Omelia del 25/10/2020, Mons. Munilla, vescovo di San Sebastián, Paesi Baschi, Spagna, nella traduzione di Angela Comelli. Il video dell’omelia la trovate qui.

 

mons. Jose Ignacio Munilla, vescovo di San Sebastian
mons. Jose Ignacio Munilla, vescovo di San Sebastián

 

 

Cari fratelli,

permettetemi  di dedicare oggi nell’omelia qualche parola per contestualizzare la situazione che stiamo vivendo .

Oggi è domenica , si è riunito il Consiglio dei Ministri, il presidente del Governo ha annunciato l’attuazione di un nuovo Decreto di Emergenza, della durata di sei mesi che sarà condotto sostanzialmente dalle Comunità Autonome.

In primo luogo dobbiamo dire, da parte della Chiesa, che accogliamo questa decisione con senso di responsabilità e desiderio di collaborazione con le Amministrazioni, qualunque amministrazione sia competente in ogni momento.

Voglio sottolineare ed evidenziare una cosa.

Questa stessa settimana, noi vescovi dei Paesi Baschi ci siamo messi in contatto con le autorità sanitarie del governo basco e abbiamo chiesto loro, esplicitamente, se, tra tutte le indagini fatte in questi mesi,  si sia mai giunti ad individuare un focolaio di contagio in ambito liturgico o cultuale delle chiese. La risposta che ci hanno dato è stata inequivocabile: tra tutte le indagini fatte, tra tutti i contagi presi in esame, non si è mai individuato alcun focolaio in una chiesa, in ambito liturgico o cultuale.

Mi sembra importante riaffermare questo: nemmeno uno in tutti i Paesi Baschi!

Voglio dire, pertanto, grazie a Dio,  che le chiese, per come stiamo operando, non costituiscono luoghi rischiosi, anzi, paradossalmente, sono altri i luoghi rischiosi come le proprie case o altri ancora. Lo dico anche per trasmettere la pace e la fiducia di cui, credo, tutti abbiamo bisogno. Sono dati importanti, confermati questa stessa settimana: in tutta la gestione della pandemia, realizzata dal governo basco, nemmeno un caso di contagio è stato trovato in un contesto di culto o liturgia. Perciò credo sia importante che abbiamo senso di responsabilità, ma che non confondiamo la prudenza con la paura, l’ansia con il panico, le fobie,  le ossessioni che si stanno generando. Prudenza si, panico e paura, no!

Nelle priorità pastorali che la Diocesi  ha considerato per quest’anno, 2020-21, abbiamo detto esplicitamente che è nostro obiettivo adattare la pastorale ordinaria a queste nuove esigenze, facciamo tutti gli sforzi per portar avanti le nostre priorità pastorali, adattandole. Adattare non vuol dire posporre, relegare, tanto meno sospendere, mettere la sordina all’intensità della nostra proposta evangelizzatrice , ancora meno vuol dire silenziare la voce profetica del Vangelo o la dottrina sociale della Chiesa.

No, adattare non è nulla di tutto questo, è un’altra cosa.

E, di fatto, prestate bene attenzione, molte altre attività non hanno rallentato.

Anzi , disgraziatamente aggiungerei io, hanno accelerato. Ad esempio, mentre sta succedendo tutto ciò e la pandemia si sta diffondendo, nel parlamento spagnolo si stanno discutendo le Leggi sull’eutanasia e sul suicidio assistito. E questo non si è fermato né ha rallentato.  Si sta anche discutendo una legge sull’educazione in cui si elimina il diritto alle istanze educative  dei genitori, in cui il diritto alla libertà di educazione viene ridotto in maniera molto grave,  e si annuncia l’ampliamento della legge sull’aborto perché le adolescenti possano abortire senza che i genitori lo sappiano. Tutto ciò non si è fermato!

E qualcuno mi spiegherà che urgenza sociale abbiano tutte queste misure , in tempo di pandemia. Per questo , voglio insistere, la evangelizzazione non è secondaria, è prioritaria.

