Riporto questi ampi stralci dell’articolo dell’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles J. Chaput, pubblicato sul The First Thing (qui), il 18 aprile scorso. Eccolo nella mia traduzione.
I vescovi ricevono un sacco di posta indesiderata da estranei, alcune delle quali piacevoli, altre molto meno. Fa parte del lavoro. Ma ogni tanto arriva una lettera che vale la pena condividere con un pubblico più ampio. (La lettera a cui si riferisce è quella ricevuta da un giovane adulto poco dopo l’incontro pre-sinodale (qui) di marzo scorso in vista del Sinodo dei giovani di ottobre 2018. L’incontro ha visto riuniti a Roma circa 300 giovani adulti provenienti da tutto il mondo per discutere delle loro opinioni sulla fede e sulla Chiesa, ndr):
Ho 26 anni, padre di tre figli piccoli, e desidero offrire la mia prospettiva, condivisa da molti dei miei coetanei, sul prossimo Sinodo di Roma [su “Giovani, fede e discernimento vocazionale”].
Sebbene la crescente attenzione della Chiesa per l’evangelizzazione dei “nessuno” sia incoraggiante, ci sono state recenti discussioni da parte di diverse figure di spicco a Roma e in tutta la dirigenza della Chiesa riguardo a un cosiddetto “cambiamento di paradigma“ (qui) relativo alla dottrina, alla supremazia della coscienza individuale e all’accomodamento pastorale. Io e mia moglie troviamo questi sviluppi inquietanti e potenzialmente disastrosi per l’evangelizzazione dei giovani e di coloro che si sono allontanati.
Noi giovani desideriamo la verità e la chiarezza del buon insegnamento. A livello secolare, ciò è evidenziato dalla crescita rapidissima della popolarità di Jordan Peterson (uno psicologo di successo, ndr). Desideriamo la verità, non importa quanto sia netta o difficile per noi da digerire o per i pastori del nostro gregge da insegnare.
La nostra cultura è confusa nei principi fondamentali della natura umana: fin dalla più tenera età, siamo sommersi da una propaganda che distorce le verità scientifiche fondamentali sul genere, dipinge la virtù e la cavalleria come “mascolinità tossica”, denigra la famiglia e dissacra la natura del sesso e dei suoi frutti, specialmente il nascituro.
Abbiamo urgente bisogno della chiarezza e della guida autorevole della Chiesa su questioni come l’aborto, l’omosessualità, la disforia di genere, l’indissolubilità del matrimonio, i novissimi (morte giudizio, Inferno e Paradiso, ndr), e le conseguenze della contraccezione (morale, antropologica e abortiva). La mia generazione non ha mai, o raramente, sentito queste verità insegnate in maniera attraente nelle parrocchie. Invece, sentiamo con più forza e frequenza la conferenza episcopale e le nostre diocesi parlare del bilancio federale, della politica dei confini, della neutralità della rete, del controllo delle armi e dell’ambiente.
Sempre più spesso, abbiamo notato una riconciliazione con la cultura moderna sotto l’ampio mantello della sensibilità pastorale, compresi i casi di alcuni esponenti del clero di alto profilo che deliberatamente offuscano l’insegnamento della Chiesa per quanto riguarda l’omosessualità e il transgenderismo in nome del “costruire ponti”. I dubia rimangono senza risposta. Le discussioni sulla bellezza nella liturgia e del rispettoso ricevimento dell’Eucaristia sono beffate. Ci si preoccupa per la diminuzione della partecipazione alla messa, tuttavia i giovani che guardano alla tradizione per recuperare il nostro orientamento sono considerati “rigidi“.
Questo allontanamento dalla chiarezza è demoralizzante per i giovani fedeli cattolici, in particolare per quelli che hanno a cuore la Nuova Evangelizzazione e per i miei amici che allevano bambini contro un’ondata culturale sempre più forte. I miei coetanei, convertiti o ritornati (alla fede, ndr), hanno citato specificamente insegnamenti come Humanae Vitae, Familiaris Consortio e Veritatis Splendor come fari che distinguono la Chiesa e la sua saggezza dal mondo e dalle altre fedi. Ora sentono da alcune (personalità, ndr) ai più alti livelli della Chiesa che questi insegnamenti liberatori sono ideali irrealistici, e che la “coscienza” dovrebbe essere l’arbitro della verità.
(…)
In sintesi, molti di noi sentono di essere gli eredi legittimi di migliaia di anni di ricco insegnamento, tradizione, arte, architettura e musica. Noi giovani cattolici riconosciamo sempre più che queste ricchezze saranno cruciali per evangelizzare i nostri simili e per trasmettere una Chiesa fiorente ai nostri figli. Se la Chiesa abbandona le sue tradizioni di bellezza e di verità, ci abbandona.
Offro queste osservazioni senza amarezza né insulto, ma con amore per i miei fratelli e sorelle che non hanno ricevuto la benedizione, l’amore e la formazione che Dio ha misteriosamente concesso a me e ai miei amici. Non sono solo. Anche se profondamente turbati dallo stato attuale delle cose, rimaniamo fiduciosi; e radicati in questa fiducia, stiamo crescendo famiglie numerose che erediteranno il futuro della Chiesa. Spero sinceramente che questo possa essere trasmesso con enfasi al prossimo Sinodo, e ringrazio ogni pastore e vescovo che si pone come modello per evangelizzare, predicare la verità e promuovere la bellezza e la ricchezza che la nostra fede ha da offrire.
(Conclude l’arcivescovo Chaput) Posso aggiungere poco a questo tipo di testimonianza. Mi limito a suggerire l’ovvio: il futuro della fede cattolica appartiene a coloro che la creano con la loro fedeltà, il loro sacrificio di sé, il loro impegno a portare nuova vita nel mondo e a crescere i loro figli nella verità, e la loro determinazione a camminare “per la stretta via” di Cristo con gioia. Che Dio conceda ai padri sinodali del 2018 la grazia e il coraggio di guidare i giovani su questa strada.
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