Maria Santissima Madre di Dio
(Nm 6, 22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21)
di Alberto Strumia
Il Natale, che abbiamo celebrato solennemente otto giorni fa, ricordando la nascita di Gesù, del Verbo fatto carne, ha segnato l’inizio del Nuovo Testamento del “tempo biblico”, l’inizio di una nuova epoca della storia dell’umanità, l’inizio del “cristianesimo”, l’inizio della “storia” cristiana. Con la nascita del Redentore il mondo ha potuto vivere, da allora fino ad oggi, un’epoca di “fiducia nel tempo”, un’epoca carica di speranza terrena, di voglia di “progresso”. E il progresso c’è stato, eccome, grazie al cristianesimo e per chi ha voluto seguirlo come fondamento della vita personale e della cultura della civiltà:
– è maturata una concezione dell’uomo come “persona”, dotata di dignità uguale per tutti (con la graduale eliminazione della schiavitù);
– sono state realizzate innumerevoli “opere caritative” per assistere gli ammalti, i pellegrini, i meno dotati dalla natura;
– sono state realizzate le più belle opere d’arte e di cultura, le più grandi sintesi di pensiero filosofico e teologico;
– è stato possibile un progresso scientifico e tecnologico prima inimmaginabile, con il conseguente miglioramento delle condizioni di vita di parte sempre più grande dell’umanità.
Per secoli e secoli, il primo giorno di un nuovo anno solare e civile, Ottava del Natale e solennità della Maternità divina di Maria, è stato vissuto come inizio di un auspicabile ulteriore passo avanti in questo progresso della storia umana, un giorno carico di speranza e “fiducia nel tempo” che doveva ancora venire.
In questi ultimi tempi – tormentati da tanti segni apocalittici – però, qualcosa è radicalmente cambiato. Ogni nuovo anno sembra aprirsi con un certo “senso di pesantezza” del vivere. L’essere umano e il cristiano stesso, oggi, sembra ormai piuttosto «sazio di giorni» (Gen 25,8), bisognoso di Eternità piuttosto che di ulteriore tempo da percorrere, desideroso di fermarsi in una condizione di “pace vera” e non solamente provvisoria. Il tempo sta dimostrando tutta la sua “insufficienza” a colmare l’intelligenza e il cuore umano. Così, almeno, accade a chi è in grado di rendersi conto della realtà e non si lascia trascinare passivamente dalla corrente delle cose che passano, lasciandosi vivere verso il nulla.
Così, l’inizio di questo nuovo anno, oggi, è “bello” e pieno di “cristiana speranza”, non tanto per riempirci di avidità di altri giorni in cui “fare, fare, fare…”, in un già da consumare come un prodotto del solo correre umano. Ma è “bello” sempre di più perché segna l’avvicinarsi del non ancora di quella beatitudine eterna per la quale siamo creati ed esistiamo. Tutta la storia dell’umanità sembra essersi contratta in questi otto giorni che separano il Natale, inizio dell’epoca cristiana, dal “natale” di questo nuovo anno, inizio di un passo in più ancora verso l’Eternità.
– La solenne benedizione che nella prima lettura, tratta dal Libro dei Numeri viene invocata sul popolo e su tutti noi, porta con sé queste tracce di eternità: in essa non si augura tanto la prosperità nel tempo, quanto la sicurezza («Il Signore […] ti custodisca») e la stabilità per sempre («ti conceda pace») e la partecipazione alla Gloria di Dio («Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia»).
– E il Salmo responsoriale fa eco: «Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto».
– Così nella seconda lettura l’Apostolo Paolo parla di «pienezza del tempo», riferendosi al tempo della “prima venuta” di Cristo nella storia, che insieme rimanda alla definitiva “manifestazione” di quella «pienezza del tempo» che sarà la “seconda venuta” di Cristo, quella che ci farà essere veramente in pace per sempre.
– Nel Vangelo, come i pastori si affrettarono «senza indugio» verso la grotta di Betlemme e lì ebbero un breve momento di contemplazione adorante della «pienezza del tempo», così noi siamo pronti, la storia sembra ormai essere pronta per accostarsi a quella «pienezza del tempo» che le dà la pace per sempre.
Non tocca a noi conoscere, né inventare fantasie, su quando questo inizio del nuovo anno dell’Eternità si realizzerà, ma tocca essere sempre lieti perché esso si avvicina e nella pace interiore che viene dalla fede, in qualche modo, anticipatamente è già qui.
Come Maria, oggi celebrata in particolare modo come Madre di Dio, siamo richiamati dalla liturgia a far tesoro di questa lettura sapienziale della condizione umana, custodendo, come lei tutte queste cose, meditandole nel nostro cuore.
«A quanti l’hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati. […]
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia. » (Gv 1,12-13.16).
Bologna, 1 gennaio 2023
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