano che ha pianificato il sinodo, e il cardinale Kevin Farrell, americano che lavora nella Curia Vaticana.
Tutti questi prelati sono fedeli sostenitori di Francesco e della sua visione.
Meno entusiasti invece sono i vescovi americani scelti per il sinodo dalla Conferenza Episcopale Americana (USCCB), anche se nessuno si oppone pubblicamente a Francesco.
Non sorprende la scelta del presidente dell’USCCB, Timothy Broglio, arcivescovo delle Forze Armate. I presidenti delle Conferenze episcopali sono sempre eletti per andare ai sinodi. Il vescovo Daniel Flores di Brownsville, Texas, è stata un’altra scelta ovvia perché è stato l’uomo di punta dei vescovi nel sinodo.
Sono stati scelti anche il presidente del comitato dottrinale dell’USCCB, il vescovo Kevin Rhoades di Fort Wayne-South Bend, Indiana, così come il vescovo esperto di media Robert Barron di Winona-Rochester, Minnesota, e il cardinale favorito della conferenza Timothy Dolan di New York.
Le elezioni si sono svolte in segreto, quindi non sappiamo chi volesse partecipare ma non è stato scelto. È interessante notare che il vicepresidente dell’USCCB, l’arcivescovo William Lori di Baltimora, non è stato scelto dalla conferenza poiché molto probabilmente diventerà il presidente dei vescovi nel novembre del 2024, subito dopo la conclusione del Sinodo sulla sinodalità. Lo avrebbe aiutato ad adempiere alle sue responsabilità di presidente della conferenza se avesse vissuto il sinodo. Se il sinodo sarà un grande successo, i vescovi potranno voler eleggere come presidente qualcuno che c’era.
Sebbene i vescovi americani nominati al sinodo da Francesco siano stati incrollabili nel loro sostegno al papa, Francesco ha anche nominato al sinodo vescovi conservatori, ad esempio, per bilanciare i prelati più liberali scelti dai vescovi tedeschi. Una nomina degna di nota è l’ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, che ha aspramente criticato il processo sinodale.
Müller è scontento di Francesco da quando il papa non lo ha riconfermato Prefetto alla scadenza del suo mandato. Se Francesco avesse voluto un sinodo con un’approvazione totale, Müller sarebbe stata la sua ultima scelta.
D’altra parte, Müller è stato determinante nell’elaborare un compromesso sui cattolici divorziati con il cardinale Walter Kasper che ha salvato il Sinodo sulla famiglia del 2015 dal finire nel caos.
Francesco è stato abbastanza saggio da invitare i conservatori nella speranza che l’esperienza del processo sinodale abbia un impatto trasformativo. Meglio averli nel sinodo che a condannarlo dall’esterno. Se, a conclusione del Sinodo sulla sinodalità, presuli come Müller ne sosterranno le raccomandazioni, sarà molto difficile che altri conservatori si oppongano.
Tra i delegati non episcopali al sinodo – sacerdoti e laici e donne – c’è il sacerdote gesuita Rev. James Martin, redattore generale di America Magazine e fondatore di Outreach, un ministero per i cattolici L.G.B.T.Q. Martin è stato un bersaglio frequente di attivisti cattolici conservatori, ma è stato sostenuto nel suo ministero da Francesco.
Martin potrebbe svolgere un ruolo cruciale al sinodo nelle discussioni sui cattolici LGBTQ. Conosce anche molto bene il discernimento ignaziano, un processo di preghiera che sarà la chiave per il successo del sinodo.
Più di 50 donne saranno incluse nei circa 360 membri votanti provenienti da diversi paesi, culture e generazioni, per garantire che il sinodo abbia un’ampia diversità. Parteciperanno anche altri trenta invitati senza diritto di voto, inclusi 12 delegati fraterni di altre denominazioni cristiane.
