di Pierluigi Pavone
In nome di un’illusione romantica Manzoni poteva davvero credere nell’una gente che libera tutta, o fia serva tra l’Alpe ed il mare; una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor (Marzo 1821).
Immaginava i sabaudi oltre il Ticino e un Carlo Alberto improvvisato con una improvvisata Costituzione (Vittorio Emanuele I aveva abdicato e Carlo Alberto preso la reggenza al posto di Carlo Felice che era a Modena). In tre giorni scrisse l’ode, dedicata al poeta tedesco Körner. Le cose andarono molto diversamente, ma Carlo Alberto nel ’48 – sempre a marzo, come a marzo del ‘61 fu proclamato il Regno d’Italia – il tricolore, di giacobina e repubblicana fattura, lo sventolò davvero. E con ogni retorica la verità storica cedette agli eroici furori di ben altra guerra.
Persino Gramsci ebbe modo di criticare la retorica unitaria del Partito d’Azione, perché “confondeva l’unità culturale esistente nella penisola – limitata però a uno strato molto sottile della popolazione e inquinata dal cosmopolitismo vaticano – con l’unità politica e territoriale delle grandi masse popolari che erano estranee a quella tradizione culturale e se ne infischiavano dato che non ne conoscevano l’esistenza stessa”. In verità il popolo ignorava anche quella politica e territoriale. E lo continuò a fare fino alle Guerre Mondiali, al di là dell’altra retorica con cui Gentile nel 1925 presentò il fascismo come “movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana”, facendo del Risorgimento stesso un momento della dialettica storica dello Spirito del mondo.
Di fatto, 40 anni (1821-1861) sono bastati a creare un regno, il cui re conservava – caso quanto mai singolare – lo stesso nome della sovranità precedente. Si trattava di quel Vittorio Emanuele II che da re di Sardegna, piemontizzando (invadendo) la penisola, diventata Vittorio Emanuele II… re d’Italia. L’Italia era a tutti gli effetti l’estensione politica, territoriale e legislativa dei domini dei Savoia. Massimo Viglione e Angela Pellicciari hanno scritto molto in merito e con rigore, tra insorgenze contro-rivoluzionarie e panni sporchi dei Mille…
Giacobini, repubblicani, borghesi e anti-clericali accettavano, con maggiori o minori resistenze, di aver avviato processi. La massoneria mazziniana accettava il compromesso. Persino Garibaldi – che in America aveva fuso eroismo a traffici commerciali meno nobili – si lasciava convincere ad obbedire! Si trattava in verità di un aspetto, non marginale, di un unico attacco al Trono e all’Altare, attacco perpetuato abbondantemente dai tempi di Lutero, che per primo aveva lanciato la guerra santa contro la Chiesa di Roma perché incarnazione dell’Anticristo.
Alberto Pike, in Morals and Dogma, dichiarava senza mezzi termini: “Quando Luigi XVI, fu giustiziato la metà del lavoro era fatta e quindi, da allora, l’Armata del Tempio doveva indirizzare tutti i suoi sforzi contro il Papato”. Obiettivo dichiarato: il potere temporale del Papa. Secondo atto della Rivoluzione che aveva, qualche decennio prima, decapitato Dio come fonte ultima del potere, ponendo l’uomo come radice del diritto e della morale. E della stessa religione. Mazzini ebbe modo di rinfacciare a Pio IX, negli anni in cui la capitale d’Italia, traghettava da Torino a Firenze, verso ovviamente Roma, che Dio è Dio e l’Umanità è il suo Profeta, secondo quel tipico concetto filosoficamente ateo, ma antropologicamente divino: sia Feuerbach sia il positivista Comte – nel secolo del Risorgimento, ma anche del Manifesto comunista, della rivoluzione industriale, del trionfo culturale della tradizione teologica tedesca –, negavano ogni verità al Cristianesimo, per riscontare proprio nell’Umanità, l’Infinito divino dell’uomo.
Le discrepanze tra Cavour e Mazzini – discrepanze tra chi aveva comunque ben chiaro il processo rivoluzionario – equivalgono a quelle tra conservatori e progressisti dopo gli anni del Concilio, dove l’obiettivo di non pochi illuminati teologi fu sempre il potere del Papa, ma quello spirituale…
Nel luglio del 1860 – due mesi prima della discesa dei piemontesi nei territori pontifici e tre mesi prima dell’incontro a Teano tra il re e Garibaldi – Mazzini esaltava quest’ultimo come soldato cittadino della Patria italiana, dietro cui ci sarebbe l’Italia non officiale, l’Italia del popolo, l’Italia dei volontari, l’Italia dei giovani, l’Italia di quanti non guardano che al dovere, sacrificano, combattono e vincono, contro Cavour, ovvero forzatamente il Ministro dello Straniero. In questo caso lo Straniero non era l’Austria, ma la Francia di Napoleone III, che per altri dieci anni, tutelò il vero obiettivo finale, la Roma dei Papi.
Il vero Straniero – o meglio chi doveva essere reso tale – era il Cristianesimo: e i governi della Destra o della Sinistra storica confermarono pesanti politiche anti-clericali, andando a sradicare dal tessuto sociale quegli ordini religiosi più impegnati nella educazione e nella assistenza a poveri e malati.
Tuttavia permane un punto di onore: certamente ci furono preti modernisti e compiacenti; certamente ci furono traditori e carbonari; certamente ci furono monarchici e repubblicani; o poeti e scienziati. Ma un cattolico sapeva chi erano i cattolici e chi i loro nemici. Cosa accadrebbe se i cattolici diventassero il vessillo del mondialismo massonico? Cosa accadrebbe se fossero i cattolici a rinnegare la Resurrezione di Cristo, per il risorgimento dell’umanità? Cosa accadrebbe se i cattolici diventassero il paradigma della Contro-Chiesa, fin dentro la Chiesa stessa?
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