di Gianni Silvestri
Rifletto sulla recente omelia del Papa, al brano del Vangelo della “Domenica della Misericordia”, nel quale Giovanni narra il noto episodio della incredulità di Tommaso sulla resurrezione del Maestro, (appena apparso a tutti gli altri apostoli riuniti nel cenacolo).
Il Papa osserva: “…Che cosa fa Gesù davanti a questa incredulità timorosa? Ritorna, si mette nella stessa posizione, «in mezzo» ai discepoli, e ripete lo stesso saluto: «Pace a voi!» (Gv. 20,19.26). Ricomincia da capo. La risurrezione del discepolo inizia da qui, da questa misericordia fedele e paziente, dalla scoperta che Dio non si stanca di tenderci la mano per rialzarci dalle nostre cadute. Egli vuole che lo vediamo così: non come un padrone con cui dobbiamo regolare i conti, ma come il nostro Papà che ci rialza sempre. Nella vita andiamo avanti a tentoni, come un bambino che inizia a camminare, ma cade; pochi passi e cade ancora; cade e ricade, e ogni volta il papà lo rialza. La mano che ci rialza sempre è la misericordia: Dio sa che senza misericordia restiamo a terra, che per camminare abbiamo bisogno di essere rimessi in piedi.
E tu puoi obiettare: “Ma io non smetto mai di cadere!”. Il Signore lo sa ed è sempre pronto a risollevarti. Egli non vuole che ripensiamo continuamente alle nostre cadute, ma che guardiamo a Lui, che nelle cadute vede dei figli da rialzare, nelle miserie vede dei figli da amare con misericordia….” (papa Francesco Roma 19.4.20).
Mi permetto di proseguire la lettura ed il commento della parte seguente, pur letta Domenica, per comprendere meglio la dinamica della infinita Misericordia di Dio.
Appare infatti necessario chiarirla, in quanto oggi vari commenti (personali o sui social) mostrano un rilassamento eccessivo nei comportamenti, sul pressupposto: “che, tanto Dio perdona sempre”, oppure “ basta giudicare, la Sua misericordia è più grande del mio peccato “ e via discorrendo, quasi che la Misericordia di DIO sia non solo Gratis (la radice della parola viene appunto da Grazia), ma applicata “d’ufficio”, in automatico, a prescindere persino dalla richiesta. Ragionando egoisticamente, per tutti noi sarebbe un grande affare ritenerla “un’amnistia generalizzata”, ma se così non fosse? sarebbe saggio correre un rischio… eterno?
Giovanni, unico tra gli evangelisti che riferisce l’episodio, prosegue e precisa: “Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!»”.
Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!».” (Gv 20, 27).
Riflettiamo su alcune circostanze:
1) Tommaso pur non credendo- né ai suoi amici, né alla loro testimonianza sulla resurrezione di Gesù- la settimana seguente decide di recarsi nel cenacolo (e ricordiamo che all’epoca i discepoli si nascondevano perché ricercati dagli ebrei e quindi rischiavano negli spostamenti).
2) Gesù non tralascia l’episodio della incredulità di Tommaso, non fa finta di niente (in fondo poteva considerarla una disputa interna tra i suoi apostoli…). No: Gesù non rinuncia alle occasioni di crescita dei suoi e quindi si rivolge direttamente a Tommaso e “lo sfida” nella sua incredulità, lo invita proprio a mettere le mani nelle sue ferite (stigmatizzando la precedente “sfida” del discepolo nella settimana precedente “se non metterò il dito nelle sue piaghe…non crederò”).
3) Non solo: Gesù ammonisce Tommaso: ” Non essere più incredulo, ma credente” proprio per suscitare un suo pentimento e la sua conversione.
4) Tommaso non rimane indifferente, ma con sole due parole mostra di aver capito “la affettusa lezione”: rispondendo:“Mio Signore e mio Dio!”.
5) Ma Gesù di fronte alla confessione di fede, non rinuncia ad un ulteriore passo avanti per i suoi (ma soprattutto per noi): “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”. (Gv. 20, 19-25).
Una misericordia quindi che ammonisce, che richiede una presa di coscienza del proprio errore, che stimola una conversione del cuore, che porta a riconoscere la signoria di Cristo.
