VI Domenica di Pasqua (Anno A)
(At 8,5-8.14-17; Sal 65; 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21)
di Alberto Strumia
Come sempre nelle letture della liturgia c’è una “chiave” per aprire l’enigma della storia, non solo passata, ma soprattutto quella attuale, il tempo presente, dei nostri anni, dei nostri giorni.
– Nel Vangelo di questa domenica troviamo questa “chiave”, quasi nascosta in quattro sole parole (nella nostra versione italiana come nell’originale greco): «non vi lascerò orfani». Se si sta con Cristo si sa chi è il Padre, Dio Padre; e chi è la Madre, la Madre di Dio, Maria, e la Chiesa nostra Madre. Se li si rifiuta, si rimane orfani. Ci se ne accorge solo un po’ alla volta nella società: progressivamente, quasi inavvertitamente:
= La consistenza, la definizione stessa di “famiglia”, diviene “fluida”, evanescenti; soggetta ad una trasformazione che la decompone, fino a farla degenerare in un’accozzaglia amorfa di passionalità distorta fino alla perversione, alla negazione della stessa motivazione biologica che sta alla sua origine; alla deformazione dell’affettività in un potere di ricatto degli uni sugli altri.
= L’identità della “persona” umana (fisica, psichica e spirituale) diviene essa stessa, di conseguenza, “fluida” e inesistente, così che uno non sa più chi è, potendo essere oggi l’opposto di ciò che era ieri. L’infelicità e la disperazione finiscono per essere la risposta inesorabile a quella domanda di bene che c’è in ognuno di noi, ma che è stata indirizzata da un potere – non solo umano, ma originariamente satanico – per una strada che termina in un precipizio.
= Orfani del Padre, l’unico vero Dio, rivelatosi in Cristo, gli esseri umani, hanno perso anche la figura del padre umano, biologico, che è divenuto un fantoccio privo di autorevolezza e di autorità, incapace di insegnare a vivere ai figli.
= Orfani della Madre Chiesa, là dove anche in questa è stata assorbita l’ideologia del resto del mondo che l’ha allontanata da Cristo, del quale si può fare a meno anche di parlare, tanto è da superare e riformulare il suo “storicizzato” insegnamento. Ma se un cristiano è divenuto orfano della fede, in che cosa è diverso da un non credente? «Se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà? Non serve né per la terra né per il concime e così lo si butta via» (Lc 14,34-35). Ed è quello che sta accadendo con un’accelerazione sempre più rapida.
E anche le madri umane, biologiche, finiscono per perdere la loro capacità di essere madri, preferendo troppo spesso di non esserlo in vista di qualche altro “utile”, o di esserlo “per conto terzi”; e di non essere più in grado di educare, e insegnare a vivere ai figli.
Gli esseri umani, ormai devastati nella loro dignità e identità, finiscono per trovare sfogo nella violenza (nessuna meraviglia che questa stia dilagando tra i ragazzi e le ragazze in età scolare, sempre più precoce), nella rivolta sociale e nella guerra. Una società di orfani violenti e disperati è sempre più ingovernabile! Non è più “appena” – si fa per dire – «sazia e disperata» come il Card. Biffi aveva qualificato, profeticamente già nel 2015, la città di Bologna, ma rischia tra non molto di rimanere “disperata” e neppure più “sazia”.
Lo stesso Cardinale Biffi, con la serenità dell’uomo di fede, diceva, nello stesso anno: «il credente sa che Cristo ha già vinto; ma sa anche che la piena manifestazione di questa vittoria sarà un dono escatologico» (Per una cultura cristiana. Da una lettera del 1985).
Per questo, a differenza di tutti gli altri, quei credenti che, nella Chiesa hanno conservato la fede e non si sono lasciati risucchiare dall’ideologia che vuole gli uomini senza Padre e senza Madre, come automi che si generano da se stessi, non si sentono orfani. Perché sanno che sono rimasti come bambini lasciati soli a casa dai genitori solo temporaneamente, per il tempo di un’ora; anche se per loro è l’ora più penosa della loro vita.
Infatti nel Vangelo di oggi Gesù dice: «Non vi lascerò orfani: verrò da voi» e «voi invece mi vedrete. Per ora siamo chiamati a “vederlo” con gli occhi della fede, che si irrobustisce anche attraverso questo tempo di grande prova, attraverso una fedeltà che non altera i Comandamenti, ma li pratica così come sono, come via sicura ad una vita buona: «Chi accoglie i miei Comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Non solo il credente che non ha ceduto all’ideologia che strappa l’uomo da Dio, da Cristo, non diviene orfano di Padre!
Ma non diviene neppure orfano di Madre, perché anche là dove la comunità ecclesiale lo ha abbandonato, o addirittura incoraggiato, a rovinarsi con le proprie mani (!), Maria, la Madre di Dio, non lo lascerà mai orfano, solo che la si preghi per averla vicino. Nei santuari, nelle apparizioni autentiche, nei miracoli che avvengono in varie parti del mondo, la maternità di Maria non manca di affiorare in tanti luoghi. Per questo rivolgendosi a lei possiamo essere sicuri di essere guidati e protetti.
– Nella seconda lettura si dice che tocca ormai a noi, non più «bambini sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini» (Ef 4,14) essere in grado di rendere ragione della speranza che è in noi, con il coraggio della sfida che parte dal giudizio sulla realtà dei fatti, dalla constatazione sempre più inevitabile del fallimento di chi si pretende autonomo da Cristo e da Dio («Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde», Mt 12,30).
– E nella prima lettura che documenta l’efficacia dell’Annuncio di Cristo Risorto e della Sua dottrina, che convince e muove molti alla fede, all’inizio della vita della Chiesa, si trova implicitamente la spiegazione del perché, oggi, invece le chiese sono sempre più vuote. E il perché sta nel fatto che si parla di tutto fuorché di Cristo, o se se ne parla, lo si fa falsandolo, parlando di una caricatura ridicola e non credibile, invece che parlare di Lui.
Chiediamo, allora, per intercessione di Maria e del suo sposo Giuseppe, che i credenti ritrovino se stessi, che la Chiesa, là dove si è ideologizzata, ritrovi se stessa, ritrovando Cristo suo unico Signore. Lo Spirito Santo che ci prepariamo ormai ad invocare nella vicina solennità di Pentecoste, risvegli la vera fede in tutti e «rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità», fino alla manifestazione esplicita di Cristo.
«Mi manifesterò» e «in quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».
Bologna 14 maggio 2023
Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari
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