di Aurelio Porfiri

 

Si pensa che abbracciare il caos significhi sposarne i fini ma non si riflette sul fatto che il caos, per propria natura è non determinista, punta alla dispersione piuttosto che alla concentrazione. Perchè dobbiamo temere tutto questo? Perché la dispersione dissipa, ed è pur vero che a volte la natura stessa sceglie di dissipare ma lo fa sempre per uno scopo più alto e più grande. Non è un dissipare caotico, che non ha uno scopo.

Se ci riflettiamo bene, il caos stesso ha bisogno dell’ordine per definirsi. Viene studiato dalla teoria del caos che ci viene così spiegata: “Teoria che studia il comportamento dinamico di sistemi deterministici caotici. Questi sono modelli la cui evoluzione deterministica, e dunque perfettamente prevedibile date le condizioni iniziali, è però molto sensibile a variazioni, anche minime, di tali condizioni. Una esemplificazione di questa proprietà proviene dal meteorologo E. Lorenz (Three approaches to atmospheric predictability, «Bulletin of the American Meteorological Society», 50, 5, 1969), che riassume così un sistema di caos deterministico: «un battito d’ali di una farfalla in Brasile provoca dopo qualche tempo un uragano (che non si verificherebbe in assenza del battito d’ali) in Texas. Una trascurabile variazione in Brasile provoca (dopo qualche tempo) un rilevante cambiamento in Texas». Storicamente, il primo a rendersi conto che alcuni sistemi deterministici potevano presentare caratteristiche caotiche fu J.-H. Poincaré nei primi anni del 1900. La teoria del caos fu poi approfondita nella seconda metà del 20° sec. (M.J. Feigenbaum, The fixed point of classical dynamical evolution and chaos, in Asymptototic realms of physics: essays in honor of Francis E. Low, 1983), tanto da diventare un importante paradigma scientifico, pervasivo e trasversale a molti settori scientifici. Tra le altre importanti conseguenze di tale teoria, vi è la consapevolezza della difficoltà di distinguere fra sistemi a evoluzione intrinsecamente aleatoria e sistemi deterministici caotici, nei quali l’imprevedibilità non è intrinseca ma discende dalla incapacità di misurare con la precisione necessaria le condizioni iniziali” (treccani.it). Cioè il caos può essere introdotto attraverso variazioni nell’ordine.

Sarà stata questa forse la prospettiva di Romano Amerio quando ha titolato il suo capolavoro Iota Unum: Studio delle variazioni nella Chiesa cattolica nel secolo XX? Perché queste variazioni nei vari campi della disciplina ecclesiastica, in non pochi casi hanno introdotto un certo caos che si manifesta nella volatilità della dottrina ed in una malleabilità che non è flessibilità, che può essere un elemento positivo, ma incapacità di affermare quello che sarebbe l’unico scopo per cui la Chiesa esiste.

 

 

 

Sostieni il Blog di Sabino Paciolla

 





 

 

Facebook Comments

Immagini collegate: