Domenica XIX del Tempo Ordinario (Anno C)
(Sap 18,6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48)
di Alberto Strumia
Le letture di questa domenica sono tutte incentrate sulla “fede” nella manifestazione ultima della vittoria di Cristo, già avvenuta con la Sua Risurrezione. Sono letture fatte per tenere viva in noi quella “coscienza escatologica” che ci aiuta a vivere i nostri giorni come se fossero quelli più vicini alla conclusione di questa storia di allontanamento dell’umanità dall’unico vero Dio di Gesù Cristo.
– Nella prima lettura si parla della fede nella «liberazione» («La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri»), dalla logica e dal potere di un mondo costruito sulle apparenze, sui piccoli e grandi poteri, su ordini mondiali che nascono, già in partenza, privi di un fondamento che tenga conto della realtà dell’uomo e delle cose create.
Tutto è stato previsto dal Signore della storia, che è in grado di far fronte anche agli errori di quegli esseri umani che presumono di poter fare da soli, senza o contro di Lui. Si dice, addirittura che gli eventi della storia sono quelli che sono perché coloro che hanno fede abbiano coraggio («perché avessero coraggio»). Il nostro è il tempo del coraggio della fede, anche per il solo fatto che tutto il resto si sta sgretolando e solo il Signore rimane come punto fermo di riferimento.
Come gli antichi padri anche noi, oggi, siamo «in attesa della salvezza dei giusti» che verosimilmente non tarderà a lungo ad arrivare. Come i giusti di allora anche noi, se vogliamo offrire dignitosamente il sacrificio della Messa, dobbiamo farlo praticamente in segreto («I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto»), imparando a «condividere allo stesso modo successi e pericoli».
– Il salmo responsoriale ci dice che il nostro è il tempo della fede, vissuta nell’attesa («L’anima nostra attende il Signore»), in un’attesa che siamo chiamati a vivere come ormai “breve”, perché la misura del male nel mondo, operato dal suo autore Satana, sta giungendo davvero al colmo («il tempo ormai si è fatto breve», 1Cor 7,29).
– La seconda lettura è, potremmo dire, il racconto della storia della fede, da Abramo in avanti, di quella fede che è fondamento, quel Fondamento che manca, oggi, praticamente a tutti gli altri.
– Il Vangelo riprende a parlare del coraggio, di cui ci ha detto la prima lettura: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno». Una dichiarazione che suona come una vera e propria “consegna”. Come se dicesse: a voi è dato in consegna, in Cristo, il senso della storia, la chiave di comprensione di come stanno veramente le cose, quel Fondamento che oggi praticamente tutti non vedono e ignorano più o meno volutamente.
Il motivo del coraggio sta tutto in questa “consegna” di essere come un tabernacolo che conserva la presenza reale del Signore nella storia dell’umanità, quanto più convintamente, quanto più gli altri la ignorano. Dunque l’invito è ad essere pronti («Siate pronti»), perché il Signore può manifestarsi esplicitamente come Centro della Storia, in qualsiasi momento, al più presto.
Non si può “giocare” ad avere la fede, ad essere con il Signore, e poi comportarsi ragionando come se si avesse più fiducia nel potere degli uomini, cercando di fare in modo che sia anche il nostro («Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa»), perché saranno gli eventi stessi della storia a rivelare l’ipocrisia di un simile comportamento, facendo cascare il castello di carte delle apparenze.
La punizione del servo ipocrita e approfittatore emergerà come effetto del suo stesso modo inadeguato di guardare a se stesso e alla storia. Una punizione che Dio permetterà e potrà anche potenziare in vista di una possibile ripresa di coscienza del servo “opportunista”, e che se lui si ostinerà rimarrà, invece, per l’eternità (l’hai voluta e hai diritto ad averla e tenertela per sempre).
A noi che abbiamo ricevuto molto, come formazione ed educazione cristiana, più della maggioranza delle persone, è chiesto di fare di tutto per portare gli altri ad un’adeguata conoscenza del cristianesimo («A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più»). Per poter essere in grado e «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15) occorre che queste ragioni siano chiare e approfondite prima di tutto per noi stessi. Per questo ci vuole un serio lavoro di approfondimento della fede (dottrina) e del suo radicamento nelle scelte di vita (morale).
Affidandoci a colei che prima di tutti noi ha accettato di farsi iscrivere nella carne la Verità e la Vita stessa del Verbo, siamo tranquilli di essere “tirati su” per le braccia verso il destino buono della nostra vita, per poter essere a suo tempo sempre e definitivamente con Cristo a contemplare il Volto del Padre nella luce dello Spirito Santo.
Bologna, 7 agosto 2022
Sostieni il Blog di Sabino Paciolla
Scrivi un commento