Il compito di evangelizzazione della Chiesa non si può posporre, l’esercizio della libertà religiosa è un diritto fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione.

Persino durante la prima ondata di coronavirus, in marzo, con la dichiarazione dello Stato di emergenza, si riconosceva il permesso di continuare a celebrare pubblicamente la liturgia. Fummo noi che, non conoscendo le dimensioni esatte della  pandemia e come si diffondesse ,  in modo prudenziale, decretammo che, per un periodo di tempo, non si celebrasse il culto in modo pubblico. Fu una misura della Chiesa, il decreto non avrebbe potuto sospendere un diritto fondamentale.

Pertanto, una volta che abbiamo constatato che siamo di fronte ad una pandemia che può essere affrontata con le adeguate misure di precauzione senza che si interrompa la vita pastorale della Chiesa, in questa seconda ondata andiamo avanti con tutte le conseguenze: con tutte le misure di prudenza , ma senza lasciare di dare priorità al compito di evangelizzazione della Chiesa.

In più, nella storia della Chiesa, i tempi di pandemie, non solo non sono stati momenti in cui  le attività della Chiesa siano rimaste paralizzate, ma, al contrario, pagine d’oro sono state scritte in situazione di emergenza come questa.

Ricordiamoci dei nostri predecessori: fecero di queste grandi crisi l’occasione di testimoniare la carità di Cristo, di dare una parola di sollievo e speranza. Oggi più che mai risuona la parola di San Paolo : “Guai a me se non predicassi il Vangelo!”

In questo tempo, più che mai, il mondo ha bisogno di una speranza: se ci sono tanto panico, ansia e fobie è proprio perché manca una speranza, la speranza in Cristo, la fiducia in Lui.

Come all’inizio di questa pandemia, durante la prima ondata, noi vescovi dei Paesi Baschi  e della Navarra abbiamo scritto una lettera pastorale con il titolo “Le Beatitudini in tempo di pandemia”, che credo sia servita per la riflessione, se Dio vuole, la prossima domenica, 1 novembre, noi vescovi  della provincia  ecclesiastica di Pamplona, cui appartengono San Sebastián, Logroño e Jaca,  pubblicheremo una lettera intitolata “La sfida della solitudine”. L’abbiamo pensata  a partire dal momento presente perché questa situazione ha lasciato allo scoperto la gran vulnerabilità delle persone che vivono in solitudine, ha lasciato allo scoperto che nel nostro sistema la maggior parte degli anziani  è accolta negli istituti e questo li lascia in una situazione di terribile solitudine. La solitudine può essere una situazione in cui l’animo umano viene assolutamente tentato perché siamo esseri sociali.

E’ una grande sfida, la sfida della carità cristiana , soprattutto la comunione, l’esercizio della comunione.  La nostra solitudine deve essere abitata, abitata da Dio perché siamo tempio di Dio e abitata dal ministero della consolazione: che tra di noi ci aiutiamo e ci consoliamo mutuamente. Presenteremo, se Dio vuole, questa lettera pastorale la prossima domenica, io la presenterò anche alla stampa, se possibile, la sgraneremo a poco a poco a Radio Maria e nel canale diocesano di youtube. La presenteremo pian piano, vi invito ad immergervi in essa perché è una grande sfida: la grande sfida di come, in  questa pandemia capiamo che la solitudine richiede una grande maturità perché sia vissuta senza deteriorarci. Siamo chiamati ad essere consolatori dei nostri fratelli, uno dell’altro, bisogna portare avanti il mistero della comunione. Questo è ciò che volevo dirvi. Riaffermiamo il nostro impegno con la  evangelizzazione, di responsabilità verso tutte le norme che le autorità ci indicano e andiamo avanti, prendiamo il largo, andiamo avanti in questa situazione in cui Dio ci dà, senza alcun dubbio, opportunità di testimoniare il primato della carità, il primato della fede, il primato della speranza.

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