Gesù e Pietro paga tributo - Masaccio (particolare)
Gesù e Pietro paga tributo – Masaccio (particolare)

 

 

Domenica XXIII del Tempo Ordinario

(Anno B)

(Is 35,4-7; Sal 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37)

 

 

di Alberto Strumia

 

Nelle letture di oggi sembra quasi nascondersi il vero problema dell’umanità, della condizione umana, da sempre, fino dalle “origini” del genere umano.

– È la questione della “giustizia”, affrontata fino in fondo, e non fermandosi ai suoi livelli più immediati, epidermici.

– Ed è la questione di come si possa fare ad averla questa “giustizia”, fino in fondo, e non fermandosi ai suoi livelli più immediati, epidermici.

Tutta la “sfida cristiana” si gioca qui! Il resto sono chiacchiere e beghe inutili di sacrestia, che fanno solo perdere il tempo, il tempo della vita! Questa “sfida”, nelle letture di oggi, è quasi nascosta nel salmo responsoriale nei cui primi versetti viene detto perentoriamente: «Il Signore […] rende giustizia». Come dicesse: chiunque altro – neppure il migliore dei magistrati – senza di Lui, può farcela!

Non si tratta, ovviamente, appena di una questione giudiziaria, da tribunali umani: è una faccenda molto più fondamentale. È forse “giusta” la vita degli uomini sulla faccia della terra?

– L’ingiustizia di dover morire! La prima cosa contro cui istintivamente ci si ribella è la condanna a dover morire! Un essere umano si sente “eterno” dentro di sé; tanto è vero che non pensa (volentieri o per niente) alla morte, se non quando è arrivato al momento finale della sua vita terrena, se ne ha il tempo… Si direbbe che questo “istinto” verso l’eternità sia una sorta di dimostrazione “psicologica” dell’immortalità dell’anima che non richiede la fede e neppure la “ragione”, perché è un istinto psico-fisico, prima ancora di un ragionamento che lo accompagna. La “morte” per l’uomo è sentita come un’ingiustizia! Per quanto si rifletta sulla nostra biologia animale che la esige, noi vogliamo essere di più…

– L’ingiustizia della sofferenza per il male fisico. Ma la morte è normalmente preceduta dal dolore, dalla sofferenza per il male fisico. Gli uomini, comprensibilmente, fanno di tutto per evitare e limitare il più possibile la malattia e la sofferenza per il male fisico. Perché stare male “non è giusto” e si vuole “stare bene”. Siamo fatti per volere “stare bene”! Ci si può rassegnare, nel migliore e più lodevole dei casi, a stare male, ma è “contro la nostra natura” di esseri umani. Noi vogliamo essere di più che animali che devono sentire il dolore fisico! È da insensati negarlo.

– L’ingiustizia del male morale che viene dalla cattiveria. E poi c’è la cattiveria con la quale gli altri ci fanno del male e anche noi stessi, a volte ce lo facciamo e lo facciamo al prossimo, con le nostre incoerenze e i nostri errori. L’istinto con il quale si sente dire, di fronte ad un torto molto grave: “voglio giustizia”, rivolgendosi ai tribunali umani, è del tutto umano, ma è anche penoso che si possa pensare che un tribunale umano sia in grado di offrirla con quella radicalità con la quale l’“istinto” la fa pretendere. Chi è meno superficiale percepisce, poi, non solo l’ingiustizia che gli è procurata dagli altri, ma anche quella che porta dentro se stesso. Bene la descrivere san Paolo quando dice: «Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio […] Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» (Rm 7,19.24). Quante persone vorrebbero uscire dal condizionamento di abitudini che vedono avere prodotto in loro degli effetti di “dipendenza” devastanti e non ci riescono con le sole loro forze!

– L’ingiustizia del non vedere i frutti del proprio operato. Credi di aver lavorato bene e ottieni l’effetto contrario a quello che avresti voluto. L’esperienza del fallimento del compito educativo di genitori, insegnanti, amici che non riescono a trasmettere nulla o quasi da una generazione all’altra… È un’ingiustizia!

