Si ritiene che il rapporto del cardinale Tomko sulla Curia vaticana riveli “una sottocultura omosessuale attiva in Vaticano” e “lotte per il potere e il denaro”.

Di seguito vi proponiamo nella nostra traduzione un articolo scritto da Louis Knuffke, pubblicato su Lifesitenews

 

cardinale Jozef Tomko   (Photo: MARIO DE RENZIS - ANSA - KRZ)
cardinale Jozef Tomko (Photo: MARIO DE RENZIS – ANSA – KRZ)

 

Giovedì 11 agosto, il Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio, ha celebrato la Messa funebre del Cardinale Jozef Tomko all’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro a Roma. Il Santo Padre, presente in sala, ha presieduto la Commendatio e la Valedictio finali.

Il defunto cardinale slovacco è morto a Roma l’8 agosto. Era il Prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ed era stato creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 1985.

Come ha riferito ieri Vatican News, nell’omelia funebre il cardinale Re ha elogiato l’opera di dedizione che Tomko ha svolto nel corso della sua vita “per la creazione di numerose nuove diocesi, la costruzione di nuove chiese, centri educativi, centri sociali e lo sviluppo della cooperazione missionaria delle Pontificie Opere Missionarie in molti Paesi”.

Il defunto cardinale è stato anche elogiato dal cardinale Joseph Zen nel suo libro “Per amore del mio popolo non resterò in silenzio“, per la sua chiarezza e integrità nell’assistere la Chiesa in Cina e nel trattare con il Partito Comunista Cinese durante il suo mandato nella Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Il cardinale Tomko era stato preparato a questo lavoro dalla sua esperienza con i comunisti nel suo Paese natale, la Slovacchia. È stato ordinato sacerdote nel 1949 a Roma, durante l’oppressione comunista della Chiesa cattolica in Slovacchia. A causa delle persecuzioni contro la Chiesa, non poté tornare all’arcidiocesi di Kosice e nel 1962 iniziò a lavorare presso la Congregazione per la Dottrina della Fede in Vaticano, che guidò nel 1966. Nella Curia romana è stato poi sottosegretario della Congregazione per i Vescovi nel 1974, segretario generale del Sinodo dei Vescovi nel 1979 e poi prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli nel 1985. Nel 1985 è stato anche elevato al Collegio cardinalizio.

Grazie alla sua lunga esperienza nella Curia romana, nel 2012 il Cardinal Tomko, insieme ai Cardinali Julian Herranz e Salvatore De Giorgi, è stato in particolare incaricato da Papa Benedetto XVI di indagare sulla corruzione curiale legata allo scandalo “Vatileaks” del 2011, in cui documenti papali riservati erano stati trafugati e diffusi alla stampa.

Secondo un rapporto del 2013 dell’agenzia di stampa italiana La Repubblica, come risultato dell’indagine i cardinali hanno redatto un documento che hanno presentato a Papa Benedetto il 17 dicembre 2012, in cui hanno dettagliato le scoperte di una rete di lobby omosessuali attiva all’interno del Vaticano che, oltre alla corruzione sessuale, si contendeva anche denaro e potere.

Come LifeSiteNews ha riportato all’epoca, La Repubblica, pur mantenendo anonime le sue fonti, ha affermato che il documento d’inchiesta,

“cita non solo una sottocultura omosessuale attiva in Vaticano, ma anche “lotte di fazione per il potere e il denaro”. Il giornale cita “un uomo molto vicino” agli autori del documento, che ne ha descritto il contenuto dicendo: “Tutto ruota intorno alla mancata osservanza del sesto e del settimo comandamento”, i divieti biblici contro l’impurità sessuale e il furto”.

Il documento avrebbe “rivelato ‘una rete di lobby’ identificata con le varie congregazioni religiose – tra cui i Salesiani di Don Bosco e i Gesuiti – e la ‘provenienza geografica’, descritta come ‘una rete unita in base all’orientamento sessuale'”.

Secondo la testimonianza dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha contribuito all’indagine condotta dai tre cardinali, il dossier sulla corruzione curiale è stato consegnato a Papa Francesco da Papa Benedetto in persona, a Castel Gandolfo. Tuttavia, non è ancora stato reso pubblico. 

In un‘intervista del 2019 con il giornalista italiano Aldo Maria Valli, Viganò ha lamentato il lungo silenzio che ha circondato l’indagine e la corruzione che aveva portato alla luce. “Che fine ha fatto”, si è chiesto, “l’indagine ordinata da Benedetto XVI e condotta dai tre cardinali? Nessuno ne ha parlato. Se si volesse ripulire la corruzione, affrontare i risultati di questo rapporto sarebbe un buon punto di partenza. Tutti abbiamo visto una scatola di documenti consegnata da un Papa all’altro a Castel Gandolfo, e ora è scomparsa”.

Sempre nel 2021, Viganò ha denunciato il silenzio come una continua copertura della “mafia della lavanda” all’interno del Vaticano. “Benedetto XVI”, ha detto Viganò in un’intervista a Radio Spada,

“nei mesi precedenti la sua decisione di assumere il singolare titolo di ‘papa emerito’, istituì una Commissione cardinalizia, presieduta dal cardinale Herranz e composta dai cardinali Tomko e De Giorgi, con il compito di svolgere un’indagine approfondita sulle informazioni riservate diffuse nella vicenda ‘Vatileaks’. Quella massa di informazioni, insieme alle altre prove raccolte dai tre cardinali, avrebbe permesso un’operazione di pulizia: tutto è stato insabbiato!”.

Il Vaticano deve ancora pubblicare il rapporto sulla corruzione nella Curia romana documentata dall’indagine condotta dal defunto cardinale Tomko.

 


 

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