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di Mattia Spanò

 

Torno su un aspetto appena accennato nel mio recente articolo che mi sembra meritevole di un approfondimento.

Il Network Bibliotecario Sanitario Toscano ha tradotto e pubblicato, il 5 settembre 2021 (tre mesi prima dell’inizio della forsennata vaccinazione di massa), un articolo della National Library of Medicine, sito ufficiale del governo americano che parla del ruolo della robotica, del machine-learning e dell’AI non solo nella “gestione” pandemica – lockdown, distanziamento fisico (penosamente ribattezzato “sociale”, effetto collaterale peraltro concretizzatosi) e altre amenità familiari a tutti, ma anche nello sviluppo dei salvifici vaccini contro il Covid.

Un secondo articolo – non datato – pubblicato dalla stessa Pfizer ammette il ricorso massiccio all’AI per lo sviluppo dei vaccini ad mRna.

Nell’agosto 2020 – a sei mesi dallo scoppio della pandemia – la rivista scientifica Frontiers pubblicava uno studio sul medesimo argomento: il ruolo dell’AI nello sviluppo di farmaci e vaccini contro il Covid-19.

Mi fermo qui, ma le briciole seminate da Pollicino sull’argomento sono più numerose.

Questi sono però elementi sufficienti a porsi una prima domanda: davvero questo vaccino è stato sviluppato da scienziati, e non piuttosto da un software?

A corollario della prima, sorge la seconda domanda: l’AI è stata adeguatamente testata e programmata, o si tratta ancora di un software conversazionale che reperta informazioni da database preesistenti, facendolo con criteri epistemologici ancora rozzi?

Domanda conclusiva: è scorretto ipotizzare che un programma informatico non testato ha progettato un farmaco non testato sofisticato e pericoloso, chiamandolo vaccino per indorare la pillola al popolo ruminante?

Non si è corso e soprattutto fatto correre a miliardi di persone un rischio quasi incalcolabile? Non si è trattato di un’imprudente e impudente mostruosità in re ipsa? Altro che i benefici superano i rischi, la qual cosa comunque equivale ad ammettere che rischi ci sono eccome. Forse intendevano con benefici la parola “profitti”.

Se a queste domande si può dare la più sconveniente delle risposte, questo delirio avido e ottuso cos’ha a che spartire con la scienza?

L’impiego dell’AI nella progettazione di vaccini ad mRna mi sembra un fatto di sesquipedale gravità. Un atto criminoso e potenzialmente genocida, intenzionale o praeter-intenzionale che sia stato.

Un conto è usare l’AI per la pubblicità della Coca-Cola o scambiarci quattro vaccate in un momento di noia. Un altro è progettare un farmaco da iniettare a miliardi di persone senza sperimentazione, un prodotto genico che potrebbe menomarli per sempre e ucciderli, nella sostanza fidandosi di un tostapane scrivente. Come capirebbe perfino un bambino con deficit dell’attenzione, sono due cose molto diverse e distanti.

Dando retta ad almeno una delle fonti citate, anche decisioni e strategie politiche di massa sono state “disegnate” da queste macchine. Infatti anche queste, come sappiamo, hanno funzionato a meraviglia. Non certo per contenere la pandemia, che infatti galoppava come un purosangue ad Ascott.

Per spiegarmi bene sul punto e farne cogliere l’implicazione mastodontica, faccio notare una notevole distorsione cognitiva.

Per decenni ci è stato raccontato che un iPhone 2 è meglio dell’iPhone 1, il 3 è meglio del 2 e così via sino alla 15° versione ed oltre.

L’informatica e la tecnologia, come nessun altro settore, cambiano ad una velocità quasi incontrollabile. Questi continui cambiamenti e “miglioramenti”, lungi da essere considerati una truffa a danno di gonzi obbligati a piegarsi ai medesimi (se non hai l’ultimo iPhone sei un poveraccio, la camera a 55 bilioni di megapixel fa foto migliori di quella a 54 bilioni, e poi le camere non sono 2 ma 3, 4, 5 e via aggiungendo), questi miglioramenti, dicevo, sono al contrario considerati ovvi, normali. Anche desiderabili.