– L’ingiustizia a livello planetario. Oggi questa la tocchiamo con mano! Il mondo è sempre più invivibile e chi lo controlla, i poteri grandi e piccoli, pur di autoconservarsi fanno di tutto per peggiorarlo, schiavizzando le persone loro sottoposte. Qualcuno, forse, pensa anche di fare le cose giuste; altri lo fanno per un “delirio di onnipotenza”. Da dove viene tutto questo? Sembra provenire da una potenza sovrumana, satanica, con la quale coloro che si credono “i più furbi” sono venuti a patti. E anche se in misura minore, un po’ tutti si viene a patti.

Sembrerebbe si dovesse parlare di una “giustizia originale” che doveva pure esserci all’inizio della storia dell’umanità e che è stata, in qualche modo, compromessa a causa di un errore umano – e prima anche anche diabolico – irreversibile, umanamente irrimediabile. Ci vorrebbe Dio per rimettere le cose a posto! Se Dio non c’è, non c’è possibilità che l’umanità ci riesca da sola: lo abbiamo visto con tutte le ideologie politiche del ’900 che hanno portato morte e disumanizzazione. E ci siamo ancora dentro fino al collo! Si dà ordine di non parlarne nei mezzi di comunicazione, ma ci siamo dentro fino al collo e al massimo grado, proprio ora!

La sfida del cristianesimo, di Cristo al mondo – quando viene annunciato come Dio comanda – si colloca proprio a questo livello di serietà con l’umanità! Ed è questo l’Annuncio che la Chiesa è chiamata a fare. Se non lo fa, essa viene meno a se stessa e al mandato che ha ricevuto dal suo Fondatore, Gesù Cristo.

Questo Annuncio ci dice che:

– La “giustizia originale” è il “giusto modo” di rapporto della creatura con “Dio Creatore”.

– Pretendere di farsi dio a se stesso, da parte dell’uomo, non porta alla “giustizia” (non libera l’uomo dalla morte, dal male fisico, dal male morale, dalla dipendenza dagli errori e dall’insoddisfazione per i frutti mancati). L’Annuncio cristiano ha chiamato questo errore “il peccato originale”, proprio perché va a rompere l’equilibrio della “giustizia originale”. Altro che la favoletta della mela… Bisogna saper leggere sotto il genere mitico della narrazione del libro della Genesi.

I Padri della Chiesa e, dopo di loro, soprattutto san Tommaso d’Aquino (sec. XIII) seppero farlo, acutamente.

– Cristo, vero uomo e vero Dio, era l’unico in grado di compiere la “riparazione” della “giustizia originale”, perché aveva la capacità (potenza) di Dio per riuscirci; ed essendo uomo aveva preso su di sé la natura di chi aveva il dovere di riparare, perché è stata l’umanità ha rompere il giusto rapporto con Dio.

Ma bisogna essere disposti a prendere in considerazione la via cristiana alla “giustizia riparata”, per questo occorre la “fede”. Nessuno ti obbliga a seguire Cristo, ma chi lo fa ha dei frutti nella sua vita fino da ora; e gli sarà restituita “la vita oltre la morte”, “la forza per affrontare senza soccombere ogni prova di sofferenza”, “la capacità di rapportarsi con gli altri e con se stesso” (è “la carità” verso il prossimo e verso se stessi), “un’abbondanza di frutti di bene non prevedibile”, “la libertà di avere più sicurezza”, perché sa che tutto non dipende solo da lui, ma c’è la Provvidenza di Dio al suo fianco. Non è forse per portare i suoi interlocutori a riconoscere la presenza onnipotente di Dio che Gesù compiva i miracoli dei quali ci parla il Vangelo di oggi? E la prima lettura inizia con l’incoraggiamento: «Coraggio, non temete!». E san Giacomo nella seconda lettura richiama a non cedere alla logica di chi fa le cose solo per una convenienza umana che si fa in quattro per essere servile con chi ha potere e prepotente che chi non ne ha? («la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali»).

Maria, la Madre del Signore e della Chiesa, che fu la prima a capire come stanno veramente le cose, ci ha aperto la strada della Verità della Vita e le chiediamo di aiutarci soprattutto in questo difficile momento della storia dell’umanità e della Chiesa.

«Proteggi e aiuta il popolo cristiano. Procuraci la pace affinché non siamo scossi dallo sconvolgimento del mondo (Esto tutrix et adiutrix christiani populi. Pacem praesta ne molesta non perturbent saecula)».

Bologna, 5 settembre 2021

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari. E’ direttore del sito albertostrumia.it

 

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