“Un sacerdote argentino che conosceva il cardinale Jorge Mario Bergoglio di Buenos Aires prima della sua elezione a papa Francesco sostiene che nel 2005 il papa emerito Benedetto XVI offrì a Bergoglio la carica di segretario di Stato, di fatto la seconda posizione più importante in Vaticano dopo il papato stesso, ma il futuro pontefice rifiutò.”

Così la giornalista Inés San Martín nel suo articolo che vi presento nella mia traduzione. 

Papa Francesco ed il Papa emerito Benedetto XVI

Papa Francesco ed il Papa emerito Benedetto XVI (foto: Osservatore Romano)

 

Un sacerdote argentino che conosceva il cardinale Jorge Mario Bergoglio di Buenos Aires prima della sua elezione a papa Francesco sostiene che nel 2005 il papa emerito Benedetto XVI offrì a Bergoglio la carica di segretario di Stato, di fatto la seconda posizione più importante in Vaticano dopo il papato stesso, ma il futuro pontefice rifiutò.

Benedetto XVI avrebbe voluto che Bergoglio fosse il suo segretario di Stato per aiutarlo a ripulire il governo centrale della Chiesa cattolica, noto come Curia romana. Otto anni dopo, Bergoglio stesso fu eletto al pontificato, in parte proprio con il mandato di riformare la Curia.

Diverse fonti consultate da Crux, che erano vicine a Bergoglio nel 2005, hanno dichiarato di non poter confermare o negare l’affermazione, ma l’hanno trovata “plausibile”.

“So che papa Paolo VI ha sofferto molto a causa della corruzione nella Santa Sede”, ha detto padre Fernando Miguens a Buenos Aires. “So che anche Giovanni Paolo II ha sofferto per questo, ma ha deciso che la missione sarebbe stata la sua priorità”.

“Il povero Benedetto cercò di affrontarla, e per farlo, si avvicinò a Bergoglio per nominarlo suo segretario di Stato, ma Jorge gli disse di no”, ha detto Miguens.

Benedetto voleva scegliere qualcuno che avesse le unghie di un “chitarrista” perché questa persona potesse affrontare la riforma”, ha detto il sacerdote in un’intervista esclusiva con Crux.

Miguens è l’ex rettore del seminario cattolico di San Miguel, alla periferia di Buenos Aires.

Anche se questa è la prima volta che qualcuno ha affermato che Benedetto ha voluto Bergoglio come suo segretario di Stato, si diceva ampiamente durante gli ultimi anni di San Giovanni Paolo II che il cardinale argentino potesse essere in linea per una posizione elevata in Vaticano. Il giornalista vaticanista veterano italiano Sandro Magister ha riferito nel 2002 che dopo un’ottima performance in un Sinodo dei vescovi del 2001, alcuni dei suoi colleghi prelati volevano che Bergoglio fosse chiamato a Roma, al che egli avrebbe risposto: “Per favore, morirei in Curia”.

Alla fine, Benedetto nominò come segretario di Stato un ex aiutante del suo ventennale mandato a capo della Congregazione vaticana per la dottrina della fede, il cardinale italiano Tarcisio Bertone. Bertone ha ricoperto l’incarico dal 2006 al 2013.

L’idea di Benedetto di volere che Bergoglio fosse il suo collaboratore più importante può sembrare controintuitivo per gli osservatori non avvezzi agli affari ecclesiali.

Quasi dall’inizio del pontificato di Francesco nel 2013, la narrazione popolare ha suggerito una tensione tra l’arciconservatore Benedetto e Francesco il riformatore progressivo. In realtà, fonti che conoscono Bergoglio dicono che i due uomini hanno goduto di un profondo rispetto personale.

“Ho sentito da lui [Bergoglio] che il rapporto tra loro era insuperabile, che era personale”, ha detto a Crux un ex assistente, che oggi lavora nel settore privato. “Ogni volta che il cardinale si trovava a Roma, andava nell’ufficio di Benedetto quasi senza richiedere un’udienza, cosa che mi è stata confermata da diversi giornalisti romani”.

I due parlavano regolarmente al telefono, a volte anche una volta al mese, un’altra fonte ha confermato.

Lo scrittore britannico Austen Ivereigh, biografo papale e autore di The Great Reformer, ha detto a Crux che “il cardinale Bergoglio aveva una reputazione a Roma come crociato anti-corruzione e Papa Benedetto lo ha valutato molto bene, quindi l’idea di chiedergli di essere segretario di Stato sembra plausibile”.

“Se è così, Bergoglio è stato saggio a rifiutare”, ha detto Ivereigh. “Senza l’autorità del papato dietro una riforma radicale, essa non avrebbe potuto farsi”.

Il fatto che Bergoglio sia stato al secondo posto nel conclave del 2005 che elesse Benedetto è ben documentato, così come il fatto che l’allora cardinale argentino disse a coloro che stavano spingendo la sua candidatura, senza il suo incoraggiamento, di sostenere Ratzinger a papa.

Ben documentata anche dal giornalista argentino Mariano de Vedia nel suo libro In the Name of the Pope è una trama del 2008, orchestrata dal governo dell’allora presidente argentino Cristina Fernandez de Kirchner, che ha coinvolto Bertone e i prelati argentini Hector Aguer e Oscar Sarlinga, oggi dimessi rispettivamente da La Plata e Zarate-Campana.

Ironia della sorte, avevano progettato di rimuovere Bergoglio da Buenos Aires, di dare quell’arcidiocesi a Sarlinga e di far impiegare Bergoglio in un lavoro in Vaticano. Tuttavia, anche se era coinvolto nel complotto, non è chiaro se Bertone capì all’epoca che Bergoglio aveva rifiutato la posizione che lo stesso Bertone ricopriva allora.

Miguens ha detto che l’impegno di Bergoglio per la riforma vaticana, la qualità che interessò Benedetto sul prelato argentino 14 anni fa, non ha vacillato dalla sua elezione a papa Francesco.

Ciò che è cambiato, secondo Miguens, è la percezione che il papa ha del tempo necessario per portare a termine il lavoro. In origine, ha detto, Francesco credeva di poter mettere ordine nella casa in tre anni, ma da allora si è reso conto che ci vorrà molto di più.

 

Fonte: Crux now

 

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