E’ questo lo stile che Cristo mostra in tante altre occasioni.
Nello splendido episodio della lapidazione dell’ adultera colta in flagrante, egli non si ferma alla legge di Mosè, (legittimamente gli Ebrei pretendevano di metterla a morte), ma la supera con quella della Sua misericordia, e non si ferma qui:
A) pone la famosa domanda ai presenti:”chi tra voi è senza peccato scagli la prima pietra”, per farli riflettere sul loro comportamento. Egli non è venuto “per condannare, ma per salvare”, per cui ha a cuore anche la vita degli improvvisati lapidatori (come di ogni altro peccatore).
B) Difatti i presenti, avendo compreso anche il loro stato di peccato, lasciano cadere la pietra, pentiti della loro “foga giustizialista” (tema ancor oggi attuale e comune a tanti).
C) Cristo, dopo aver ammonito ed ammaestrato la piccola folla, non rinuncia nemmeno ad un rapporto personale con la peccatrice, alla quale si rivolge con Misericordia, ma con altrettanta precisione per indicarle la strada. “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più“(Gv. 8, 1-11).
La Misericordia di Cristo non cambia il male in bene, ma al contrario chiede il riconoscimento del proprio peccato e l’impegno di abbandonarlo, di cambiare strada, di convertirsi e tornare a Dio. La stessa pedagogia la ritroviamo nella Parabola del Padre Misericordioso (così meglio definita, rispetto alla precedente indicazione “del figliol Prodigo). Anche in questa occasione il Padre Misericordioso:
A) rispetta la libertà del figlio minore, (pur immaginando che per la sua immaturità, possa sbagliare);
B) Nonostante il trascorrere del tempo dalla sua partenza, non manda i suoi servi o il suo fratello a cercarlo.
C) Egli aspetta che sia il figlio a maturare, a prendere la sua decisione, ad abbandonare la vita errante per ritornare da Lui.
D) Solo dopo questa sue scelte, gli corre incontro e lo abbraccia e lo accoglie, manifestandogli il suo amore e la sua gioia, (così come continua ad amare il figlio maggiore, che ha una visione legalistica e poco misericordiosa della vicenda).
Questi episodi del Vangelo, ci mostrano che la Misericordia del Signore è sempre esistita non è un prodotto nuovo da diffondere, quasi una nuova strategia di marketing, ma nonostante questa Misericordia sono tanti i mistici ci mostrano un inferno molto frequentato. E’ un caso se la stessa Madre di Dio in tutte le recenti apparizioni parla dell’Inferno, anzi lo fa visitare ai veggenti (sia a Lourdes, sia a Fatima, come a Medjugorje)?. In tema di Misericordia lo stesso Cristo non risparmia a suor Faustina questa terribile esperienza nel 1936, come Ella racconta nel suo diario: “Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell’Inferno. È un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l’inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi della coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l’anima, ma non l’annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale, acceso dall’ira di Dio; la quinta pena è l’oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l’odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie» e dopo tante altre descrizioni. Ella precisa:”Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun’anima si giustifichi dicendo che l’inferno non c’è, oppure che nessuno c’è mai stato e nessuno sa come sia». .
Ed ancora Santa Faustina precisa.” Udii nel mio intimo una voce che disse: ‘La mia Misericordia non vuole questo, ma lo esige la giustizia’ :
Non esisteva per questi dannati la Misericordia del Signore?
Evidentemente esisteva (e da sempre, visti i tanti episodi del Vangelo), ma il vero problema è che l’uomo spesso non si riconosce in errore, non si pente e non ritiene quindi di dovervi ricorrere. Ad ulteriore chiarimento è opportuno meditare su quanto scrive lo stesso San Giovanni Paolo, devoto di S. Faustina (che proclamò santa nel 2000) e, come Lei, convinto della infinita misericordia di DIO, tanto da istituire nel 1992 la Festa della Divina Misericordia in esecuzione della richiesta di Cristo stesso alla santa (reiterata per ben 14 volte). Egli scelse la prima domenica dopo Pasqua proprio per esaltare il collegamento della Misericordia con Cristo e con il mistero della sua morte e resurrezione.
