Vi proponiamo alcuni pensieri di mons. Charles Pope che, partendo dalle figure di San Basilio e San Gregorio Nazianzeno, riflettono sul clero di oggi.
Sono stati pubblicati su Community in mission.
Eccoli nella mia traduzione.
Il 2 gennaio abbiamo celebrato la festa di San Basilio e San Gregorio Nazianzeno. Erano vescovi in Cappadocia (l’odierna Turchia) durante il periodo tempestoso dell’eresia ariana, che negava la divinità di Cristo. Nonostante la forte affermazione del Concilio di Nicea, gli eretici ariani non desistettero. I santi Basilio e Gregorio furono forze forti per la verità nella lunga battaglia per debellare l’eresia. Quando l’imperatore, Giuliano l’Apostata, cercò di costringere i vescovi ad ammettere gli eretici ariani alla Santa Comunione, entrambi i vescovi si rifiutarono di obbedire.
Un’interazione tra San Basilio e il prefetto locale dell’imperatore mostra un’immagine di un vescovo forte che oggi è rara. Incontrando la resistenza di San Basilio, il prefetto disse:
“Siete pazzi, ad opporvi alla volontà [dell’imperatore] davanti alla quale tutto il mondo si inchina? Non temete l’ira dell’imperatore, né l’esilio, né la morte?”.
“No”, disse con calma Basilio, “chi non ha nulla da perdere non ha bisogno di temere la perdita di beni; non potete esiliarmi, perché tutta la terra è la mia casa; quanto alla morte, sarebbe la più grande gentilezza che potreste concedermi; i tormenti non possono nuocermi: un solo colpo metterebbe fine alla mia fragile vita e alle mie sofferenze insieme”.
“Mai”, disse il prefetto, “qualcuno ha osato rivolgersi a me in questo modo”. “Forse”, suggerì Basilio, “non hai mai misurato la tua forza con un vescovo cristiano” (dalla Vita dei santi di Butler).
L’imperatore si tirò indietro.
La vita dei primi vescovi era piena di sofferenza, esilio e martirio. Trenta dei primi trentatré papi furono martirizzati, due morirono in esilio, e solo uno morì nel suo letto. Era una storia simile a quella di molti antichi vescovi, per esempio Atanasio, Crisostomo, Basilio e Gregorio. È difficile immaginare che molti tra gli attuali leader della Chiesa sopportino una tale sofferenza. Molti vescovi e l’alto clero oggi vivono una vita comoda e protetta. Anche gli ecclesiastici meno elevati vivono una vita piuttosto isolata, al riparo dalle ordinarie lotte dei laici. Molti di noi hanno assistenza sanitaria, alloggi, servizi di lavanderia, pasti preparati e personale che si occupa di molte questioni quotidiane. Dio benedica tutto il nostro personale e la brava gente di Dio, che si prende cura di noi così bene.
Arriva un punto, però, in cui noi del clero diventiamo deboli, non più in grado di affrontare anche le piccole sofferenze, per non parlare di quelle più grandi che potrebbero venire dalla predicazione del Vangelo in modo chiaro e senza compromessi. Non accettando questa sofferenza nella nostra vita, abbiamo paura di predicare agli altri.
A differenza di San Basilio, che sentiva di non avere nulla da perdere, noi del clero moderno spesso pensiamo di avere troppo da perdere. Infatti, tutta la Chiesa (almeno nell’Occidente prospero) teme che abbiamo troppo da perdere. Temiamo la perdita di popolarità, di potere politico e di accesso; temiamo l’impatto sulle nostre carriere; temiamo la perdita di edifici, istituzioni e programmi, così come il denaro e il potere necessari per sostenerli. Sembra che temiamo quasi tutto, tranne la perdita della nostra fede, che siamo troppo disposti a compromettere, ignorare o annacquare per mantenere le cose minori.
Alla fine, però, questo mondo e il diavolo non si accontenteranno mai dei compromessi che facciamo fino a quando non sarà sparita ogni briciola della nostra integrità. Il tempo che acquistiamo attraverso il compromesso è temporaneo; è una “vittoria” di Pirro. Nonostante tutti i nostri tentativi di adeguarci al mondo moderno, stiamo ancora chiudendo chiese e scuole; gli enti di beneficenza cattolici stanno perdendo contratti; i nostri membri continuano ad allontanarsi. Il mondo non può salvarci; essere popolari o aggiornati non ispira la fede e non attira i convertiti. Possedere edifici belli non vale nulla se sono vuoti.
Concludiamo con un paradosso. Agire per paura di avere troppo da perdere significa perdere tutto. Accettare liberamente che non abbiamo niente da perdere significherà che ci guadagneremo tutto, perché guadagneremo Cristo Gesù e tutto ciò che Egli ci promette qui e nella vita a venire.
Ma cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Matteo 6:33).
E chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. (Matteo 10:38-39).
Che San Basilio, San Gregorio e tutti gli eroi e i martiri preghino per noi, clero e laici!
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