Foto: mons. Bruno Forte

Foto: mons. Bruno Forte

Per caso mi è capitato tra le mani un articolo di Vatican Insider, quello del 13 ottobre 2014, nel quale vengono riportate le parole di mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo straordinario sulla famiglia, quello che precedette quello ordinario da cui venne fuori l’Amoris Laetitia.

Quando si leggono degli scritti a distanza di tempo, dopo che sono accaduti tanti eventi successivi, quegli stessi scritti assumono una luce diversa. Molte cose diventano improvvisamente più chiare.

Il 20 giugno dell’anno successivo, il 2015, come si ricorderà, ci fu il Family Day di piazza San Giovanni. Ed il 30 gennaio dell’anno successivo, il 2016, ci fu il secondo Family Day al Circo Massimo con almeno un milione di persone. Eppure Renzi e la Cirinnà andarono avanti come degli schiacciasassi, incuranti di tutte quelle famiglie, fecero approvare la legge sulle unioni civili che, a parte l’adozione e l’obbligo di fedeltà, non previsti, sono in tutto e per tutto uguali al matrimonio eterosessuale. Perché?

A rileggere le parole di mons. Bruno Forte non è difficile pensare che non potesse che andare così.

Infatti, mons. Bruno Forte, in quanto segretario speciale del Sinodo, in sala stampa, durante il briefing, disse:

La Chiesa non condivide che la stessa terminologia ‘famiglia’ possa essere indifferentemente applicata all’unione fra un uomo e una donna, aperta alla procreazione, e all’unione omosessuale. Detto questo, mi sembra evidente che le persone umane coinvolte nelle diverse esperienze hanno dei diritti che devono essere tutelati. Dunque il problema è anzitutto non la equiparazione tout court, anche terminologica, ma naturalmente questo non vuole affatto dire che bisogna allora escludere la ricerca anche di una codificazione di diritti che possano essere garantiti a persone che vivono in unioni omosessuali. E’ un discorso – credo – di civiltà e di rispetto della dignità delle persone”.

Capite? A parte il siparietto iniziale che “la Chiesa non condivide la stessa terminologia ‘famiglia’….bla bla bla….”, alla fine, però, Forte conclude dicendo che occorre riconoscere i diritti alle persone che vivono in unioni omosessuali. Anzi, bisogna farlo perché è un “discorso di civiltà e di rispetto della dignità delle persone”.

Se così fosse, qualcuno potrebbe trarre la conseguenza logica che coloro che si sono mossi nei due anni successivi per i due Family Day, cioè coloro che non volevano la codifica legislativa delle unioni civili, non erano altro che persone “incivili” ed “irrispettose” della dignità altrui. Sono sicuro che non fosse questo il pensiero di mons. Forte.

E Renzi e la Cirinnà? Beh, con quelle parole dette dal segretario speciale del sinodo, scelto personalmente e direttamente da Papa Francesco, con quell’endorsement che veniva dagli alti gradi della Chiesa potevano mai fermarsi? Certamente no. Renzi e la sua sodale Monica Cirinnà, di tutta quella moltitudine di gente in piazza, come si suol dire, se ne impiparono ampiamente. A quel popolo fecero il famoso gesto dell’ombrello, lo stesso fatto da Alberto Sordi nel film “I vitelloni”.

Inoltre, sempre durante quel briefing, un giornalista chiese a Forte se vi fossero semi del Verbo e elementi di santificazione e verità presenti anche fuori dal matrimonio tradizionale, comprese le convivenze omosessuali. La risposta di mons. Forte fu emblematica:

“Mi sembra che l’atteggiamento del documento – ha risposto l’arcivescovo di Chieti – va nel senso di cogliere il positivo dovunque si trovi, e ce n’è certamente. Tagliare con l’accetta è facile, discernere e valorizzare tutto il positivo, anche in queste esperienze, credo sia un esercizio di onestà intellettuale e carità spirituale”.

E dunque, se riconoscere i diritti delle coppie omosessuali è “segno di civiltà e rispetto della dignità umana”, se riconoscere nelle coppie omosessuali semi di verità e santificazione è segno di “onestà intellettuale e carità spirituale”, mi chiedo allora che senso abbia prendersela con il povero vescovo tedesco Franz-Josef Bode, vicepresidente della Conferenza Episcopale Tedesca, quando qualche mese fa ha proposto di benedire le coppie omosessuali. Dice infatti Bode: “ormai sono un fatto: visto che c’è molto di positivo, buono e corretto in questo, perché non considerare non una messa, ma almeno una benedizione?”.

Ed arriviamo così ai nostri giorni. Ad ottobre prossimo c’è il Sinodo dei Giovani. Nell’Instrumentum laboris spuntano per la prima volta nella storia della Chiesa le parole “giovani LGBT”. A molti è sembrata una mano tesa ad un certo mondo. Sorpreso, qualche giornalista chiede al card. Baldisseri come mai quelle parole. Baldisseri risponde che ad utilizzarle sono stati i giovani nel loro documento stilato al termine della riunione pre-sinodale: “Ci hanno fornito un documento e noi lo abbiamo citato”. Peccato che alcuni sono andati a spulciare e verificare, peccato che quelle parole non vi fossero affatto.

Infine, il mese prossimo, in Irlanda, si celebrerà l’Incontro Mondiale delle Famiglie. Tra gli altri relatori è stato invitato anche il padre gesuita Martin a parlare di LGBT, colui che in una intervista ha detto che le coppie omosessuali a messa, allo scambio del segno della pace, dovrebbero anche baciarsi.  

Che dire? Che Dio ce la mandi buona.

 

Di Sabino Paciolla

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