Padre Tom Uzhunnalil

Padre Tom Uzhunnalil

 

Padre Tom Uzhunnalil, il sacerdote rapito nel 2016 e tenuto prigioniero per 18 mesi da terroristi nello Yemen, ha detto che la sua capacità di perseverare “è stata grazie alle preghiere di tutti” che hanno interceduto per lui.

La preghiera è la cosa migliore che Dio ci ha dato e può ottenere tutto”, ha detto ad ACI Prensa, l’agenzia sorella di lingua spagnola del CNA. “Mi sono arreso alla volontà del Signore, durante la mia prigionia ho pregato il Signore perché mi liberassero presto, ma gli ho anche chiesto di darmi la grazia di portare a termine la missione che aveva previsto per me”.

Missionario salesiano, Uzhunnalil ha attirato per la prima volta l’attenzione del mondo quando è stato rapito il 4 marzo 2016, durante un attacco a una casa di Missionari della Carità ad Aden, nello Yemen, che ha lasciato 16 persone morte, tra cui quattro suore.

La sua risonanza internazionale è cresciuta quando si sono diffuse voci secondo cui sarebbe stato crocifisso il Venerdì Santo, il che in seguito si è rivelato privo di fondamento. Dopo di che, sono state rilasciate numerose foto e video che ritraggono Uzhunnalil, magro e con la barba molto folta, che chiedeva aiuto e invocava il suo rilascio, dicendo che la sua salute si stava deteriorando e che aveva bisogno di ricovero ospedaliero.

Il governo dell’Oman e della Santa Sede aveva lavorato per il rilascio del sacerdote. È stato liberato il 12 settembre 2017.

In un’intervista con l’ACI Prensa il sacerdote ha ricordato l’esperienza che ha vissuto nello Yemen.

Le chiese dello Yemen erano state attaccate e vandalizzate, ma nei giorni precedenti il mio rapimento la situazione si era in qualche modo stabilizzata”, ha detto.

Tuttavia, la mattina del 4 marzo 2016, mentre stava pregando nella cappella dei Missionari della Carità, ha sentito degli spari all’esterno. Ha visto i jihadisti uccidere quattro delle suore.

Ho pregato per la misericordia di Dio sulle suore che erano state uccise e anche per coloro che le avevano ammazzate”, ha detto. “Poi mi hanno detto di venire fuori e mi hanno chiesto se fossi musulmano. Ho detto loro di no, che sono cristiano. E mi hanno messo sul sedile posteriore della macchina”.

Poco dopo aprirono di nuovo la porta e gettarono qualcosa di metallico avvolto in un panno. Sapevo che era il tabernacolo che le suore avevano nella cappella”, spiega.

Mentre Uzhunnalil dice che i suoi rapitori non gli hanno fatto del male fisico, ha subìto però una tortura psicologica.

Mi hanno portato via tutto, anche se mi hanno dato un po’ d’acqua e di cibo”, ricorda.

Durante quel periodo, hanno cambiato la sua posizione cinque o sei volte, e lui dice che non sapeva mai dove si trovasse  esattamente.

Nei 18 mesi in cui fu tenuto prigioniero, Uzhunnalil si affidò alla preghiera per la perseveranza.

È stato grazie alle preghiere di tutti coloro che hanno pregato per me che ho potuto sopportare ciò che stavo passando. Non è stato per la mia fortezza personale, ma per le preghiere dei miei fratelli e sorelle nella fede”, ha detto.

Anche Uzhunnalil si è affidato alla preghiera personale durante la sua prigionia.

Ogni giorno ho pregato l’Angelus; tre o quattro rosari; un Padre Nostro, Ave Maria e Gloria anche per le sorelle che sono morte; la Coroncina della Divina Misericordia; ho meditato sulla Via Crucis; e ho celebrato la Santa Messa spiritualmente – non avevo né pane né vino, ma ho detto le preghiere a memoria”, ha detto Uzhunnalil.

Ho pregato per i miei rapitori e ho ringraziato Dio per il seme di bontà che potevano avere nel cuore. Grazie a Dio, non ho alcun rancore o odio per loro”, ha aggiunto.

Dio sapeva tutto ciò che stava accadendo, perché avrebbero dovuto uccidermi all’inizio, ma non l’hanno fatto. Mi hanno tenuto in vita anche se avevo detto che sono cristiano. Eccomi qui, libero di testimoniare che Dio è vivo, che ha ascoltato le nostre preghiere e ci ha risposto. Sono stato testimone del potere della preghiera”, ha detto all’ACI Prensa.

Dopo la sua liberazione, il 12 settembre 2017, ha incontrato Papa Francesco, un momento “tremendamente emotivo”.

Durante l’incontro con Papa Francesco, ho pianto e l’ho ringraziato per le preghiere che aveva pregato per me e perché aveva chiesto che si pregasse per me”.

Uzhunnalil ha incoraggiato tutti i cristiani che oggi soffrono persecuzione ad essere saldi nella preghiera e nella fede in Dio.

Il sacerdote attualmente vive a Bangalore, in India, poiché lo Yemen è ancora in guerra. Tuttavia, assicura di essere pronto a tornare nel Paese “se questa è la volontà di Dio”.

 

Fonte: Catholic News Agency (nella mia traduzione)

 

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