di padre Giuliano Di Renzo
A tutti i miei amici, più o meno vicini o più o meno lontani, desidero esprimere il mio ringraziamento di avermi fatto dono della loro amicizia.
Come che sia l’amicizia è sempre un dono e la sua preziosità e dono di umanità allontana quel senso di prigionia che si patisce nel mondo e apre spazi interminabili all’interiorità dell’anima.
Volti e noti e non noti, nomi che si lasciano appena sfiorare!
A tutti penso io sempre, per tutti volgo la mia preghiera e mai privo alcuno del mio grato ricordo, sia di me come di essere umano che di sacerdote di Cristo Gesù, Dio Verbo che come tale è fulgore di Dio vivente in sé e a noi, la Sapienza “amante degli uomini che ha creati per la giustizia che è la vita” (Sapienza 1,6) che percorre internamente coscienze e cose e a tutte dà essere e vita.
Ma specialmente oggi in cui nel buio di questo globo fatto di terra e di rocce il ripetitivo rivolversi nello spazio “hodie illuxit nobis Lux magna et descendit super terram” a indicare un luogo di questo ruvido corpo tra gli astri all’anima più certo e più consentaneo ai nascosti suoi eterni sospiri.
Perché l’anima, quella che noi siamo, mostra se stessa in quei sospiri che ne fanno la vita, la spinge nel tempo intanto che le indica essere ad essa un più là.
Perché quest’anima esule nel mondo e prigioniera di se stessa ha sua completezza nel tramutarsi in letizia di amore. Essa perciò seppur la più piccola tra le cose non è cosa ed è più grande di se stessa.
Punto denso di essere, senza massa, senza tempo, senza fondo non avente altra dimensione e volto che l’io che a se stessa è.
La nostra anima è grido di invocazione di amore, suo spazio è l’eternità, grido che mai si spegne. Se non placato strazia e placato è la felicità.
Noi troviamo Dio nel vivente scambio di Luce tra Lui e noi, due viventi che si inseguono per ritrovarsi nell’abbraccio di reciproca compiuta felicità senza fine.
L’annuncio del santo Natale del Signore è annuncio dello Spirito divino che riprende a spirare sul freddo silenzio del mondo come il primo fiat fece esplodere di gioia la luce. “Sia la luce, e la luce fu” (Genesi 1,3), invito a noi ad andare verso di Lui che con quel fiat veniva verso di noi. Perché tale è il nostro cammino sulla terra: un invito a noi e un correre di noi verso di Lui, nella felicità incipiente del bimbo che corre verso all’abbraccio della mamma che col suo sorriso sollecita verso di sé.
Nel primo Natale fu una stella a condurre i sapienti stranieri magi a Betlemme, dove “la notte che già fu sì buia rifulse di un astro divino” (cfr Guido Gozzano, giovanissimo poeta crepuscolare torinese) e accese la fede e con la fede l’amore. Così sarà ancora Lui la stella che ricondurrà noi a Lui sorgente della vita.
Ritroviamo la fede, torniamo umilmente con cuore e intelligenza aperti ad essa e gettiamo via da noi la zavorra degli inutili mortiferi nostri orgogli, riaccendiamo con essa l’amore ai piedi di quel Bimbo che è divino perché venendo dalle lontane invisibili sponde dell’eternità può dilatare sino ad essa la smorta nostra anima stretta nell’inquietudine dei suoi umani confini, con rischio di venirne soffocata.
Come l’esperienza del vivere quotidiano purtroppo chiaramente manifesta. Il mondo si perde perché non ha fede, non crede più nel futuro e si tuffa nella vorticosa del presente che passa.
Da ciò il dramma della sempre irrisolta e irrisolvibile esistenziale precarietà di tutto e di precarietà del nostro esistere ed essere.
Cristo è nato, il figlio di Dio e di Maria, di Dio e della nostra gente. Un Emmanuele si è acceso di Luce per noi.
A tutti auguri. Davvero buon Natale, buono se santo.
Un vuoto babbo natale lascerà l’ulteriore amara constatazione della vita come inganno, e più vuoto e disperato il disastro del vivere solo di passioni umane.
Torniamo all’innocenza e felicità della nostra infanzia !
Tante volte mi avete sorpreso con la vostra attenzione e la vostra stima.
Vi ringrazio della gioia che avete versata nel mio cuore, che per veramente amare vorrebbe tornare ad essere un cuore fanciullo. Il mondo con tutto quello che ci dà o che possiamo da esso sperare nulla vale, vale invece l’amore.
Non tanto l’amore che riceve, quanto l’amore che dona. Così come Dio che ama di amare. Ama anche chi non lo ama e lo perseguita. Gesù che viene nella bolgia delle nostre cose umane, in questo mondo dove non ci sono che roche voci di armati, viene perché ci ama e ci ama perché ci ama.
Quel presepio e quella croce che tanto ci fa difficili verso di Lui è il segno dell’amore. “E l’angelo disse ai pastori: Oggi, nella città di Davide, è nato a voi il salvatore, Cristo Signore. Questo è il segno per voi: troverete un bimbo avvolto in fasce che giace in una mangiatoia” (Vangelo di San Luca 2,11-12).
La gloria di Dio, il suo manifestarsi a noi è quest’umiltà indifesa e spoglia davanti alla durezza degli orgogli umani.
Non nel fuoco, non nel terremoto, non nel vento impetuoso come di uragano è Dio, ma nell’appena percettibile brezza leggera è Dio (cfr Primo Libro dei Re 19,8-13).
Torniamo anche noi bambini davanti a Lui bambino.
Un grazie da me a tutti voi, dal profondo del cuore. Cristo Signore Gesù vi benedica, vi conforti, vi illumini, vi attragga a sé pieno di amore.
“Ti ho amato di amore eterno, per questo ti ho attratto a me pieno di compassione” (Geremia 31,1-7).
Buon Natale del Signore.
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