Una intervista di padre Marco Finco OFM a mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio. Dal sito Luigi Negri.
Padre Marco Finco: Il lavoro che abbiamo fatto fino ad ora sul testo della Scuola di Comunità, “Generare tracce nella storia del mondo” (di don Luigi Giussani, ndr), ci ha visti impegnati sul capitolo secondo: “La permanenza dell’avvenimento nella storia”. L’ultima volta che abbiamo avuto la grazia di poterci vedere abbiamo affrontato il tema dell’elezione, ed ora, dentro questo tempo che ci è dato di vivere così “strano”, affrontiamo il permanere dell’avvenimento di Cristo dentro la storia che si chiama Chiesa, l’unità dei credenti.
Oggi, in questi mesi, in questo tempo, questa unità, questo popolo dei credenti è stato certamente vissuto, ma in modo diverso, non abbiamo potuto celebrare l’Eucarestia insieme, non abbiamo potuto trovarci insieme, abbiamo, cioè, vissuto questa unità in un modo che immediatamente, umanamente non ci corrisponde così tanto. Non ci corrisponde, ma forse ci ha aiutato ad andare più in profondità nel mistero della presenza di Cristo che permane dentro la storia.
Mons. Luigi Negri: La Chiesa è il luogo dove continua la presenza di Cristo, la presenza di Cristo che è il Mistero, il Mistero che trascende lo spazio e il tempo, il Mistero di cui, come dice la liturgia, “di cui sono fatte tutte le cose”, questo Mistero di cui sono fatte tutte le cose, emerge, si rende presente in un luogo. Noi dobbiamo meditare questo che è il punto più profondo del dogma cristiano: il Mistero di Cristo si fa presente, si fa Presenza, non è una parola, non è un discorso, la presenza di Cristo è un dato. Camminiamo nel mondo ed è come se l’avessimo sempre, alla destra o alla sinistra. Cristo non ci abbandona, Cristo è una permanenza tenace, diceva sant’Agostino, non ci lascia, non ci abbandona. Assume su di sé la nostra vita, dona, alla nostra esistenza di tutti i giorni, una profondità impensabile, dona alla nostra vita un respiro, la profondità del Mistero e l’apertura della missione. La profondità del Mistero perché noi viviamo una presenza che ci sostiene, che assume su di sé la nostra vita e insieme un aprirsi della nostra vita ad una apertura grande, l’apertura di tutti i nostri fratelli uomini e di tutto il mondo.
Questo è quello che ci interessa sopra ogni altra cosa, non ci interessano i discorsi sulla fede, sulla speranza, sulla carità…ci interessa vederlo! La fede è vedere Cristo nella concretezza della sua esistenza storica, è amarlo, è riconoscerlo ed amarlo come una realtà che sopporta la nostra vita, che prende la nostra vita sulle sue spalle e ci accompagna. Questo è il punto più confortante del nostro cammino, perché il nostro cammino di cristiani ha soltanto una preoccupazione, quella di immergerci sempre più profondamente nel mistero della vita di Cristo, in modo che il mistero della vita di Cristo diventi come il tessuto concreto e quotidiano della nostra esistenza.
Questo noi lo amiamo più di noi stessi. Quando pensiamo a Gesù Cristo, pensiamo alla presenza del Figli di Dio che prende la nostra vita sulle sue spalle così che la nostra vita cammina ogni giorno sostenuta da questa presenza radicale. La nostra vita non è per la morte, non è per l’incertezza e la confusione, la nostra vita non è per “brani” di esistenza che non si riescono a comprendere, a cui non si riesce ad andare fino in fondo, la nostra vita è l’apparire del mistero di Cristo nella nostra vita, in modo che noi protendendoci è come se lo toccassimo, finiamo per toccarlo!
Il Signore è presente e noi possiamo dire ogni momento: “Signore tu sai che ti voglio bene”, e in questo dire al Signore Gesù Cristo “Tu sai che ti voglio bene” è contenuta la forma più radicale, più pura della fede.
