Ascensione di Gesù Cristo del Pietro Perugino
Ascensione di Gesù Cristo di Pietro Perugino

 

Ascensione del Signore (Anno C)

(At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28;10,19-23; Lc 24,46-53)

 

di Alberto Strumia

 

Oggi è la solennità dell’Ascensione del Signore. Gesù ha concluso il tempo della Sua presenza, come uomo individuo, presso gli uomini sulla terra, e ha inizio quella fase della storia nella quale la Sua presenza non è più “individuale”, in un solo uomo, ma è divenuta “universale” nel Suo Corpo di “Cristo totale” (secondo l’espressione cara a sant’Agostino) che è la Chiesa. Nel corso dei secoli della sua storia essa ha obbedito al proprio compito, quello che Cristo le aveva affidato: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (versetto dell’Alleluia).

Ai nostri giorni sembra quasi che anche essa stia per concludere il suo compito storico, ormai vecchia, affaticata e stanca, quando non del tutto impaurita e convinta, in molti dei suoi membri e responsabili di ogni ordine e grado, di non avere altro da dire che ripetere le parole d’ordine del mondo. Tra queste ne rimangono anche alcune un tempo cristiane, ma progressivamente divenute “ex-cristiane” essendo state disancorate da Cristo e padroneggiate da un’umanità che, di fatto, cerca di organizzarsi come se non avesse ormai più bisogno di Lui. Mentre sono le dolorose vicende della storia presente che non fanno che confermare, con la prova dei fatti, che ciò non è che un’illusione di origine satanica.

Come Gesù aveva detto: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5); e si deve riconoscere che è proprio così.

Come agli Apostoli e ai discepoli di allora, nasce anche in noi la stessa domanda: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Come a dire: stai per compiere qualcosa che rimetta ordine nella Chiesa e nel mondo, così devastati da chi vuole fare a meno di Te? (Satana e coloro che, più o meno consapevolmente, lo seguono). La risposta del Signore, oggi come allora, è: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere» (prima lettura).

– La fede. Ciò che viene chiesto, nel momento della prova (forse l’ultima o tra le ultime della storia? Non è dato saperlo), è semplicemente “la fede”, fidarsi della Sua Provvidenza («Abramo rispose: “Dio stesso provvederà”», Gen 22,8; «“Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?”. Risposero: “Nulla”», Lc 22,35).

– Non andarsene dalla Chiesa. E insieme alla “fede” è chiesto di non allontanarsi dalla Chiesa, che è comunque “oggettivamente”, “sacramentalmente” il Suo Corpo nella storia, il raccordo con Lui («ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme», prima lettura; «voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto», Vangelo), anche quando viene materialmente distrutta, o quasi, da Satana e da coloro che si sono messi al suo servizio (fuori o dentro di essa) in cambio del potere sugli uomini («Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta […] ma non sarà subito la fine […] nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime», Lc 21,6.18-19).

– Ricorrere alle riserve. Quando la “visibilità” della Chiesa sembra essere ridotta e falsata, quando i “segni” non rimandano più a Cristo, ma a banalità secondarie che pretendono di sostituirlo, allora è il momento di fare tesoro di quella “familiarità” con Lui che si è imparata ad avere prima, con l’allenamento della preghiera, del rispetto dei Comandamenti, della frequenza ai Sacramenti, fino a che questa è possibile; è ora di fare ricorso alle “riserve” che sono stare messe da parte, come l’olio delle vergini prudenti («le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi», Mt 25,4). Oggi è il momento per questo. E chi non se le è procurate per tempo, come le vergini stolte della parabola, rischia di non avere più modo di farlo.

– Lo Spirito Santo. Se si seguiranno queste indicazioni del Signore, senza essere tentati di fare di testa propria, il Signore stesso si è impegnato a dare la forza per affrontare tutto ed uscirne (in questa vita o nell’altra, ormai poco importa) irrobustiti nell’esperienza della Verità («riceverete la forza dallo Spirito Santo», prima lettura).

La seconda lettura («Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede Colui che ha promesso») conferma tutto questo, rimarcando il ruolo della nostra libera volontà: «abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente».

Così confermati coloro che assistettero all’Ascensione «tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (Vangelo).

Lo Spirito Santo, che sarà ricevuto nel giorno della Pentecoste, farà capire loro e più tardi alla Chiesa, nel corso della sua storia, un po’ alla volta, che l’Ascensione di Cristo è anche quell’“ascensione dell’uomo” che è iniziata già con l’Incarnazione del Verbo. Con l’Incarnazione il Verbo non ha lasciato la Trinità per discendere sulla terra e unirsi all’uomo Gesù, nel momento del suo concepimento nel grembo di Maria. Al contrario, il Verbo che è nella Trinità, ha assunto, unendola alla Sua natura divina, nella Sua Persona divina, la natura umana elevandola, facendola ascendere, in tal modo al livello della Trinità. Non solo ma «Dio ha assunto la condizione umana per sanarla da tutto ciò che la separa da Lui» (Benedetto XVI, Udienza generale del 9 gennaio 2013): in questo assumere la natura umana il Verbo l’ha “elevata”, facendola “ascendere”, dallo stato di decadimento dovuto al “peccato originale”, nuovamente al livello di una “giustizia originale” riparata, e addirittura potenziata.

Questo sembra essere almeno implicitamente rinchiuso dentro quella frase che dice che coloro che assistettero all’Ascensione del Signore «tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio». Perché nell’Ascensione del Signore era anticipato anche il compimento di quella loro ascensione, (elevazione dell’uomo) che già con l’Incarnazione aveva avuto inizio.

L’Assunzione di Maria Santissima, la cui festa liturgica verrà celebrata il 15 di agosto, si colloca in stretto rapporto sia con l’Incarnazione (prima “ascensione” della natura umana con la sua unione con quella divina nella Persona del Verbo incarnato), che con l’Ascensione gloriosa di Cristo, anticipando l’ascensione finale gloriosa di ogni uomo che non voglia rifiutarla in un’ostinata rottura della “giustizia originale” riparata.

Dopo la Sua Ascensione Cristo glorioso sembra “prendere per mano” Maria portandola vicino a sé nell’Assunzione. E Maria tende la mano a noi per essere facilitati a raggiungere la beatitudine definitiva.

 

Bologna, 29 maggio 2022

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari.

 


 

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