Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Christopher R. Altieri e pubblicato su World Catholic Report. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella mia traduzione. 

Papa Francesco (Foto AP Photo/Markus Schreiber)
Papa Francesco (Foto AP Photo/Markus Schreiber)

 

“Pazzesco” è l’unica parola per descrivere la settimana che è trascorsa, soprattutto per quanto riguarda le notizie cattoliche, e in particolare una serie di domande ufficiali chiamate dubia nel linguaggio tecnico dell’ecclesialese.

Per chi segue da casa, un dubium è una domanda riguardante una questione più o meno tecnica di dottrina o di interpretazione giuridica. I dubia provengono di solito da ecclesiastici di alto livello che hanno a cuore le anime e che vogliono conoscere il pensiero del Papa come insegnante o legislatore, o entrambi.

La prassi standard è quella di formulare le domande in modo da ammettere una risposta “Sì” o “No”, ma questo per facilitare la risposta diretta del funzionario del dicastero che si occupa della domanda. Spesso la risposta “sì” o “no” viene elaborata.

La scorsa settimana siamo venuti a conoscenza di una serie di dubia inviati a Papa Francesco – la terza serie analoga o simile da parte di un gruppo consistente di cardinali dubbiosi – riguardanti una serie di questioni che sono state oggetto di discussione a partire dall’Esortazione post-sinodale del 2016 del Papa, Amoris laetitia. La prima serie di dubia non ha (notoriamente) ricevuto alcuna risposta diretta. Una seconda serie, diversa e inquadrata alla luce dell’assemblea sinodale sulla sinodalità che si è aperta la scorsa settimana e durerà fino alla fine del mese, ha ottenuto una risposta nel luglio di quest’anno.

I cardinali dubbiosi sono rimasti fermi su quelle risposte per oltre due mesi. Non gli piaceva la loro struttura formale – non erano risposte Sì/No – ma questo non era l’unico motivo per cui le hanno tenute per sé. In tutta onestà nei confronti del gruppo di cinque persone che hanno presentato le domande, è consuetudine che il Papa e il Vaticano pubblichino le risposte ai dubia quando e come vogliono.

In ogni caso, i cardinali hanno riformulato le loro domande in modo da poter ricevere solo una risposta Sì/No, e le hanno ripresentate. Quando non hanno ricevuto alcuna risposta alle loro domande riformulate, le hanno rese pubbliche e hanno fatto sapere al pubblico che avevano ricevuto risposte a una serie precedente di domande simili. Il Vaticano ha risposto in breve tempo, pubblicando le risposte che Papa Francesco aveva dato privatamente a luglio.

Ne è seguito un tracollo, aiutato da testate giornalistiche cattoliche e laiche mainstream, ma guidato soprattutto da un commentario in delirio per il desiderio che il Papa dica ciò che vogliono, sia perché sperano che si schieri finalmente in modo inequivocabile a favore delle loro cause preferite, sia perché si dichiari finalmente e in modo inequivocabile il tipo di eretico che sanno essere nelle loro ossa.

L’intero spettacolo è stato l’esatto contrario di edificante.

Quando la follia sale a undici, la cosa migliore da fare è prendere una pausa, trovare il nucleo di tranquillità e praticare un’analisi fredda e dura. È quello che cercherò di fare qui, ma lascerò che un collega si diverta. Tre ritornelli tratti da canzoni pop – due classici e una hit attuale – faranno da cornice alle mie considerazioni.

Non si può sempre ottenere ciò che si vuole.

Qualunque altra cosa abbia fatto Papa Francesco rispondendo ai dubia – non ai vecchi dubia, ma a quelli più recenti – ha dimostrato ancora una volta di essere un maestro politico. Forse contava sul fatto che i cardinali dei Dubia si sarebbero sporcati da soli, ma che lo facesse o meno, sia i cardinali dei dubia stessi che la loro schiera di malcontenti hanno certamente dimenticato la morale della hit dei Rolling Stones del 1969, “You can’t always get what you want”, ovvero che si può ottenere ciò di cui si ha bisogno – a volte, comunque – se ci si prova.

Fin dall’inizio, i cardinali dei dubia hanno affermato che la loro principale preoccupazione è l’integrità dottrinale. Hanno cercato dichiarazioni chiare, univoche e inequivocabili da parte della massima autorità della Chiesa riguardo a ciò che la maggior parte delle persone riteneva essere punti fermi dell’insegnamento fino a quando l’Esortazione apostolica post-sinodale di Francesco del 2016, Amoris laetitia, non ha confuso le acque.

