Matteo Renzi al Thai-Italian-business-summit di Bangkok
Matteo Renzi al Thai-Italian-business-summit di Bangkok

 

 

di Michael Galster

 

Il 29 novembre 2022, a una conferenza a Bangkok, l’ex presidente del consiglio italiano Matteo Renzi conferma: “L’Ucraina rifiutò il patto di pace” e spiega: “Nel novembre 2014 organizzammo (i capi di governo UE sotto la presidenza di turno del capo di governo italiano, ndr) un vertice con Putin, Poroshenko (il predecessore di Zelensky alla guida dell’Ucraina, ndr), Merkel, Cameron e Hollande. Al termine di un gran lavoro diplomatico, offrimmo per il Donbass una soluzione simile a quella che risolse la questione del Sud Tirolo tra Italia e Austria: sarebbe rimasto dentro l’integrità dello Stato ucraino, ma avrebbe avuto una formula di indipendenza garantita da un accordo internazionale. Putin disse sì, Poroshenko disse no”. Renzi conclude: “la storia è complicata, bisogna ammettere che la situazione è più complessa di come appare”.

Questa notizia viene pubblicata sul giornale Il Fatto Quotidiano del 30 novembre 2022 e, tranne su alcuni siti internet, non compare su nessuno degli altri media italiani, quotidiani o TV che siano. Fake news? Notizia non vera, perché il Fatto Quotidiano, da sempre ostile a Renzi, vuole solo attaccarlo? Forse l’intento del Fatto Quotidiano sarà anche quello, ma l’informazione in sé è vera. In realtà Renzi ha fatto la stessa affermazione anche in altre circostanze, ad esempio in un podcast interno ad Italia Viva a maggio di quest’anno.  

L’informazione sul rifiuto della proposta di pace da parte dell’Ucraina data da Renzi è coerente con ciò che sarebbe accaduto successivamente negli otto anni degli accordi di Minsk. L’opinione pubblica e soprattutto quella pubblicata addebita la responsabilità del fallimento degli accordi di Minsk interamente alla Russia di Putin, aggirando il nucleo della questione: l’Ucraina sarebbe stata disposta a riconoscere i diritti fondamentali della minoranza etnica dei russi (uso della propria lingua nella sfera pubblica e autonomia)? Del resto, da nessuna parte del globo può esserci la pace se i diritti delle minoranze non sono riconosciuti, ciò non soltanto nel Donbas, i numero degli esempi è infinito. Il rifiuto della proposta di Renzi purtroppo non è rimasto un episodio isolato.  Gli accordi di Minsk II prevedevano che l’Ucraina si sarebbe dotata di una Costituzione federale e che avrebbe dialogato con le regioni separatiste del Donbas, al fine di conferirle, dentro i confini dello Stato ucraino, lo status di regioni autonome, in analogia a quanto venne fatto nel caso citato da Renzi, ossia dell’Italia in Alto Adige, ma anche in altre parti d’Europa e del mondo, ad esempio in Spagna con i Paesi baschi e con la Catalogna.

Proprio in quegli 8 anni in cui secondo gli accordi di Minsk II, l’Ucraina, che avrebbe dovuto sviluppare una proposta volta ad assicurare il rispetto dei diritti della minoranza russa, ha fatto l’esatto opposto. Con la legge n. 5670-b del 2019 ha vietato l’uso della lingua russa della vita pubblica (i dettagli più significativi si possono apprendere dalle ultime pagine del sole 24 ore online – leggi qui).  Così oggi non esiste più un solo quotidiano stampato in lingua russa, a partire dai 10 anni i ragazzi russofoni non possono più ricevere insegnamento curriculare in lingua madre, i commessi nei negozi sono soggetti a sanzioni quando per la seconda volta vengono scoperti di aver salutato un cliente in lingua russa. Questi fatti non sono rilevanti per i media. Nel caso di Matteo Renzi, i giornali preferiscono scrivere intere pagine su chi lui ha visto all’area servizio autostradale, cosa fanno i genitori, figli e cugini piuttosto su cosa egli abbia da dire sugli eventi che hanno preceduto la mattanza in Ucraina. Né il Corriere della Sera, né La Repubblica, né La Stampa, men che meno i TG hanno informato sul fatto che l’Ucraina non ha voluto accettare nessuna soluzione del conflitto interetnico nell’est del paese, in coerenza con i nostri valori democratici. Il fatto che l’Ucraina rifiutò la pace non è un’informazione rilevante? O non si deve dire perché propaganda russa, anche se vera? L’Ucraina, sin dalla rivoluzione del Maidan del 2014, persegue una politica volta alla realizzazione di uno Stato etnicamente pulito, in cui quindi nega sul piano culturale e linguistico il diritto di esistenza a una consistente minoranza etnica.

La Commissione Europea per la democrazia tramite il diritto nel 2017 e ancora nel 2019 (leggi qui) ha messo in chiaro che si trattava di politiche discriminatorie, in difformità con i valori democratici europei. Ha inoltre messo in guardia dai pericoli che potevano derivare da queste stesse politiche. Anche queste valutazioni, ben consultabili a tutt’oggi per ogni cittadino in grado di leggere, non hanno interessato e non interessano a chi presiede i mezzi di produzione culturale in Italia, così come in tutti i paesi della zona nordatlantica. Di conseguenza i cittadini non conoscono pressoché nulla di tali questioni, così come ne sa poco gran parte della classe politica. Si può supporre ad esempio, che addirittura Carlo Calenda sia in buona fede quando si esprime a favore della riconquista di tutti i territori abitati in prevalenza da russofoni/russofili/russi e occupati dall’esercito russo, che non sia consapevole che di fatto sarebbe corresponsabile della realizzazione di un progetto di pulizia etnica culturale. A tale riguardo la classe politica Ucraina ha già messo in chiaro che chi tra gli abitanti del Donbas e della Crimea non vuole rinunciare alla propria identità etnico-culturale russa dovrà lasciare il proprio paese, dove è nato lui, dove sono nati i suoi genitori e il più delle volte generazioni di suoi antenati.  

Il fatto che l’Ucraina, insistendo sul concetto di Stato monoetnico, abbia respinto strutturalmente ogni proposta di pace realistica non giustifica l’invasione russa. D’altro lato l’invasione russa non giustifica il programma di genocidio culturale che l’Ucraina vuole realizzare. Invadendo l’Ucraina, la Russia di Putin si è accollata un’immensa colpa. E chi, per usare le parole del papa, non ha voluto impedire la guerra, non è forse altrettanto colpevole? I media e le classi dirigenti in Occidente paiono caldeggiare la teoria di una lotta globale tra democrazie e sistemi autoritari, una lotta in cui questi ultimi minaccerebbero la nostra libertà. Minaccia che pare giustifichi l’uniformazione dell’informazione ai fini della guerra da combattere. Se invece la vera e più grande minaccia per i nostri valori in Occidente venisse proprio dall’interno delle nostre democrazie?

 


 

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