di Miguel Cuartero Samperi
Vorrei consigliarvi la lettura di un libro a me molto caro, che ho più volte consigliato ai miei amici e ai clienti in libreria. Si tratta degli esercizi spirituali che Pablo Domínguez predicò alle monache cistercensi di Tulebras (piccolo paesino a Sud della Navarra) dall’11 al 15 febbraio del 2009. Una sorta di testamento spirituale se consideriamo che il sacerdote morì il giorno dopo la fine di questo ritiro. Morì alle tre del pomeriggio del 15 di febbraio 2009 mentre scendeva dal Moncayo (montagna in provincia di Zaragoza). Il libro originale è in lingua spagnola (Hasta la cumbre), pubblicato a Madrid (da Ediciones San Pablo) nel 2009, anno in cui il Signore chiamò don Pablo in cielo. Nel 2014 grazie alla gestione e alla traduzione dell’amico don Santiago Rolón, sacerdote argentino della diocesi di Roma, il libro è stato pubblicato in Italia dalle edizioni San Paolo.
Ogni 15 febbraio, diversi sacerdoti di Madrid che hanno conosciuto don Pablo assieme ad alcuni amici e parenti, si riuniscono ai piedi del Moncayo per celebrare la Messa sulla pietra dove è stato ritrovato il suo corpo.
Molti hanno conosciuto la figura di Pablo Domínguez attraverso il film-documentario “L’ultima cima“, diretto dal regista spagnolo Juan Manuel Cotelo che ha ottenuto un grande successo anche in Italia. Il film presenta la figura di un sacerdote carismatico, una figura esemplare, una persona affabile e gioiosa, dotata di un grande senso dell’umorismo, ben voluta e amata da tutti.
Ma per conoscere meglio la figura di Pablo Domínguez ascoltare le sue parola; è dunque necessario leggere questo libro che fa trapelare la fede sincera, l’entusiasmo trasparente e la gioia contagiosa di un uomo che ha conosciuto Cristo, che ha avuto una esperienza di Lui nella sua vita. Non si tratta dunque di una lezione di teologia, non un indottrinamento, ma di un uomo che parla a partire dalla sua esperienza e non dai suoi studi (eppure era un docente di logica, di teologia e di filosofia molto preparato).
In fondo non farò altro che parlare a voce alta della mia personale esperienza di Dio. Pertanto, eviteremo qualsiasi teorizzazione, qualsiasi espressione che sia puramente intellettuale, anche se useremo la ragione.
P. Domínguez, Fino alla cima, p. 19.
Difficile rendere con le parole ciò che voglio dire, ma credo che questo sacerdote e il suo messaggio (non altro che il messaggio del Vangelo tramesso con sincerità e gioia, senza pomposità, senza artificialità e senza devozionismi) vadano conosciuti. Siamo in molti a sperare che presto l’Archidiocesi di Madrid apra il suo processo di beatificazione, certi che Pablo goda già della presenza di Dio e che dal cielo, da quella cima verso la quale tante volte si è faticosamente “arrampicato”, intercede per noi. «Pablo è vivo e lo sentiremo vicino a noi» affermava dopo la sua morte mons. Demetrio Fernández, vescovo di Tarazona. Nell’omelia pronunciata in occasione del funerale di Pablo, il card. Antonio María Rouco disse: «Anche lui, a imitazione del Maestro, ha diffuso il buon odore di Cristo nello studio e nell’insegnamento, nel dedicarsi ai giovani, nell’attenzione spirituale e nella consegna generosa di se». Entusiasmo, desiderio di annunciare Cristo e dono di sé, queste le caratteristiche fondamentali del suo apostolato. Così lo ricordano le monache cistercensi:
La sua morte lasciò un segno così come lo lasciò la sua vita. […] Non gli interessava mettersi in mostra ma solo annunciare Cristo. Ci ha detto cose profonde, con tanta passione e tanta allegria, che molte sorelle hanno vissuto un rinnovato entusiasmo interiore.
In modo particolare ci fece ridere il giorno in cui affrontò il tema della morte: alcune sorelle commentavano un po’ meravigliate che nessuno avesse mai parlato loro di questo argomento in un simile modo. Così ci incoraggiò a desiderare ciò che sta oltre la morte: la vita eterna.
…Era un uomo di Dio. Lui era la sua passione e di Lui parlava appassionatamente. Il suo desiderio era annunciare Gesù Cristo. «Non c’è cosa più bella che predicare» diceva. Tutta la sua persona lasciava trasparire che viveva quello che predicava.
Sorella Pilar German, Monastero N.S. della Carità di Tulebras.
Pablo, che fu anche professore itinerante nei seminari Redemptoris Mater (nel libro parla della sua esperienza al seminario di Takamatsu), era convinto che i monasteri di clausura fossero le “colonne” che sostengono la Chiesa perché, affermava, «quelli che sono in prima linea nella battaglia, nell’azione, hanno bisogno di quelli che sono in prima linea nella battaglia della preghiera». Per questo incoraggiava le monache ad essere vere missionarie, a vivere radicalmente la fede, affermando che «al giorno d’oggi potremmo dire che la crisi della fede debba essere risolta con la radicalizzazione dei monasteri».
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