Considerazioni a caldo su forme ‘democratiche’ di bullismo mediatico e repressione del dissenso

Ogni regime ha la sua divisione manichea in buoni e cattivi.
 
 
 
di Roberto Allieri
 
 

I buoni solitamente vengono classificati in categorie giuridicamente e mediaticamente intoccabili. Se si appartiene a queste caste è assicurato lo status di vittima di regime e chi le contraddice acquista automaticamente il diritto di stare sempre dalla parte del torto.

Dunque, per capire chi comanda veramente in un certo Stato e in una certa epoca occorre sempre guardare al vittimismo di regime: le categorie più vezzeggiate, difese ad oltranza e ‘a prescindere’ sono spesso quelle più prepotenti, quelle che possono umiliare e guardare dall’alto i ‘cattivi’.

Ora, nell’attuale guerra civile scatenata dall’ossessione sanitaria non c’è spazio per chi non accetta l’imposizione di vaccini e restrizioni disumane: se non ti vaccini invocando la libertà di scelta e il diritto di affidarti a cure più efficaci e meno rischiose sei impietosamente classificato come ‘cattivo’,  con tutta una serie di stigmi sociali  (fascista, complottista, negazionista etc.) e vieni destinato ad una condizione di apartheid, cioè emarginazione sociale.

Al reietto negazionista il pensiero unico impone un’unica soluzione (vaccinati!) e lo fa negandogli anche il diritto di avere dai mass-media un’informazione completa e non faziosa degli effetti del vaccino e costringendolo inoltre (in caso ceda ai ricatti) a firmare moduli di consenso informato non consensuali e senza informazioni scomode.

Eppure qui in Italia solo quattro anni fa, quando è stata approvata la legge 219/2017 dal titolo ‘norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento’ (le DAT), il provvedimento sanciva la sacralità del consenso informato. Cioè che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso (art. 1); ribadiva inoltre la promozione e valorizzazione della relazione di cura che si basa sul consenso informato (art. 2), cioè la piena consapevolezza delle conseguenze di ogni trattamento sanitario e la piena adesione senza ricatti e forzature. Prevedeva inoltre il diritto del cittadino di rifiutare cure non volute (addirittura anche quelle che il medico ritiene utili).
 
Mi chiedo allora perché per promuovere una scelta di morte il consenso informato e la libertà di accettare o meno le cure diventano diritti incoercibili mentre per salvaguardare la propria vita e la salute da trattamenti genici  sperimentali non contano più.
 
E’ tipico poi dei governanti dispotici interpretare le norme solo a loro favore. Quando le stesse sono sfavorevoli non si applicano e diventano lettera morta. Ultima conferma: la Polonia sta difendendo con le unghie la propria sovranità dalle imposizioni dell’agenda UE in materia gender, LGBT, aborto, contraccezione, etc. I polacchi sostengono che i trattati istitutivi UE riservano competenze in materia etica e famigliare agli ordinamenti nazionali. E comunque nella gerarchia delle fonti, alcune norme UE possono (senza entrare nel merito di quali tipi di provvedimenti) essere sì preminenti alle leggi nazionali ma non hanno rango superiore alle Costituzioni e ai principi costituzionali.
 
I gerarchi della UE vorrebbero invece che le Costituzioni di ogni stato si debbano sempre piegare alla normativa ordinaria UE. Bene, se deve valere questo principio del ‘ce lo impone l’Europa’ i  fanatici del Green Pass dovrebbero inchinarsi a quel Regolamento UE  953/2021 che vieta la discriminazione contro chi non vuol vaccinarsi. Sembra però che quando le norme UE non sono funzionali alla propaganda allora diventano irrilevanti o vengono censurate o considerate a pari livello delle ‘fake news’… Ridefinire volta per volta la gerarchia delle fonti del diritto (con un ascensore che alza o abbassa il rango di una fonte di diritto a seconda della convenienza) è indice dell’eversione in atto degli ordinamenti giuridici nazionali. Una prova evidente è che in Italia abbiamo visto negli ultimi tempi FAQ del Ministero degli Interni (cioè direttive e circolari) avere forza cogente che rovescia principi cardini della Costituzione; abbiamo anche visto provvedimenti amministrativi (i famigerati DPCM del Presidente del Consiglio, emanati da un organo monocratico) altrettanto eversivi e, di fatto, inappellabili.

