Gesù guarisce

 

Domenica V del Tempo Ordinario (Anno A)

(Is 58, 7-10; Sal 111; 1 Cor 2,1-5; Mt 5,13-16)

 

di Alberto Strumia

 

Queste tre domeniche del Tempo Ordinario che precedono l’inizio della prossima Quaresima, che apre il cammino verso la Pasqua, presentano delle letture il cui insegnamento è ben coordinato. Il tema centrale è quello della “vera Sapienza” (la vera saggia “concezione” di sé stessi, del prossimo, di Dio), che è un tutt’uno con la “vera santità” della vita, nello spirito e nel corpo (la vera saggia “regola di comportamento” verso se stessi, il prossimo, Dio).

  1. Oggi, in questa domenica (V del Tempo Ordinario) il centro dell’insegnamento riguarda la Sapienza nel modo di comprendere e mettere in pratica i due Comandamenti dell’amore verso Dio e verso il prossimo. E in questa domenica per la vita, in particolare i bambini, che sono anche il futuro dell’esistenza di un popolo.
  2. Domenica prossima (VI del Tempo Ordinario) al centro ci saranno i Dieci Comandamenti, dei quali Gesù dice che non vengono da Lui aboliti, ma motivati compiutamente («sono venuto a portare a compimento»).
  3. Nella domenica successiva ancora (VII del Tempo Ordinario) si punterà a quella sintesi tra “fede e vita”, tra “teoria e pratica”, tra “dottrina ed esperienza” che si attua come santità.

– La prima lettura nella domenica odierna, sembra partire “dal basso”, insegnando l’amore verso il prossimo, l’attenzione al bisogno materiale degli altri più poveri di noi come una pedagogia per arrivare a rendere culto a Dio e non per sostituirlo. Così si prescrive di «dividere il pane con l’affamato, […] introdurre in casa i miseri, senza tetto, […] vestire uno che vedi nudo». Con la precisazione non secondaria, però, di non selezionare ideologicamente, politicamente, per ragioni di facciata e con secondi fini, l’identificazione di chi va definito come “povero”, là dove si raccomanda: «senza trascurare i tuoi parenti», i quali sono il primo “prossimo”, in quanto “più vicini”.

Questo modo di agire sicuramente contribuisce a rendere più umana la società, più vivibili i rapporti tra le persone, più giusta e civile la convivenza. Dice infatti, sempre la prima lettura: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio». Perché tu stesso “ti sentirai meglio”.

Il problema è “come ottenere questo risultato?”. Possono bastare le sole forze umane? Si può realizzare una sorta di pur ancora difettoso “paradiso in terra”? Si può ottenere tutto questo facendo ogni cosa come se Dio non esistesse? Troviamo il criterio di fondo da seguire in sant’Agostino, che commentando san Giovanni dice: «Colui che ti dà il comando dell’amore in questi due precetti non ti insegna prima l’amore del prossimo, poi quello di Dio, ma viceversa» (sant’Agostino, Trattati su Giovanni, Uff. Lett. Del 3 gennaio).

La grande illusione degli uomini che, nella tradizione giudeo-cristiana viene chiamata “peccato originale”, omette l’amore di Dio e pretende di costruire un amore umanitario verso il prossimo. Alla prova dei fatti, senza un “giusto rapporto tra l’uomo e Dio Creatore”, tutta l’operazione non funziona. L’amore verso il prossimo è autentico se è “causato” dall’amore verso Dio, o almeno se è una pedagogia che orienta verso Dio, per poi ripartire da Lui come vera motivazione: se Dio non ci fosse non avrei alcuna ragione che me stesso – magari per compiacermi, o per un naturale attivismo sociale – per darmi da fare per gli altri.

– Nel Vangelo Gesù lo dice chiaramente a coloro che intendono seguirlo come Colui che restituisce la possibilità di accesso a questa “giustizia originale”. È nel “giusto rapporto” tra l’uomo e Dio Creatore, che si ricostruisce in Cristo, il “sale”, il “sapore” del cristianesimo. Se si parte da Dio si ottengono anche i “frutti sociali”. Se si sostituisce Dio con le opere sociali, identificandole con la Salvezza, si finisce per fare tutto come se Dio non esistesse, per puro volontarismo umanitario, come tutti gli altri. Ma, a questo proposito, Gesù ha ricordato, pochi versetti dopo, che «fanno così anche i pagani» (Mt 5,47).

Tutto è sintetizzato nelle parole: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?». Con l’aggiunta della denuncia della ricaduta negativa che tale comportamento finisce per avere sui cristiani stessi, sul cristianesimo stesso, così avvilito, che viene fagocitato dal mondo assorbendolo, in quanto inutile in sé stesso, perché privo di ogni propria originalità: «A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente». Non è forse questa la descrizione profetica di come grande parte della Chiesa, inclusi in larga misura i suoi vertici, si è ridotta in questi ultimi anni? Sembra che la morte di Benedetto XVI abbia chiuso l’epoca della sua storia nella quale il sale aveva il sapore voluto da Cristo.

– Nella seconda lettura, san Paolo, dopo aver fatto il tentativo, in sé più che giusto e ragionevole, di portare gli altri a Cristo, partendo dalla loro cultura, dalla loro tradizione filosofica, con il suo famoso discorso all’Areopago, al termine del quale, però, solo «alcuni aderirono a lui e divennero credenti» (At 17,32), mentre la maggioranza degli uditori «quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: “Ti sentiremo su questo un’altra volta”» (At 17,32), decise di cambiare metodo. Da quel momento «io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso», lasciando che fosse Lui stesso a farsi strada. Oggi sembra proprio che, solo con pochi si riesca a ragionare “razionalmente” e che solo l’intervento diretto di Dio nella storia possa avere la “potenza” sufficiente per cambiare i cuori degli uomini, portandoli a prendere coscienza che l’esperimento antropologico e sociale di vivere come se Dio non esistesse è totalmente fallito. E occorre tornare sui propri passi, rimettendo il Dio di Gesù Cristo, al cuore delle culture, come sale della civiltà, se la storia offrirà ancora il tempo per poterlo fare. Diversamente, se non ci fosse più tempo, mettersi in ginocchio davanti a Dio, presente nell’Eucaristia, affidandosi alla sua misericordia. «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Vangelo).

Maria, la Madre di Dio, preceda suggerendo i passi da fare al “figlio prodigo” che è questa nostra umanità, che tarda a prendere coscienza dei propri errori (i propri “peccati”), smuovendo, grazie alle preghiere di chi è rimasto fedele, le menti e i cuori che ancora preferiscono rimanere al servizio di chi li schiavizza fino all’autodistruzione. A chi vuole essere cristiano viene detto di esserlo come sale che ha sapore, per non perdere tempo dietro al mondo: «Riconosci, cristiano, la tua dignità!» (san Leone Magno, discorso sul Natale).

 

Bologna, 5 febbraio 2023

 

 


 

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