Questo non vuol dire che i cardinali dei dubia siano privi di preoccupazioni pastorali. Anzi, è proprio il contrario. La dottrina è sempre stata la base solida della pratica pastorale o, se vogliamo, la carta affidabile con cui si procede in acque pericolose. Il Papa e la sua banda si sono comportati come se le carte non contassero.

Ora, le acque possono essere cambiate e le carte che abbiamo potrebbero non essere perfettamente affidabili. Le carte non sono mai perfettamente affidabili. Potrebbero esserci nuovi rilevamenti, o potrebbe essere il momento di fare nuovi rilevamenti. Il Papa e i suoi uomini, tuttavia, sembrano operare senza curarsi affatto delle carte nautiche, volendo pilotare con qualcosa a metà tra l’istinto e l’intuizione. Inoltre, si muovono a velocità sostenuta in acque che tutti sanno essere pericolose.

Anche se a volte è necessario che un pilota si orienti a vista e a sentimento, è sempre poco saggio ignorare le carte nautiche e la follia di pensare che le carte nautiche in quanto tali non siano necessarie.

A onor del vero, Papa Francesco è un pilota incredibilmente dotato di piccole imbarcazioni. In contesti individuali o di piccolo gruppo, è tremendamente efficace. Il documentario di Hulu uscito all’inizio dell’anno dimostrerà ampiamente la sua abilità in queste situazioni a chiunque sia disposto a vederlo. Che si preferisca pensare all’intera Chiesa come a un grande galeone dell’epoca dei velieri o a una corazzata o a un transatlantico o persino a una portaerei, l’unica cosa che la nave di Pietro non è, è piccola.

Tutto ciò per dire che una visione semplicemente candida della controversia comprenderà che c’è tensione tra il Papa e i cardinali dei dubia, che tuttavia non sono necessariamente né irriducibilmente contrapposti l’uno all’altro sulla questione primaria della salus animarum, la salvezza delle anime.

Se il Papa è un pilota di piccole imbarcazioni migliore di quanto i suoi implacabili critici siano disposti a concedere, le persone dall’altra parte farebbero bene a rendersi conto che i cardinali dei dubia hanno un’argomentazione migliore contro il pilotaggio da parte del Papa della grande nave che è la Chiesa di quanto abbiano finora riconosciuto.

Non ho intenzione di riepilogare l’intera faccenda. Basti dire che Papa Francesco intendeva che Amoris fosse un incoraggiamento ufficiale per tutta la Chiesa: un invito al discernimento, se volete, un inizio di conversazione che avrebbe dovuto far riflettere la gente – insieme e pubblicamente – su tutta una serie di sfide alla vita familiare contemporanea.

Invece, molte giurisdizioni della Chiesa hanno deciso di saltare il discorso e di passare direttamente alla parte in cui i vescovi locali emettevano “linee guida pastorali” che equivalevano a un’accozzaglia di legislazioni speciali, nessuna delle quali era veramente in linea con le altre. L’amara ironia di ciò era duplice.

Ha avvelenato il pozzo, dando agli ex campioni di Papa Francesco nelle classi chiacchierone carta bianca per attaccare le persone veramente perplesse e per tarpare loro le ali con il pennello del “dissenziente”, mentre contemporaneamente ha dato ai critici implacabili del Papa un sacco di cose a cui puntare e dire – ipsa voce – “Vedi?!? Questa confusione è ciò che vuole!”.

La conversazione che Francesco ha detto di volere avrebbe dovuto aiutare a uscire dall’eccessivo formalismo e rigorismo giuridico. Invece, il salto alla legislazione speciale ha di fatto cortocircuitato questo sforzo, e quasi nessuno si è chiesto come un’ulteriore legislazione (o quasi-legislazione) avrebbe dovuto combattere l’eccessivo formalismo o rigorismo giuridico.

In altre parole, il problema che Amoris ha messo in moto non è mai stato quello della dottrina, ma quello della governance.

Se i cardinali dei dubia fossero stati politicamente accorti, avrebbero pubblicato le risposte che avevano a luglio, avrebbero dichiarato vittoria e se ne sarebbero andati a casa. Non hanno ottenuto tutto quello che volevano. Dal punto di vista dottrinale, però, hanno ottenuto tutto ciò di cui avevano bisogno.