Ma passiamo ora ad una riflessione sugli incresciosi fatti dei disordini della manifestazione del 9 ottobre a Roma contro il Green Pass. L’assalto alla sede della CGIL (che giustamente va condannata senza se e senza ma) è stata una ghiotta occasione per lanciare campagne di odio contro tutti i 50.000 partecipanti (eh sì: la stima al ribasso va rettificata:  10.000 erano i partecipanti attesi dalle forze dell’ordine, che sono stati messe in difficoltà anche a motivo della loro sottostima). E’ vero: una minima parte di facinorosi (forse un centinaio, cioè lo 0,5 per cento) si è allontanata da Piazza del Popolo, sede del comizio, per assaltare la sede della CGIL secondo un loro (ed esclusivamente loro) piano. Ma questo atto esecrabile non può ricadere sul restante 99,5 % dei partecipanti alla manifestazione di protesta. Questo è il vero scandalo: fare di tutte le erbe un fascista!

Il giorno dopo la manifestazione tutta la stampa di regime ha strillato contro l’emergenza fascista mettendo sullo stesso piano tutti i dissidenti del Green Pass presenti a Roma. I quali in realtà (tolti gli infiltrati di Forza Nuova) sono le vere vittime. Vittime del fascismo, due volte.

In primo luogo, perché strumentalizzati dai barbari di Forza Nuova, che hanno approfittato dell’occasione per perseguire i loro intenti e bersagli che nulla hanno a che fare con le proteste degli altri manifestanti. In secondo luogo, chi ha protestato in Piazza del Popolo (non davanti e dentro la sede CGIL) è stato strumentalizzato e reso oggetto di linciaggio mediatico di stampo squadristico, screditato vergognosamente con etichette di odio. Basti pensare che, a fronte di chi difendeva i dissidenti dicendo che in gran parte sono gente non violenta, padri e madri di famiglia con prospettive di essere ridotti sul lastrico senza stipendio ed esclusi da ogni attività sociale, la risposta sprezzante era ‘si vaccinino!’.

Bell’atteggiamento: niente di più fascista! Anche gli squadristi mussoliniani di cento anni fa offrivano purghe e olio di ricino per la salute dei dissidenti come oggi si offrono vaccini a profusione. In un certo senso, quei ‘trattamenti sanitari’ li facevano per il loro bene. L’ossessione salutista di allora non era molto diversa da quella di oggi ed era pretesto per sopraffazioni ed intimidazioni.

Ostinarsi a definire la vaccinazione come atto di amore quando invece i buonisti che lo predicano tracimano di odio verso chi non lo accetta oppure come atto di libertà quando invece è prevista la repressione maniacale di chi non si adegua ai diktat, potrebbe riabilitare anche gli squadristi fascisti del secolo scorso. Forse sorge il dubbio che i metodi di questi ultimi erano meno invasivi di oggi: fastidiosi per le prime 24 ore, ma poi innocui e senza rischi di conseguenze e complicazioni per la salute…

Un ultima considerazione: il vero problema, a saperlo e volerlo vedere, non sono i cento fascisti della manifestazione di Roma. Quelli sono già tutti schedati e controllati. Possono prenderli quando vogliono ed essere chiamati a rispondere delle violenze che hanno fatto.
 
Il vulnus, la ferita sanguinante, che rischia di lacerare il Paese sono quelle persone (padri di famiglia, donne inermi, anziani, dunque gente normale non violenta) che alle dieci di sera erano ancora intrappolate e vaganti per le vie di Roma. Che ci facevano lì, cosa li aveva spinte a girovagare faticosamente subendo manganellate, umiliazioni e magari anche sperperando preziosi soldi sottratti al mantenimento proprio e della propria famiglia in questo periodo per loro così delicato?
 
Questo è il punto cruciale: ridurre masse pacifiche a non avere più niente da perdere e togliere loro ogni dignità è quanto di più pericoloso possa succedere: soprattutto quando accade dall’oggi (15 ottobre) al domani.
 
E quest’ultima considerazione ci riporta al punto iniziale: il vittimismo a senso unico, riconosciuto solo alle categorie protette dal potere (i buoni) e sprezzantemente negato ai veri emarginati (i cattivi) rivela il bieco volto del potere e la strumentalizzazione della solidarietà.
 
 
Roberto Allieri
 
 
 
 
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