Nell’enciclica “Dives in Misericordia” San Giovanni Paolo sin dal 1980 precisa :
“Una così generosa esigenza di perdonare [da parte di Dio] non annulla le oggettive esigenze della giustizia. La giustizia propriamente intesa costituisce, per così dire, lo scopo del perdono. In nessun passo del messaggio evangelico il perdono, (e neanche la Misericordia come sua fonte), significano indulgenza verso il male, verso lo scandalo, verso il torto o l’oltraggio arrecato. In ogni caso, la riparazione del male e dello scandalo, il risarcimento del torto, la soddisfazione dell’oltraggio sono condizione del perdono”
Sappiamo che Cristo morendo sulla Croce ha pagato per noi, ha riparato con il Suo sangue l’ingiustizia dei nostri peccati, si è offerto come vittima al Padre (ed ancora oggi, in sacrificio si offre ad ogni Messa), ma questo ci ricorda che bisogna tornare a Lui per ottenere la Sua Misericordia, (se invece essa fosse riservata a chiunque, a prescindere dal rapporto con Cristo, il Suo sacrificio non sarebbe stato necessario, sarebbe stato in fondo inutile. Egli invece è, e resta la Via, attraverso di Lui si giunge ad ottenere la salvezza dal Padre. Cristo ci ha rassicurato che il Padre ci aprirà sempre la Sua porta, ma a noi è chiesto di riconoscerlo, di cercare, di chiedere, di bussare: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! (Mt. 7, 7-14).
Lo chiarisce ancora Sant’Agostino, il grande Dottore della Chiesa, precisando:
”Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi” (Sermones, 169). E’ l’unica “debolezza” che Dio si è auto-imposto: l’estremo rispetto della nostra liberta’.
Facciamone buon uso, perché persino la Sua Misericordia, non può farne a meno.
In pace
Grazie per il bel commento. Solo un appunto, per rendere giustizia alla Parola di Dio: quando ha citato l’episodio giovanneo sull’adultera, lei ha menzionato la pena comminata (lapidazione) come “legge di Mosè”.
Per dir la verità se apre Levitico 20,10 troverà che quella clausola non è di Mosè ma di Dio.
Non capisco, infatti, perchè la chiamate ‘legge di Mosè’ quando è promulgata dalla Parola di Dio, quindi da Dio stesso.
Ma perchè questa precisazione è importante? Perchè essendo Parola di Dio, Gesù stesso non la contraddice. Noti: alla richiesta se era giusto lapidare l’adultera, Gesù non risponde di no. Avvalla anzi la ‘pena di morte’ per un reato così grande che Dio stesso lo reputa reo di morte!
Se Gesù fosse stato contrario alla pena di morte avrebbe detto che non era lecito uccidere… nemmeno l’adultera.
Invece dice che è lecita…ma che la applichi chi è senza peccato. Le torna?
Concordo nella sostanza della osservazione e chiarisco di ritenere le due espressioni concidenti nella sostanza (Mosè sul Sinai ricevette la legge da Dio, ma è considerato il legislatore di Israele).
La coincidenza rinviene anche dalla stessa domanda posta a Gesù nel brano evangelico: ” Mosè nella legge ci ha comandato di lapidare….”
Questa sostanziale “coincidenza” o interscambiabilità letteraria tra Autore Divino ed umano la ritroviamo tra l’altro anche nella stessa Liturgia.
Si comincia con l’indicare l’autore umano ( lettere di S. Paolo e/o altri) si finisce per riconoscerla “Parola di Dio”.
Sull’eventuale superamento della legge mosaica a cui fa riferimento Gesù fu chiaro quando gli chiesero espressamente la possibilità del ripudio della moglie:
” Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico…..:Mt 19, 3-12).
In sintesi rItengo che non venga disconosciuta la parte precettiva della Legge Mosaica, ma solo quella sanzionatoria.
Naturalmente la questione meriterebbe approfondimenti in ben altra sede.
La ringrazio dell’intervento e dell’apprezzamento e mi auguro di risentirla presto.
Gianni Silvestri