di Sabino Paciolla
A noi europei, a noi occidentali, ci sembra di vivere in un mondo totalmente capovolto, dove il falso (considerato vero) prende il posto del vero, dove il male (considerato bene) prende il posto del bene, dove la percezione prende il posto della realtà. Un mondo preconizzato da Chesterton quando diceva che “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”.
Un mondo in cui l’aborto, cioè l’uccisione di un essere umano, viene pubblicizzato per le strade come un diritto fondamentale di civiltà; un mondo in cui si attuano sperimentazioni scientifiche su embrioni umani come fossero semplici ammassi di cellule; un mondo in cui si approntano cataloghi di seme di uomo e ovuli di donna venduti con un prezzo legato ai caratteri psico-somatici dei venditori (alto, biondo, laureato, ecc.); un mondo in cui si affittano uteri sulla base di contratti che riguardano anche i bimbi che quegli uteri faranno crescere; un mondo in cui una persona rivendica il diritto di essere identificato a seconda della percezione momentanea che ha di sé (maschio, femmina, non-binario, transex, ovvero, ideologia gender); un mondo in cui la famiglia naturale viene considerata come una anticaglia del passato che deve necessariamente lasciare il posto alle nuove “famiglie” la cui definizione deve rimanere necessariamente vaga; un mondo in cui si fa sempre più fatica a parlare liberamente poiché sempre più pesante si abbatte la censura del “politicamente corretto”; un mondo in cui l’ossessione ambientale diventa religione, e dove una bimbetta indossa le vesti di una novella sacerdotessa cui il mondo politico internazionale deve massima attenzione, e dove si arriva al punto di considerare l’essere umano come un “cancro” che insidia il “benessere” della Madre Terra.
C’è da rimanere spaesati e confusi davanti ad una tale rivoluzione culturale e antropologica, soprattutto per la rapidità con cui questa sta procedendo. Siamo in presenza di cambiamenti epocali che mettono in discussione la concezione dell’uomo, la sua identità, il suo posto nel mondo fino a non molto tempo fa dati apparentemente per acquisiti.
Dinanzi a cotanta confusione è necessario capire, è necessario comprendere il bandolo della matassa culturale che è alla base di questo rivolgimento. E ciò per poter stare di fronte a questi eventi con una coscienza più chiara e, naturalmente, per poter agire, all’occorrenza.
A tal proposito, ci viene in soccorso un prezioso volume dal titolo: “L’Autodistruzione dell’Occidente: Dall’umanesimo cristiano alla dittatura del relativismo”, scritto dal professor Eugenio Capozzi, docente di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. E’ un libro chiaro e profondo allo stesso tempo, e per questo alla portata di tutti. La prima parte del titolo del libro dà già una indicazione di massima sui pericoli che corre l’Occidente. Ma ad essa si affiancata l’altra che mette in evidenza la dinamica sottostante questi rischi.
Oggi si sente parlare, anche da parte cattolica, della necessità di un “Nuovo Umanesimo”, necessario per porre rimedio al disastro ambientale, alle divisioni ed ai contrasti nel mondo, ad una nuova Guerra Mondiale combattuta a pezzi. Attenzione, però, ci avverte Capozzi, soprattutto a noi cattolici, perché quel “‘nuovo umanesimo’ invocato oggi sempre più spesso da molti esponenti delle élites politiche e culturali occidentali esprime in realtà non la ripresa ma piuttosto il rifiuto di quella concezione dell’uomo come animale razionale e libero che sta alla base dei diritti individuali, del liberalismo, della democrazia, e che è stata costruita nell’incontro tra cultura greca, romana, ebraica, celtico-germanica passando attraverso la rivoluzione cristiana e la modernità. Quell’aspirazione esprime infatti una vera e propria rivolta dell’Occidente contro i suoi fondamenti di civiltà e i frutti più importanti di essi: l’idea della legge e del diritto naturale, i diritti e le libertà individuali, l’idea di uguaglianza, i limiti imposti al potere politico, la libertà economica”.
Attenzione, ci avverte ancora Capozzi, “Dal punto di vista storico e filosofico non esistono diverse incarnazioni o interpretazioni dell’umanesimo. Né è sostenibile una successione tra umanesimo ‘vecchio’ e ‘nuovo’: il primo ristretto e superato storicamente, il secondo aggiornato, ‘2.0’, ‘inclusivo’, adeguato ai cambiamenti dei tempi, destinato a condurre alla piena realizzazione le promesse che l’umanesimo ‘vecchio’ non aveva mantenuto. Simili rappresentazioni sono derivate da una lettura ideologica.
Nella storia della nostra civiltà esiste un solo umanesimo, che ne incarna il baricentro culturale: l’idea ebraica e poi cristiana dell’uomo come essere creato da Dio a propria immagine e somiglianza. Un’idea alla luce della quale ogni individuo umano rappresenta un essere unico, irripetibile, alla cui salvaguardia ogni istituzione, norma, potere, forza umana devono essere finalizzate, e dinanzi al quale devono arrestarsi”.
Ma allora, da dove viene questo “nuovo umanesimo”?
Capozzi ci spiega che fin dalle origini del cristianesimo, una tendenza culturale si è fatta strada, la quale, pur partendo dalla esaltazione delle potenzialità umane di pensiero e azione, prende in verità altre vie. Questa tendenza culturale divide l’umanità in due gruppi, “da un lato esistono iper-uomini, élites illuminate in grado di pervenire sostanzialmente all’equiparazione di valore tra umano e divino, e di trasformare il mondo; dall’altro sub-uomini, masse cieche ancora in bilico tra umanità e bestialità, destinate a essere guidate, educate, regolamentate, e a fungere da strumento e oggetto di sperimentazione per il ‘mondo nuovo’ costruito dalle aristocrazie illuminate”.
