Rilanciamo l’editoriale scritto dagli amici Universitari per la vita sulla questione dell’uso anche in day hospital della pillola RU486 proposta dal Ministro Roberto Speranza.

Molti pro-life negli ultimi giorni hanno affermato con estrema convinzione che la decisione del Ministro Speranza di modificare le linee guida sulla famigerata pillola abortiva RU486 non ha nulla a che vedere con la legge 194, la quale, al contrario di quanto affermato dal Ministro, si proporrebbe piuttosto di tutelare socialmente la maternità e “limitare” l’aborto. Cari amici, vi preghiamo, non fatevi ingannare dal titolo della legge e nemmeno dal contenuto dei fantomatici “primi articoli” per i quali, a detta di alcuni, basterebbe una semplice “migliore applicazione” della legge perché le cose vadano meglio.
Bisogna essere onesti con se stessi: la legge 194 non nasce con questo scopo. Essa nasce appositamente per far sì che esseri umani innocenti possano essere soppressi per le più disparate motivazioni, riassunte nella fumosa e ambigua dicitura di “tutela della salute psico-fisica della donna”. In nome di tale “tutela”, la legge 194/78 ha abrogato quegli articoli del Codice penale che espressamente tutelavano, questi sì, sia il concepito che la madre (c.p., Libro II, Titolo X). È ormai da tempo che, con la nostra attività di Universitari per la Vita, tentiamo di mettere in guardia il popolo della vita dalla tentazione di utilizzare uno strumento integralmente malvagio come la 194, seppur a fin di bene. Semplicemente non si può … non si può mai fare (o sostenere attivamente) il male, neanche per ottenere un bene. Tale bene può venir solo da un’integrità della causa e tale integrità ingiunge ad ogni uomo di combattere pertinacemente contro una legge intrinsecamente ingiusta.
Abbiamo schiere di persone che combatterebbero per l’abrogazione di una legge sulla pena di morte, anche se si chiamasse “norme per la tutela sociale del detenuto”. Nessuno di questi si sognerebbe di dire che si può usare quella legge per meglio tutelare i detenuti se essa ne permette l’eliminazione. Così come nessuno affermerebbe contemporaneamente che deportare il popolo ebreo in un campo di concentramento è un’orribile violenza; e che però, d’altra parte, le leggi che lo consentono sono buone, pure se si intitolassero “norme per la tutela sociale degli ebrei”.
A maggior ragione non si capisce come si possa utilizzare una legge che permette l’eliminazione di bambini innocenti al fine di tutelare la maternità, che si fonda proprio sulla preservazione della vita del bambino concepito nel grembo materno! L’apice del paradosso, poi, si ha quando nel primo articolo si afferma che tale legge tutelerebbe la vita “dal suo inizio”.
È arrivato il momento di essere onesti cari amici: o si mette in discussione il paradigma su cui si fondano l’abortismo e la 194 (la “libertà di scelta”) oppure avremo sempre un Ministro Speranza di turno (indipendentemente dal partito politico) che continuerà ad agevolare la pratica abortiva … fino alle più estreme conseguenze. Nuova Zelanda e Francia sono solo due recenti e inquietanti esempi. Dobbiamo avere questo coraggio … dobbiamo averlo per i milioni di bambini soppressi perché una legge ha i-ne-vi-ta-bil-men-te un effetto incentivante su un popolo, soprattutto se tale legge sussiste da diverse generazioni che ormai, essendo totalmente immerse in un tale contesto rivoluzionario, non possono più essere custodi di quella “memoria morale” per la quale l’aborto era ed è un efferata soppressione di un innocente.
Facciamo nostre le parole di Mario Palmaro, quando affermava:
So benissimo che da un po’ di tempo c’è una strana teoria che circola nel dibattito culturale e politico italiano. E l’idea è pressappoco questa: l’aborto è una gran brutta cosa. Addirittura un omicidio, si dice con linguaggio aspro e diretto. Ma, nonostante questo, la donna deve poter scegliere. Deve – se la logica ha ancora un senso – poter uccidere suo figlio. Insomma: “aborto no, legge 194 sì”. Che sarebbe come dire: “Rubare no. Legalizzazione del furto sì”. […] All’uomo è chiesto, anzi è imposto, di trarre con coraggio le conseguenze della verità che riconosce davanti ai suoi occhi. Lo si deve fare anche se questo obbliga a posizioni scomode, di minoranza, o addirittura di minoranza nella minoranza. Anche se, insomma, c’è da pagare un prezzo.
Mario Palmaro, Aborto & 194.
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