La fede è amare una presenza, quella di Cristo, e seguirla ogni giorno, come dice la Liturgia: “nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore”.
Marco Finco: È quell’antica preghiera: “Vieni Signore Gesù”, la più antica preghiera della storia cristiana.
Mons. Luigi Negri: Ecco, la preghiera è uno spalancare la vita ad una presenza, la preghiera non è anzitutto una serie di formule, la preghiera è riconoscere uno che è presente, lo guardo, allungo le mie braccia ed è come se potessi incontrarlo fisicamente. Ed è questo l’aspetto più misterioso e più familiare della fede, dire al Signore: “Non abbandonarmi, ricordati che non mi puoi abbandonare, devi assumerti la mia vita, come hai assunto la vita dell’intero mondo”.
Per questo fiorisce nel nostro cuore la preghiera più antica e più bella, quella che nei primi secoli è stato il grande desiderio e la grande umiltà del popolo di Dio: “Maranatha, Vieni Signore Gesù”, aggancia la nostra vita alla Tua perché non si disperda nelle nebbie del nulla, ma si incrementi ogni giorno di più.
La vita dell’uomo di fede si incrementa ogni giorno di più perché la vita dell’uomo di fede è opera quotidiana, silenziosa, ma è opera di Dio e l’opera di Dio non è messa in crisi da niente.
Marco Finco: Mi viene da dire…tutto questo è, in questi mesi che abbiamo passato e chissà ancora per quanto, indubitabilmente più faticoso perché, per esempio, per tanti è mancata l’Eucarestia, questa Presenza reale di Cristo dentro la vita del mondo e di ciascuno di noi, passa, così ci ha insegnato la Chiesa, anzitutto attraverso la vita sacramentale e in particolar modo attraverso il sacramento dell’Eucarestia.
Rispetto a ciò che ci hai detto mi sembra che tutto sicuramente più faticoso, magari più faticosamente riconoscibile, ma non meno presente. Cristo non è meno presente dentro la storia, dentro la vita, anche se in questo momento mi è, per così dire, tolto. È come si fosse tolto un pezzo di possibilità di esperienza, ma chiusi nelle nostre case tutto questo è possibile ancora.
Mons. Luigi Negri: Certo, ci è tolto, perché è vero che ci è tolto, è vero che è stato impossibile per un bel periodo di tempo frequentare l’Eucarestia, mangiare il Corpo del Signore e bere il Suo Sangue. Non sono particolari, è della sostanza della fede la carnalità del pane e del vino, appartiene alla sostanza della fede. Il Papa ha detto che c’è una carnalità della fede. Non è secondario che ci sia la fede come celebrazione dell’Eucarestia, è essenziale. Ma questa cosa essenziale che è il pane e il vino, è il contenuto di un desiderio che deve essere continuamente rinnovato. La fede è l’espressione profonda di un desiderio, che la nostra vita sia presa sulle Sue spalle e il Signore mi accompagni, giorno dopo giorno, “nella buona e nella cattiva sorte”. Il Signore non abbandona la nostra vita di tutti i giorni, nella confusione, nell’incertezza, il Signore fa corpo con noi. La sua vita assume la nostra vita e assumendo la nostra vita, il Signore apre tutta la vita all’universo.
La prima grande conseguenza della Presenza di Cristo nella nostra vita è che la nostra vita si apre all’universo, si apre, non sta chiusa nel breve recinto della nostra intelligenza, del nostro cuore, della nostra sensibilità, ma si dilata. La Sua Presenza dilata la nostra vita secondo le dimensioni di Dio, come dice la Liturgia, le dimensioni universali della fede sono le dimensioni normali dell’esistenza del cristiano.
Questo rende la nostra vita una cosa veramente nostra, totalmente nostra, ma insieme un avvenimento che, proprio perché è totalmente mio, è totalmente di tutti.
Marco Finco: ci diamo il compito di continuare queste chiacchierate, ogni quindici giorni ci troviamo e riprendiamo questo pezzo di lavoro che abbiamo fatto e lo portiamo avanti. Grazie Monsignore.
Scrivi un commento