Questo sarà il sinodo più grande da quando furono istituiti da Paolo VI dopo il Concilio Vaticano II. Potrebbe anche rivelarsi il sinodo più importante dopo il concilio.
Oltre a nominare persone al sinodo, il papa si è occupato di altre nomine.
A capo del Dicastero per la dottrina della fede, Francesco ha nominato l’arcivescovo argentino Víctor Manuel Fernández, accolto favorevolmente dai teologi ma osteggiato dai conservatori.
Fernández è uno stretto collaboratore di Francesco, ma è stato criticato per “Guariscimi con la tua bocca: l’arte di baciare”, un libro che aveva scritto per adolescenti e che ha chiesto all’editore di ritirare.
È stato anche criticato per la sua disponibilità a benedire le coppie gay. Ha chiarito la sua posizione in merito affermando che i matrimoni gay non devono essere confusi con un matrimonio sacramentale tra un uomo e una donna. Le benedizioni che non hanno creato tale confusione dovrebbero essere “analizzate e confermate”.
Quando Francesco era arcivescovo di Buenos Aires, nominò Fernández rettore della Pontificia Università Cattolica Argentina. Questa nomina era stata ritardata dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede, proprio l’ufficio che ora presiederà. Dopo circa due anni, alla fine la sua nomina era stata autorizzata.
Fernández è stato anche criticato per non aver represso più rapidamente un prete incriminato di abusi sessuali, il che è importante, dal momento che sarà a capo dell’ufficio che si occupa dei preti abusatori. “Oggi mi comporterei sicuramente in modo molto diverso e sicuramente il mio comportamento è stato insufficiente”, ha ammesso all’Associated Press.
Francesco, però, gli ha chiesto di concentrarsi sulle questioni dottrinali e di lasciare le questioni sugli abusi al personale competente del dicastero.
Storicamente, il dicastero ha gestito la laicizzazione dei preti abusatori perché il suo ex capo, Joseph Ratzinger, è stato l’unico cardinale di curia che ha preso sul serio la questione sotto Giovanni Paolo II. Non c’è alcuna ragione logica per cui i preti abusatori dovrebbero essere gestiti dal DDF (Congregazione per la Dottrina della Fede, ndr). Avrebbe più senso istituire un ufficio separato, forse un dipartimento di giustizia, per occuparsi dei preti abusatori e di altre attività criminali nella chiesa.
Nella sua lettera di incarico, Francesco ha chiesto a Fernández di concentrarsi sulla “promozione della conoscenza teologica” e incoraggiare “il carisma dei teologi e i loro sforzi accademici” piuttosto che perseguire possibili errori dottrinali. Essendo stato indagato dal Vaticano, Fernández è la scelta perfetta per riorientare il dicastero da poliziotto a promotore.
Francesco ha anche nominato alcuni giovani vescovi in sedi chiave dove avranno un impatto molto tempo dopo che se ne sarà andato. Per “giovani” intendo vescovi sulla cinquantina che potrebbero restare in carica per 20 anni o più. Tra queste nomine figurano le arcidiocesi di Mechelen-Bruxelles, Toronto, Buenos Aires e Madrid.
Queste recenti nomine mostrano che Francesco ora comprende che “le persone fanno la politica“. Molti di noi vorrebbero che si fosse concentrato su questo, soprattutto negli Stati Uniti e in Curia, fin dall’inizio del suo pontificato.
Francesco, tuttavia, preferisce procedere lentamente e in modo incrementale quando si tratta di cambiamenti nella politica o nel personale. Quelli di noi che vogliono il cambiamento possono essere delusi da questo modo incrementale di procedere, ma un cambiamento più rapido nelle chiese protestanti ha spesso portato a scismi, qualcosa che i papi vogliono evitare a tutti i costi.
Questo approccio incrementale al cambiamento emergerà senza dubbio anche nel sinodo, mentre Francesco cerca di bilanciare l’impazienza dei cattolici progressisti con i timori dei conservatori.
padre Thomas Reese, s.j.
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