Luciano Moia, giornalista di Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, è veramente spettacolare. Per schierare il giornale contro le messe di riparazioni fa un articolo (qui) che è “contro”. Il titolo dell’articolo è il seguente: “Vescovi e Gay pride. Mai la preghiera può essere «contro»”. Certo, il titolo potrebbe essere non opera sua, ma il contenuto sì.
Moia fa un pezzo in cui classifica in maniera pregiudizialmente “contro” coloro che prendono parte ad un rosario o ad una messa di riparazione. Per carità, dice Moia, saranno anche animati da buone intenzioni, ma con quelle iniziative si rischia di finire “per prendere strade che non c’entrano nulla con la preghiera e con una comprensione equilibrata e serena della vita delle persone omosessuali. Schierarsi ‘contro’ all’iniziativa in sé, oltretutto invocando l’aiuto unilaterale di Dio, rischia di alimentare solo incomprensioni, pregiudizi e atteggiamenti di chiusura. (…) rischiando di allontanare ancora di più i cattolici con orientamento omosessuale”.
Da notare: assenza di “comprensione equilibrata e serena della vita delle persone omosessuali”, errata invocazione dell’”aiuto unilaterale di Dio”, “alimentare solo incomprensioni, pregiudizi e atteggiamenti di chiusura”, e poi la ciliegina sulla torta “rischiando di allontanare ancora di più i cattolici con orientamento omosessuale”.
Come se Qualcuno ci avesse dato per la nostra vita l’esclusivo e prioritario compito di stare attenti a che il cancello dell’ovile rimanga sempre e comunque rigorosamente chiuso, e non, invece, quello di testimoniare la verità NELLA carità.
Poteva mancare il “ponte”? Certamente no. Moia ha un solo obiettivo, quello di “stringersi la mano a metà del ponte”. Attenti! Proprio a metà del ponte, non un centimetro prima della metà, non uno più in là. Semmai doveste sforare, significherebbe che siete perdutamente “contro” qualcuno. Ed allora giù con le condanne: “Pregare – anche implicitamente – ‘contro’ qualcuno o ‘contro’ qualcosa è scelta di presunzione spirituale, illusione farisaica, espressione di un giudizio morale superficiale e quindi proposito che contraddice il Vangelo”.
E mamma mia! E che sarà mai! Addirittura il giudizio di “illusione farisaica”! In fin dei conti si sta parlando di un rosario, di una messa. Del resto, il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1414, ci dice che «In quanto sacrificio, l’Eucaristia viene anche offerta in riparazione dei peccati dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spirituali o temporali». Certo, si deve tenere chiaramente in mente che il miglior atto riparatorio nei confronti di Dio è la nostra conversione personale. Senza però dimenticare che si può e si deve pregare anche per la conversione di tutti i popoli della terra, perchè: «Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (Ez 33, 11).
La verità è un’altra. Per Moia una messa di riparazione si configura necessariamente come un “giudizio preventivo sulle coscienze”, una mancata ricerca del “bene possibile in quel determinato momento”, ed una implicita dimenticanza del passo della Amoris Laetitia (letto a modo suo però) che dice che anche le persone omosessuali «realizzino il disegno di Dio nella loro vita» (Al 250).
Con questi presupposti, non è un caso che il giornalista dell’Avvenire, Luciano Moia, sia molto seguito da certi ambienti omosessuali, si veda, ad esempio, cinemagay.it (qui).
Ma se fino ad ora la gran parte dei pastori ha evitato (per quieto vivere? per paura? per “dialogo”, per ….) di prendere una posizione rispetto a queste manifestazioni, alcuni di essi hanno invece implicitamente preso le distanze dalle preghiere di riparazione. Tanto che ottenere l’autorizzazione ad usare una chiesa per recitare un semplice rosario di riparazione è diventato quasi impossibile. Autorizzazioni prima date vengono di punto in bianco revocate. Vince la paura di essere additati come “peccatori” di omofobia. Tanto che, dopo tante insistenze, e se si è “miracolati”, si riesce ad avere l’autorizzazione all’uso di una chiesetta, purché sia in periferia, della quale autorizzazione non si sappia in giro, e sia possibilmente fuori dal raggio di azione dei radar dei “gaypridisti”.
Ma come sta avvenendo per la questione dell’immigrazione, anche per quella del giudizio pubblico sui gay pride, e sulla conseguente preghiera di riparazione, cominciano a levarsi voci di vescovi “coraggiosi” che non accettano il mainstream del politicamente corretto sbandierato (suggerito?) da Avvenire. Il risvolto positivo è che i fedeli prendono coscienza dell’esistenza di un “altro giudizio”, diverso da quello di Avvenire, su alcuni avvenimenti che stanno accadendo nella società contemporanea.
A questo punto deve essere chiaro che se ci sono alcuni pastori che la pensano, legittimamente, in un modo, è anche vero che ci sono altri che, altrettanto legittimamente, la pensano in maniera diversa, e lo dichiarano pubblicamente. Per questo, però, non devono essere additati come affetti da “illusione farisaica”.
Una di queste voci è quella del vescovo di Imola, mons. Tommaso Ghirelli che, dopo il gay pride che si è svolto in quella città, ha pubblicato sul sito della sua diocesi il comunicato per la celebrazione di una messa di riparazione. Sì, avete letto bene, proprio una messa di riparazione. Eccolo in maniera integrale:
Contro le offese una messa di riparazione al Suffragio
La manifestazione di sabato 21 luglio ha visto sfilare dalla stazione di Imola a piazza Matteotti un corteo di donne, uomini e alcuni bambini che hanno inneggiato alla libertà di espressione sessuale. Tra i cartelli spiccava la bandiera arcobaleno con la scritta Pace. Molti slogan lanciati hanno contraddetto quella scritta: incitazioni a odiare una forza politica, insulti alle forze dell’ordine, ripetute luride bestemmie in piazza Matteotti.
La Diocesi di Imola deplora con forza il comportamento di chi in nome della libertà calpesta la libertà degli altri, offendendoli nelle loro convinzioni più profonde.
I cattolici non temono le offese e pregano per i loro offensori, ma non accettano di confondere la libertà con la prepotenza e l’arroganza.
Andrea Ferri – Portavoce della Diocesi di Imola
Domenica 29 luglio alle 10.30 si terrà una messa di riparazione nella chiesa del Suffragio di Imola, celebrata da don Giuseppe Giacomelli.
di Sabino Paciolla
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