Distillate nella loro essenza, le risposte che sono arrivate ai cardinali dei dubia a luglio hanno chiarito tutte le questioni fondamentali che sono sorte riguardo all’insegnamento consolidato della Chiesa – dalla validità perenne e lo status di “controllo” del precedente magistero papale e conciliare, a particolari più granulari come la necessità di una qualche espressione di pentimento perché un sacerdote possa dare l’assoluzione sacramentale e l’incapacità della Chiesa di conferire il sacramento dell’Ordine alle donne – anche e soprattutto per quanto riguarda la vexata quaestio delle benedizioni alle unioni omosessuali.

La risposta a quest’ultima è stata, in sintesi: No, non si possono benedire le unioni come se fossero matrimoni quando non lo sono, ma si dovrebbe cercare di dare le benedizioni alle persone quando le chiedono.

Non è un granché, soprattutto alla luce della pratica – sempre più comune e almeno semi-ufficialmente approvata in alcune giurisdizioni – di benedire unioni che si fanno beffe del matrimonio o di benedire persone in quelle unioni non solo senza spiegare adeguatamente cosa la benedizione stia facendo o meno, ma essenzialmente strizzando l’occhio e annuendo alle unioni stesse.

Nessun pronunciamento puramente dottrinale potrà mai fermare tutto ciò, a prescindere da chi sia il Papa.

Insistendo su un’altra serie di dubia dopo che non gli era piaciuta la struttura formale delle risposte ottenute, i cardinali dei dubia si sono comportati come dei corni di latta o degli avvocati con le orecchie bagnate che chiedono al giudice di riconsiderare la questione, piuttosto che come degli avvocati esperti che sanno che si solleva un’obiezione una volta sola per preservare il verbale e poi si passa alla cosa successiva. Tutto ciò non fa altro che mostrare alla giuria che sono davvero arrabbiati e forse un po’ spaventati.

(Qualcosa di simile a questo è un punto della trama per il trio di avvocati JAG che costituiscono il team di difesa nell’adattamento cinematografico di Rob Reiner di A Few Good Men. Una differenza tra la lezione cinematografica e la vita reale è che i cardinali dei dubia hanno ottenuto da Papa Francesco risposte molto più soddisfacenti di quelle che il team di difesa dei soldati Dawson e Downey ha ottenuto dal giudice, ma sto divagando).

Le risposte separate ai dubia del cardinale Duka – non ne ho parlato? – probabilmente si spingono ancora più in là nel preservare la dottrina e ammettono anche punti di critica accessori significativi mossi ad Amoris, ossia che il documento è stato redatto male e modificato in modo inadeguato. Inoltre, mettono in luce l’approccio tecnocratico – per non dire “micromanagerizzante” – dei luogotenenti scelti da Papa Francesco, in particolare del suo nuovo zar della dottrina, il cardinale Victor Fernandez.

La maggior parte di queste cose si è persa nel vortice della scorsa settimana.

Un uomo sente quello che vuole sentire e ignora il resto.

Papa Francesco ha anche reso chiaro a chiunque abbia gli occhi per vedere che i suoi ex sostenitori – molti dei quali, almeno tra i chiacchieroni, sono perfettamente disposti a usarlo come strumento delle proprie agende politiche a prescindere, e di fatto a prescindere, da ciò che il Papa pensa e dice realmente.

Ciò è stato più cristallino che nel caso della risposta di Papa Francesco a un dubium sulla pratica di benedire le unioni omosessuali.

“La Chiesa ha una concezione molto chiara del matrimonio”, ha esordito il Papa, “un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta alla procreazione. Solo questa unione può essere chiamata ‘matrimonio'”. Si può cavillare sul modo e sulla misura in cui “altre forme di unione” possono “realizzare” tale unione, anche “solo in modo parziale e analogo”. In ogni caso, nessuna unione che non sia matrimonio può essere rigorosamente chiamata matrimonio.

Non si tratta nemmeno di una mera questione semantica.

“La realtà che chiamiamo matrimonio”, continua Papa Francesco, “ha una costituzione essenziale unica che richiede un nome esclusivo, non applicabile ad altre realtà”. In particolare, e in risposta a un’altra questione spinosa emersa dalla polemica su Amoris, “il matrimonio è senza dubbio molto più di un semplice ‘ideale'”, per cui “la Chiesa evita qualsiasi tipo di rito o sacramento che possa contraddire questa convinzione e suggerire che qualcosa che non è il matrimonio sia riconosciuto come tale”.