Questa tendenza culturale ha una lunga storia che non è ancora terminata. Essa è il frutto di iniziali culture catastali, di sette gnostiche poi, e movimenti millenaristici medioevali in seguito. Nell’epoca moderna essa si incarna “nell’interpretazioni alchemico/neoplatonico/magica dell’umanesimo come conquista da parte dell’uomo di un potere semi-divino, illimitato sulla natura; nella dottrina assolutistica intesa come divinizzazione dello Stato e del potere sovrano; nel meccanicismo politico e nell’ingegneria sociale; nella configurazione dello Stato come ‘biopotere’; nelle ideologie, dal giacobinismo alle dottrine totalitarie novecentesche; infine, nell’avvento del relativismo radicale in Occidente tra il secondo Novecento e l’epoca della globalizzazione, espressione dell’aspirazione all’onnipotenza delle nuove classi dominanti”.
Ma tutta questa presunta potenza, questa auto-percezione simil divina di sé porterà paradossalmente alla peggiore espressione di sé, ai totalitarismi, nazismo e comunismo in primis, in cui l’uomo viene sfigurato, la libertà sfregiata, la tortura fisica e spirituale diventa la cifra della morte dell’uomo che avviene o per mano dei regimi dittatoriali o per le guerre mondiali.
La vittoria sul nazifascismo e comunismo sovietico danno l’impressione alle masse di una rinascita dell’Occidente, di una sua nuova fioritura. La realtà è ben diversa. L’Occidente è ormai svilito, è come se avesse perso la sua anima: “la corrosione iper- e sub-umanista l’ha privata in larga parte delle sue energie spirituali. Tale svuotamento viene per qualche tempo occultato, ma non attutito, dal ‘boom’ economico, dalle società del benessere diffuso, del welfare, dei consumi, del tempo libero, dei mass media. Ma proprio la ‘società opulenta’, le sue nuove classi dirigenti e la sua nuova cultura di massa assesteranno presto alla tradizione umanistica occidentale il colpo più terribile, e, più ancora dei totalitarismi, potenzialmente fatale. L’avvento, a partire dagli anni Sessanta, del progressismo ‘diversitario’ – adottato poi come filosofia ufficiale dalle classi dominanti emerse con la trasformazione digitale del capitalismo e la globalizzazione – impone come cultura egemone delle società industrializzate occidentali l’odio per la tradizione dell’Occidente e un relativismo radicale, condensato nei precetti del ‘politicamente corretto’, disfacendo il tessuto etico-politico delle democrazie liberali”. (grassetto mio)
L’esito di questo relativismo radicale, diffuso a piene mani attraverso i social media, fatto passare come modalità necessaria perché chiunque possa raggiungere una vera libertà attraverso la libera espressione, anche radicale di sé, porta, ancora una volta paradossalmente, ad una nuova divisione e a una nuova schiavitù che non è più imposta con la forza, ma è “infusa” subdolamente nelle menti delle masse, e da queste, con incoscienza, abbracciata. In poche parole, si passa dall’edonismo estremo all’autoritarismo rigorista.
Infatti, tale relativismo radicale amplifica e accentua “a dismisura l’abisso tra élites ultra-borghesi persuase di poter ambire all’onnipotenza e masse destinate a fungere da ‘materiale’ per i loro progetti di dominio. Ne è derivata, tra l’altro, la sempre più esplicita negazione da parte dei ceti intellettuali occidentali, dell’uguaglianza democratica e della libertà di espressione, agitata dalla sistematica delegittimazione dei dissidenti da parte dei media egemonizzati dalla dottrina political-correttista, incaricati di ‘rieducare’ le masse a pensare secondo i canoni di un ‘progresso’ coincidente con l’esaltazione del relativismo e con gli ideali di vita ‘fluida’ della nuova classe dominante. E ne è derivata persino, in tempi recenti, l’aperta teorizzazione di un regime di salute pubblica, che autorizza in nome della ‘nuda vita’ la compressione di ogni libertà fondamentale degli individui e della vita sociale e politica, realizzata in occasione della pandemia di Covid-19 in molti paesi occidentali.”
Attenzione però, ci avverte ancora una volta Capozzi, questa vittoria del relativismo contemporaneo potrebbe costituire, paradossalmente, la base per “la definitiva disgregazione dell’Occidente, destinato a essere fagocitato, molto prima di quello che pensiamo, da altre civiltà impermeabili ai suoi princìpi e più saldamente ancorate alla propria identità”. Si pensi ad esempio, a quella cinese e islamica.
Siamo all’”odio di sé dell’Occidente” e all’avvento della “dittatura del relativismo”, mirabilmente, e profeticamente, delineate dal Card. Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI.
Eugenio Capozzi conclude:
“O l’Occidente vive – rivive – di quel nucleo religioso che funge da garanzia di libertà e dignità anche per i laici, impossibilitati a proporne uno di pari ampiezza e profondità, o diviene impossibile qualsiasi fondazione universalistica delle norme morali e giuridiche, e dei princìpi etico-politici. L’Occidente, privato della sua ragion d’essere originaria, cade per sempre.”
Un libro entusiasmante, che qui ho solo potuto abbozzare, e che è sicuramente molto utile a tutti noi per comprendere le coordinate di questa follia collettiva che stiamo vivendo.
Una lettura consigliata, anzi, direi obbligata.
“L’Autodistruzione dell’Occidente: Dall’umanesimo cristiano alla dittatura del relativismo”, di Eugenio Capozzi, Historica Edizioni (22 gennaio 2021)
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