Intervento lucido e profondamente religioso di mons. Luigi Negri scritto qualche tempo fa. Leggendolo, si respira la fede e la paternità di un grande pastore della Chiesa.
Ne riporto ampi stralci.
Un grazie all’amico don Gabriele Mangiarotti e a CulturaCattolica.it per avercelo offerto.

Mons. Luigi Negri
Mons. Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio

“(…) Ecco la prima osservazione: la Chiesa è sfidata sulla fede; deve dimostrare a se stessa e al mondo che crede in ‘Gesù Cristo, unico Redentore dell’uomo e del mondo, centro del cosmo e della storia’, per ripetere le parole che nessun cristiano di ogni tempo potrà mai dimenticare, quelle di San Giovanni Paolo II. Siamo sfidati sulla fede! la Chiesa rischia invece di guardare da un’altra parte, come dice Papa Francesco, e di disperdersi, di disorientarsi, nel tentativo affannoso di rispondere a tutti i problemi che l’eccezionale e grave momento della storia della società propone. Che non è soltanto (come tutti dicono, perché la gente quando parla e gli intellettuali, si fermano all’ovvio) il problema vero della povertà materiale. Il problema è la povertà morale e umana di questa umanità, che non ha più punti di riferimento sostanziali e decisivi per affrontare la propria vita quotidiana. Non ha criteri per valutare i grandi problemi della propria esistenza, che molte volte si pongono senza che noi vogliamo; che non ha criteri per fare le scelte sostanziali della propria vita: anche le scelte vocazionali, professionali, si fanno secondo l’unico criterio, che è quello dell’interesse immediato.

Quando l’indimenticabile Cardinale Giacomo Biffi parlò di Bologna (cioè di un pezzo enorme della società italiana ) come di una “società sazia e disperata” certamente anticipava la situazione in cui viviamo, con la sola differenza che la sazietà è meno presente di allora, forse è mal distribuita: oggi è una società meno sazia, ma non meno disperata, perché non ha più quei criteri fondamentali della vita che – come dice Paul Claudel nell’indimenticabile ‘Annunzio a Maria’ – sono quei criteri che ti consentono di mangiare in pace il tuo pane e di bere il tuo vino e di affrontare le circostanze dell’esistenza in modo responsabile e dignitoso.
Io credo che la Chiesa, sfidata sulla fede, deve dare coralmente una grande testimonianza di fede: da chi guida la Chiesa per mandato e per autorità Divina, in comunione con quel Collegio Episcopale che è seguito al collegio Apostolico, che è parte essenziale della vita della Chiesa e che non può essere né sottaciuto ne relativizzato. Da colui che guida la Chiesa in comunione con i suoi fratelli Vescovi, ad ogni singolo cristiano; sfidati sulla fede noi diciamo che la fede vale più della vita!

(…) Noi non possiamo limitarci a dire che l’umanità ha tanti problemi da risolvere e che noi ci apprestiamo ad aiutare a risolverli, in parte perché non siamo così sprovveduti da pensare che noi potremmo risolvere tutti i problemi materiali, economici e sociali. Noi dobbiamo dimostrare che la fede, svolgendosi nella nostra vita e diventando testimonianza, è capace, sulla base dell’annuncio di Gesù Cristo, di arrivare a tutte le conseguenze della vita personale, della vita familiare, della vita sociale, della vita nazionale e internazionale.

(…) Il mondo d’oggi è questa gente che ci vive accanto, o che ad ondate viene accolta (per la mitezza e la generosità del nostro popolo) con non pochi sacrifici nelle nostre strutture abitative. A questa gente che cosa dobbiamo dire come Chiesa? ‘Arrangiatevi, rifocillatevi e andate in pace?’ Dobbiamo dire che c’è Gesù Cristo che li attende e li aspetta! Di cui sono bisognosi anche se non lo sanno e perciò la nostra prima preoccupazione, il respiro ampio della nostra vita è annunciare Cristo.
Io sono rimasto scandalizzato dalla sottolineatura della necessità dell’accoglienza che non facesse mai riferimento al fatto che quella accoglienza doveva essere motivata in noi e animata da una volontà missionaria, da una volontà di comunicazione di Cristo.

(…) Perché noi abbiamo la precisa convinzione, guardando noi stessi e partendo da noi stessi, che la vita umana non è vita se non c’è la presenza di Cristo. Come ricorda s. Giovanni Paolo II nella Redemptor Hominis al n. 10: «L’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo – non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere – deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso».

(…) Dopo l’annunzio la responsabilità più grande che l’uomo è chiamato a svolgere è quella dell’educazione: la Chiesa è ‘Mater et Magistra’. Occorre che la Chiesa ritorni a svolgere, a educare i cristiani alla grandezza e alla novità della fede ed eserciti una funzione in qualche modo educativa nei confronti di tutti gli uomini, perché vengano aiutati a recuperare la grandezza della propria esperienza umana, ‘Il mestiere duro d’esser uomo’ come faceva riferimento un grande della letteratura, Pavese.

(…) Credo che la Chiesa, di fronte a queste sfide, debba interiorizzarle adeguatamente, debba viverle con totale umiltà ma in modo inesorabile; se non saremo inesorabili a seguire la vocazione, il mandato che Dio ci ha dato, difficilmente l’ultimo giorno potremo sostenere lo sguardo del nostro Popolo, come mi ricordava molto spesso il Cardinal Biffi: il popolo sarà alla destra del Signore che giudica, perché alla destra del Signore non ci saranno né i guru della cultura laicista né i direttori delle grandi testate nazionali, né i direttori delle Reti televisive. Accanto al Signore che ci giudica ci sarà il nostro popolo, che ci giudica. E questo (dopo il giudizio di Dio) è quello che bisogna temere di più.

La Chiesa con il suo episcopato deve riaffermare quanto ha detto la Madonna a Fatima che l’attacco alla Chiesa è attacco alla famiglia, attacco alla vita e alla sua misteriosità, alla sua intangibilità, al suo non essere a disposizione se non di Dio, e quindi meno che mai della scienza. È fondamentale non essere assenti dalle grandi questioni che caratterizzano la vita della nostra società, mentre il mondo dà la sua preferenza a quelli sicuramente silenziosi, oppure a coloro che, quando parlano, parlano in linea col pensiero unico dominante.

(…) Io non credo che dobbiamo avere nell’occhio della nostra coscienza quel che il mondo dice di noi: dovremmo avere nell’occhio della nostra coscienza quello che Cristo ci chiede e che il popolo ha il diritto di aspettarsi da noi: l’educazione alla verità, alla libertà, alla responsabilità e alla missione. (…) Sostanzialmente agli uomini di chiesa tocca la responsabilità di una presenza paterna, fatta di amore alla verità ed educazione del popolo. Per vivere in modo sempre inadeguato questo compito occorre l’aiuto di Maria alla quale ci affidiamo con fiducia totale. ‘Totus tuus’”.

+Mons. Luigi Negri
Arcivescovo emerito di Ferrara e Comacchio

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