La risposta del Papa prosegue per altri due paragrafi, la cui verbosità copiosa e molto poco lineare si riduce a: Non benedire le unioni come se fossero matrimoni quando non lo sono, ma benedire le persone che lo chiedono ogni volta che è possibile e cercare motivi per benedire tutti quelli che lo chiedono.

C’è molto da criticare in questo approccio. Come minimo, dà una copertura plausibile – anzi, sembra dare istruzioni – a chi benedice le unioni su come spiegarsi e/o giustificare le proprie azioni ai superiori ecclesiastici “rigidi” e “indietristi”.

Si pensi al Belgio, dove i vescovi fiamminghi hanno già pubblicato un testo di benedizione. La formulazione della risposta sembrerebbe un’interruzione della loro iniziativa, se non fosse che hanno già ricevuto un ammiccamento e un cenno da Francesco per la loro iniziativa.

In Germania, dove la Chiesa è ricca di denaro pubblico per il momento, ma è anche in perdita di membri e rischia di vedere il rubinetto del governo chiuso in modo permanente – cosa che avrebbe ripercussioni significative per Roma, che fa affidamento sui soldi della Chiesa tedesca – le benedizioni di persone e unioni hanno ricevuto un’approvazione più o meno ufficiale in varie giurisdizioni.

D’altra parte, i tedeschi hanno causato problemi alla civiltà fin dal disastro della Foresta di Teutoburgo. “I tedeschi fanno cose finanziariamente stravaganti e dottrinalmente sospette” è la quintessenza della notizia “cane morde uomo”.

Il fatto che Papa Francesco sembri disposto a lasciarli fare è forse deplorevole, ma non è certo la cosa peggiore. I suoi implacabili critici – non i cardinali dei dubia in sé, ma i loro accoliti e cheerleader, per lo più autoproclamati – hanno invece preferito perseguire la loro libbra di carne retorica con quest’ultima tornata di dubia, annodandosi per far sì che Francesco dicesse chiaramente qualcosa che chiaramente non ha detto.

Gli elementi nella Chiesa e nei media secolari che hanno adottato o cooptato Francesco – spesso con la sua connivenza – per le loro cause sociali preferite, beh, hanno fatto lo stesso dall’altra parte.

Ci sono diversi modi di tagliare la risposta che Papa Francesco ha dato alla domanda sulle benedizioni per le persone dello stesso sesso. “Chiesto e risposto dalla CDF”, per me sarebbe andato bene e sarebbe stato meglio della risposta che è arrivata. Le divagazioni di Francesco hanno peggiorato il problema pratico e concreto della governance per tutti. È sempre stato così. Non sarebbe mai stato l’uomo che ha governato bene o con saggezza.

Chiunque abbia propagandato la risposta come una sorta di apertura a un cambiamento dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio o sulla natura fondamentale del rapporto coniugale in generale, tuttavia, è fondamentalmente la versione ecclesiastica di Lloyd Christmas quando, dopo aver ricevuto un gentile ma inequivocabile rifiuto da parte di Mary Swanson, rispose: “Quindi, stai dicendo che c’è una possibilità?”.

Che si tratti di desiderio illusorio o di paura e disgusto, le persone che si trovano da ogni parte in questa contesa sono, nel migliore dei casi, colpevoli di pensare in modo velleitario.

Ecco perché il testo di questa svolta è tratto da “The Boxer” di Simon e Garfunkel – pubblicato come singolo nella primavera del 1969 e incluso in Bridge over Troubled Water circa un anno dopo – un tremendo lamento di civiltà scontenta. “Sono solo un povero ragazzo”, inizia la canzone, “Anche se la mia storia è raramente raccontata”, e poi:

Ho sprecato la mia resistenza
Per un mucchio di borbottii
Tali sono le promesse;
Tutte bugie e scherzi,
Un uomo sente ancora quello che vuole sentire
e ignora il resto.

Si dovrebbe resistere a ogni tentazione di fare la morale, ma francamente l’intera faccenda è deprimente. Si è portati a pensare che le persone che si schierano dalla parte di Papa Francesco siano più interessate a creare polemiche che a fare praticamente qualsiasi altra cosa.

Avrei dovuto sapere che era strano…

Come ha sottolineato John L. Allen Jr. nella sua rubrica di analisi su questa terribile faccenda la scorsa settimana, questi ultimi dubia non sono tanto vere e proprie domande quanto piuttosto un esercizio retorico – come gli accademici in una sessione di domande e risposte dopo una relazione, che offrono il loro punto di vista in una lunga prefazione a qualcosa che può o non può finire in una domanda formale, ma che in realtà non richiede una risposta – progettato per registrare punti, indipendentemente dal fatto che riesca a chiarire qualsiasi questione reale.