Chi non sta al progresso è destinato a restare indietro: questo è, più o meno, il mantra inconsistente che, come un’aria al basilico su spuma di maccheroni, ha plasmato legioni di tossicomani dell’ultimo grido, di devoti al Black Friday.

Immaginate allora di acquistare non un telefonino – pardòn: uno smartphone, un telefono furbo perché voi siete così tragicamente tonti – ma un mobile, una macchina o una pizza.

Appena vi viene servita, il cameriere ve la ritira dicendo che ve ne porta un’altra molto più buona. Lo stesso il concessionario che vi ha appena venduto la macchina, o il mobiliere che vi ha consegnato a casa la nuova cassapanca: dopo pochi giorni, vengono a ritirarvele promettendovi di darvene in cambio una “migliore”.

Immaginate che questo non accada una volta sola. Ogni volta che pensate di poter godere del bene che avete acquistato e che vi appartiene, dopo pochi giorni vi viene ritirato e sostituito con un’altra versione, naturalmente “migliore”.

Non sapreste dire se lo sia davvero o perché lo sia, ma vi fidate. Perché non ne sapete né capite un fico: arriva un tizio che vi dice sbirimbuda supercazzola alla brematurata come se fosse Antani, e per non sembrare ignoranti o poco educati convenite con lui che la terapia tapioco si scuce anche al trotto col formaggio sul bombo frivolo.

Se invece vi fermaste a ragionare un secondo, dovreste trarre la più semplice delle conclusioni. Ovvero che né il pizzaiolo, né il concessionario, né il mobiliere sanno fare il proprio lavoro. Sono dei truffatori, degli improvvisati tanto furbi quanto incapaci.

Bene, anzi male. Il punto è che per qualche imperscrutabile ragione, questa ovvia conclusione quasi nessuno sembra trarla riguardo agli omini di burro digitali che vi portano nottetempo nel Paese dei Balocchi.

Perché sapendo che la tecnologia, l’AI in particolare, diventa obsoleta in poche ore, dovremmo lasciarle progettare farmaci che oltre a non guarirci potrebbero ammazzarci? Perché questo aspetto fondamentale è stato nascosto in bella vista?

Dove sono le legioni di scienziati che hanno lavorato a questi vaccini? Dov’era l’unicorno della “comunità scientifica”? Molto semplice: non c’erano, non esisteva. Vi hanno raccontato che nugoli di scienziati come zanzare in una palude avevano fatto le ore piccole per darvi il massimo della Scienza nel più breve tempo possibile.

Al loro posto c’erano invece quattro nerd brufolosi e sfigati come Sam Bankman-Fried, Mark Zuckerberg e Sam Altman, che invece di realizzare videogiochi dove si prendono le caramelle a martellate o al limite rubare miliardi ai polli, hanno posto le basi per il vaccino più inoculato della storia. Hanno trattato tutti come il finto omino del gas che bussa alle vecchiette. Ci hanno raccontato balle su balle. Un mucchio di balle. Solo balle.

Di fronte al ruolo tutt’altro che marginale giocato dalla versione Beta dell’AI nella realizzazione del vaccino “luce di speranza” (per riandare alla formula natalizia usata da un pontefice imprudente e sentimentale) perché dovremmo accettare, considerandolo normale ed ovvio, che una tecnologia sostanzialmente primitiva abbia progettato non solo il rimedio, ma perfino politiche sanitarie tanto assurde quanto inutili e dannose?

Gli aggiornamenti, i cambiamenti, i perfezionamenti vadano pure a farsi benedire: va benissimo il primo sgorbio che viene fuori dal più-ppiù-tè, come mio figlio a tre anni chiamava il pc. Infatti nulla – ripeto e ribadisco: nulla – ha funzionato. Con danni incalcolabili alle persone, alle cose, all’economia mondiale.

Ho una certa immaginazione, ma in questo caso faccio fatica a pensare a qualcosa di più grettamente cretino, omicida e incoerente di così.

Buona fortuna a tutti quelli che restano a bocca aperta davanti all’intelligenza artificiale. Ne avete un gran bisogno, perché quella che Dio vi ha donato l’avete scambiata con un piatto di lenticchie. Anzi, con il “selfie” (foto non si dice più) di un piatto di lenticchie.

 


Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. Sono ben accolti la discussione qualificata e il dibattito amichevole.


 

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