Lavatrice vintage

 

 

di Giovanna Ognibeni

 

 

Le fanno pure smart, intelligenti: lavano sempre peggio, ma sono sempre più belle, con quegli oblò così ben disegnati in rilievo che ti sembra di essere in crociera e sfavillanti di lucine e bip bip come i calcolatori elettronici dei film anni ’50 e ’60. La mia poi è coreana e temo di aver pochi argomenti e interessi in comune con lei.

In più, mi fa imbestialire che sia un ammasso di ferraglia, per quanto intelligente e magari spiritosa, a decidere a quale temperatura, per quanto tempo devo lavare i miei panni e a quanti giri centrifugarli.

Se tua mamma o tua nonna non ti hanno detto nulla, la sera della vigilia del tuo matrimonio, sui segreti nascosti del lavaggio in lavatrice, leggiti ‘sto libretto di istruzioni e tienilo a mente, ché ti fa bene anche alla memoria!

A me capita di dimenticare un capo tenuto a mollo e quindi devo tentare di inserirlo a lavaggio iniziato: non sia mai! Devo ingaggiare un duello Karpov Kasparov per ingannarla, ché la cretina si ostina ad allungarmi il tempo di lavaggio da un’ora a 3,30; perché il peso è aumentato, dice l’imbecille. Ma se voglio lavare in un’ora e corro l’alea di avere la biancheria meno bianca saranno fatti miei o no? No, lei c’ha l’algoritmo dei miei stivali e da lì non si discosta di una virgola. Mi costringe a lavare con tre bicchieri d’acqua per il pianeta: e ad inquinare con additivi a tutto spiano, perché altrimenti la roba puzza e vira al grigio, senza scordare che, da quando la vicepresidente della Commissione Esecutiva UE Margrethe Verstager ci ha invitato a farlo, risparmiamo sulle docce mandando un mentale vaffa a Putin e sporchiamo di più la biancheria.

Permettetemi due glosse in un colpo solo: una volta si imparava già alle elementari la storia del ciclo dell’acqua, suppongo sia ancora valida e, se certamente lascia impregiudicati i problemi delle risorse idriche, del loro recupero, sfruttamento e distribuzione e quindi la necessaria attenzione agli sprechi eccetera, tuttavia è vero che la questione ci viene presentata con toni apocalittici come al contadino dell’alto, alto Medioevo, tipo tra tre giorni il Sole smetterà di sorgere, fate penitenza!

Seconda, suppongo che i figli della signora Verstager possano farsi più facilmente docce fredde e brevi, perché ho come la vaga idea che non si sporchino lavorando in officina ma che tutt’al più s’imperlino di sudore regatando.

Ed ora, tre al prezzo di due, vi regalo un’ulteriore glossa sul cent annuo che probabilmente mi costa, come a tutti noi, lo stipendio di questa Commissaria: mi sento defraudata.

E’ vero che ha detto quest’idiozia in un’intervista televisiva, ma sarebbe ora di punire con le verghe questo tipo di comunicazione “petalosa”. Tanto varrebbe mandare a turno i nostri nipotini settenni, tipo Zecchino d’Oro, e premiarli con un ghiacciolo.

Tornando alla lavatrice, dovete ammettere che è frustrante non potersi imporre neppure al metallo: è pur vero che oggi la lavatrice è ancora primitiva ma forse già avviata verso la luminosa carriera di essere senziente: per ora ti si impone con i circuiti algoritmici della sua scheda madre – quando il tecnico corre al capezzale di una caldaia, una lavastoviglie, un’autovettura ti sussurra tragico speriamo non sia la scheda madre!

Ma in avvenire ti si imporrà con i sensi di colpa!

L’avventura dell’ingegnere di Google silurato perché ha spifferato i tenebrosi segreti asimoviani mi ha fatto tornare alla mente un articolo che lessi, probabilmente negli anni ’70 e probabilmente su Panorama, che era la Bibbia del pensiero liberal in versione già similscalfariana, fortemente critico e irridente verso tutto ciò che era tradizione, morale cattolica, o borghese, o cattolico-borghese, la D.C., la scuola gentiliana e le scampagnate al mare; tuttavia schifava anche la classe operaia (credo proprio per le scampagnate al mare). Insomma, già smart e cool senza saperlo. Comunque, in quell’articolo si parlava di un ex agente CIA o FBI o NASA o Vattelapesca (anche qui ricordi confusi) che aveva fatto esperimenti sui pomodori, e si era accorto che il pomodoro all’avvicinarsi del coltello emetteva qualche sorta di onda, corrispondente ad un drammatico grido di terrore agonico. L’aspetto più inquietante era chiaramente il colore del pomodoro.

L’ex agente di chissàcosa di allora sembrava ignorare i processi biochimici che regolano la materia, ogni tipo di materia, e così leggeva ogni secrezione emessa da un fiore per intrappolare un insetto e fargli fare il suo dovere d’impollinatore come atto intenzionale.