Allen sottolinea anche che l’unica cosa che Papa Francesco ha sicuramente fatto rispondendo ai dubia di luglio e pubblicando le risposte poco prima dell’apertura del Sinodo è “rimescolare le carte in tavola” prima dell’assemblea che è stata definita “il più grande esercizio di ascolto nella storia della Chiesa” e la pietra miliare del pontificato di Francesco, in grado di tracciare la rotta della Chiesa nel terzo millennio.

È un’impresa ardua.

Non riesco a capire come qualcuno possa farsi abbindolare da una proposta sinodale esagerata, venduta a dismisura e super pubblicizzata. “Vendi la carne, non la bistecca”, è il vecchio adagio del marketing, e va bene. Solo che la bistecca deve esserci. Questo raduno di prelati e di vari altri invitati – parti interessate, esperti e amici curiae vari – non sarebbe mai stato molto diverso da uno qualsiasi degli altri eventi altamente gestiti e meticolosamente confezionati che da quasi sessant’anni danno alle classi mitridatiche e ai loro fedeli una scusa per frequentare i bar e i ristoranti di Borgo Pio per qualche gloriosa settimana di ottobrata romana.

Papa Francesco potrebbe avere in serbo grandi cose per dopo, quando il sipario sarà calato e tutti saranno tornati a casa. Potrebbero esserci dei drammi durante le tre settimane di sessioni di questo mese. L’intero spettacolo non si concluderà prima del 2024, dopo un’ultima riunione. Finora, l’attività è stata prevedibilmente farsesca.

C’è stato un ordine di bavaglio ai partecipanti e un silenzio stampa sulle sessioni sinodali che i responsabili del sinodo, da Francesco in giù, hanno cercato di vendere come “digiuno” e una forma di “ascesi” adatta a incoraggiare una postura di ascolto tra i partecipanti stessi. Dopo che un pezzo grosso – il cardinale Gerhard Müller – ha fatto di testa sua con EWTN, al diavolo gli ordini di bavaglio e l’oscuramento, il capo del dicastero vaticano per le comunicazioni, Paolo Ruffini, ha annunciato che l’ordine di bavaglio non era affatto un ordine ma “un discernimento personale che il Papa ha chiesto ai membri”.

“Il discernimento è lasciato a ogni singola persona”, ha spiegato Ruffini. “Non è che c’è un gendarme che punisce”, ha detto Ruffini ai giornalisti.

“Bisogna ridere della stupidità”, canta la talentuosa ventenne ex allieva della Disney, Olivia Rodrigo, nella sua hit di successo “Vampire” – il singolo principale del suo secondo album, GUTS – un inno immediato della Gen Z cantato dal punto di vista di una ragazza più triste ma più saggia.

A proposito di coraggio, i cardinali dei dubia ci hanno messo del loro per far valere le loro ragioni, qualunque cosa ne pensiate.

È giusto notare che hanno pubblicato la seconda serie solo dopo non aver ricevuto risposta. Il Papa avrebbe potuto far sapere loro che aveva ricevuto la seconda serie di dubia e che considerava sufficienti le sue risposte alla prima serie e che quindi la questione era chiusa.

Vale la pena ricordare a questo proposito che l’intero modello e modus operandi per gli affari ecclesiastici – fondamentalmente mantenere tutto segreto fino all’esito finale, e magari non dire a nessuno cosa abbiamo deciso o come abbiamo raggiunto la nostra decisione anche allora – è assolutamente disastroso.

La riservatezza è necessaria, ma è sempre al servizio dell’integrità dei processi – giudiziari, amministrativi, politici che siano – ed è sempre in tensione con il diritto dei governati di conoscere il carattere e la condotta dei loro governanti. La gestione di questa tensione è una questione di discrezione, che è impossibile da imparare, per non parlare della pratica, in un clima di velenosa segretezza.

Forse l’inno di quest’epoca dovrebbe essere “Sweet Little Lies” ( dolci piccole bugie, ndr) dei Fleetwood Mac.

Christopher R. Altieri

 

Christopher R. Altieri è giornalista, redattore e autore di tre libri, tra cui Reading the News Without Losing Your Faith (Catholic Truth Society, 2021). È redattore aggiunto di Catholic World Report.



Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. I contributi pubblicati su questo blog hanno il solo scopo di alimentare un civile e amichevole confronto volto ad approfondire la realtà.


 

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