Del resto basta seguire qualsiasi documentario naturalistico di oggi per entrare in un sogno psichedelico del genere: La Fontaine ai giorni nostri, né più né meno!

Il nostro prode ingegnere di Google pare incorrere nell’errore analogo a quello del pomodoro torturato, vale a dire l’attribuzione immotivata di un’intenzionalità, invece della semplice elaborazione di qualcosa che il programmatore ha preventivamente messo dentro la A.I.  Si ignora se il licenziamento sia dovuto allo sbalestramento mentale dell’ingegnere o all’aver rivelato troppo presto l’oscuro oggetto del desiderio dell’intera equipe.

Perché a molti di noi sfugge che la nascita del pensiero scientifico è in fondo un po’ spuria, avvenuta e accompagnata da oscuri commerci carnali con cabala e alchimia nei decenni tra Quattrocento e Cinquecento. La ricerca della pietra filosofale che convertisse il metallo in oro era inscritta nella stessa temperie culturale che sognava la creazione dell’homunculus, che del resto Paracelso dava già per avvenuta in qualche oscuro laboratorio caverna (ha qualche significato freudiano che la ricetta contemplasse lo sviluppo dell’homunculus tra lo sterco?). Nel corso dei secoli, tra automi semoventi, bambole meccaniche, il gioco sarebbe proseguito e culminato nel sogno della grande stagione idealistica che vedeva lo Spirito dell’Uomo in una parodia triadica della Trinità realizzare sé stesso e il mondo.

Per farla più semplice, rimando ad un libro come Frankenstein di M. Shelley, (i cui aspetti ingenui e persino kitsch rimangono celati dalla perizia della scrittura) come ad una specie di compendio di quella ebbrezza che travolse spiriti ed intelletti del tempo. Il titolo completo del romanzo era Frankenstein or the Modern Prometeus, tanto per fugare eventuali dubbi.

Il viandante idealista nella nebbia si trasformò ben presto nello scienziato con barbetta quadrata e occhiali di corno positivista, ma lo stesso oscuro sogno di onnipotenza restò nascosto e magmatico nell’animo di chi si sentì dire all’inizio dei tempi “Anzi… si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio” (Gen.3,5).

E’ un’idea questa che si è conficcata come una scheggia nella mente, nel cuore dell’uomo e basta un piccolo movimento perché la ferita si riapra. Come non pensare all’immagine geniale creata da Tolkien nel Signore Degli Anelli del frammento del pugnale dei Nazgul che lentamente soggioga Frodo incatenandolo al potere del Male!

Lasciamo le numerose ed interessanti implicazioni a successive riflessioni: per ora basti considerare che due sono gli eterni sogni alchemici, il cambiare (in meglio) la materia e il potere di dare la vita, entrambi portano, seppure per vie tortuose e cul de sac, all’Intelligenza Artificiale.

Della sua versione anglofona, la A. I., in questi caldi ed oziosi giorni ferragostani si parla molto e con gioiosa insipienza, magnificando le sorti e gli infiniti progressi che apporterà alle nostre vite. Come dimostra già l’americano che, non pago di essersi potuto permettere una Tesla, ha sentito l’irresistibile bisogno di farsi innestare il chip per poterla aprire senza chiavi. Volete mettere? Un piccolo passo nella vita di un imbecille, un grande balzo per l’umanità.

Torniamo alla nostra, alla mia lavatrice, ed alla Domotica, cioè alla tecnologia digitale che rende la nostra casa intelligente e che ci consente l’ultima frontiera della libertà che consiste nell’avviare la lavatrice da remoto, dal remoto ufficio: ebbrezza senza pari, anche se talvolta potresti entrare in ansia per una riunione che si prolunga o l’impossibilità di lanciarti nelle braccia di un amore clandestino, perché cavoli dovresti essere già a casa a stendere i panni.

Ancora, vuoi mettere la comodità di pagare tutto online, senza comprometterti colle sudice banconote piene di virus? Poi è vero questo significa che mentre a febbraio il tuo conto ti appariva, se non proprio un cocchio imperiale, almeno una comoda carrozza padronale, con qualche pretesa di eleganza, a metà maggio ti accorgi di essere su un calesse coll’assale incrinato.

E certamente, se un domani tu dovessi sostenere una causa deplorevole, o aver sposato una cittadina russa, o aver manifestato un’opinione francamente vergognosa, ordinato un filetto di troppo, ecco che le Istituzioni, nella loro superna saggezza, ti ammonirebbero bloccandoti il conto.

Ma intanto come ci si sente cool a schiacciare Invio!

O come poetava Lorenzo il Magnifico:” Chi vuol esser lieto sia/ del doman non v’è certezza”. Auguri.

 

 


 

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