
di Sabino Paciolla
Come noto, le parole dette dal Papa nel docufilm “Francesco”, presentato il 21 ottobre scorso, con le quali ha dichiarato il suo sostegno ad una legislazione che regolamenta le unioni civili, anche per gli omosessuali, e per le quali lo stesso Pontefice dice di essersi battuto, sono state come una bomba lanciata in mezzo al popolo cattolico. Hanno creato un grosso clamore, un grande smarrimento, una notevole confusione, molto dolore. Ha creato due posizioni contrapposte, una di sostegno al Papa e l’altra di opposizione. Tanti hanno chiesto un chiarimento, che però non arrivava. Il clamore è stato poi esacerbato dalla premiazione del filmato il giorno dopo nei Giardini vaticani, e dalla pubblicazione delle foto in cui al regista, che festeggiava il suo compleanno, veniva offerta una torta, presente Papa Francesco. Da notare che il regista, Evgeny Afineevsky, ha al suo attivo un lungometraggio intitolato: “Oh no! Mio figlio è gay!”.
Ma dopo tante critiche, finalmente ieri, dopo ben 12 giorni, è arrivata una lettera che è stata inviata dalla Segreteria di Stato del Vaticano ai nunzi apostolici di tutto il mondo, affinché la diffondessero a tutte le conferenze episcopali, dunque a tutti i vescovi. L’arcivescovo Franco Coppola, nunzio apostolico, ne ha pubblicato il contenuto sul suo profilo Facebook.
Come riporta la stampa, diverse conferenze episcopali hanno confermato di aver ricevuto la lettera. Essa, però, non è firmata, non è stata riprodotta su carta intestata ufficiale, non si sa chi ha ordinato di scrivere la lettera, chi l’ha inviata, se papa Francesco ne sia a conoscenza, e se sia stato proprio il papa a chiedere di produrre il chiarimento. Tutto questo è apparso molto strano, prima di tutto ai funzionari di alcune conferenze episcopali.
Ovvio che le domande, anziché diminuire, sono aumentate. Perché quella forma? Perché il Vaticano non ha ancora fatto un comunicato stampa ufficiale ed ha invece optato per una lettera inviata alle segreterie dei Nunzi apostolici? Chi ha prodotto quella lettera forse non voleva assumersi responsabilità che riconosce come non sue? Forse che le responsabilità vanno attribuite ad un altro dicastero, come quello della comunicazione e dei media? D’altra parte, il clamore, e lo scandalo dei fedeli, è stato pubblico, e dunque il comunicato, secondo logica, dovrebbe essere pubblico. E allora qualcosa non quadra.
E non quadra soprattutto il contenuto. Infatti, l’intento dichiarato della lettera è quello di spiegare il contesto delle affermazioni, “con il desiderio di favorire un’adeguata comprensione delle parole del Santo Padre”.
E’ la lettera stessa che spiega che: “Più di un anno fa, durante un’intervista, Papa Francesco rispose a due domande distinte in due momenti differenti che, nel documentario citato, sono state editate e pubblicate come una sola risposta senza un’adeguata contestualizzazione, il che ha generato confusione.”
Bene. Però tutti gli esperti hanno osservato come sia stato fatto da parte del regista un sapiente collage delle due affermazioni fatte dal Papa in modo tale che il messaggio finale fosse quello di un Papa che apriva alle coppie omosessuali. Il tutto è stato agevolato anche dai sottotitoli in inglese. Basta vedere i titoli di tutti i giornali del mondo. D’altra parte, era stato proprio il regista Afineevsky a dire alla Catholic News Agency che quelle frasi erano state dette dal Papa direttamente a lui. E invece, da subito, gli analisti delle immagini avevano detto che quegli spezzoni di risposta del Papa, per le luci e l’ambientazione, non potevano essere state girate dal regista, ma avrebbero potuto appartenere alla intervista che nel 2019 la giornalista messicana Valentina Alazraki aveva fatto al Papa. Cosa poi confermata dalla lettera di ieri della Segreteria di Stato. Perché dunque Afineevsky ha mentito? Perché il Vaticano, che aveva il possesso del video originale dell’intervista del 2019 di Alazraki, rilasciò alla emittente Televisa l’intera intervista ad eccezione dello spezzone contenente l’affermazione del Papa sul suo sostegno alle unioni civili per gli omosessuali, che però, stranamente, è comparsa in questi giorni nel documentario “Francesco”? Si pensava forse che destinandolo ad un medium, quello del cinema, avrebbe avuto un effetto più dirompente dal punto di vista della platea giovanile rispetto ad una intervista più seriosa, quasi per addetti ai lavori? Non lo sappiamo.
D’altra parte, il filmato, prima della sua presentazione pubblica alla Mostra del cinema di Roma, sarà stato sicuramente visionato da esperti vaticani della comunicazione (alcuni giornali dicono che lo stesso Papa lo avrebbe visto sull’ipad del regista che glielo ha presentato in estate nei Giardini vaticani). Possibile che a nessuno degli esperti sia venuto in mente che quel passaggio del filmato, così ben congegnato, sarebbe stato una bomba? Difficile crederlo. Molti, allora, hanno ipotizzato che fosse proprio questo l’obiettivo: lanciare la pietra nello stagno e creare quanto più clamore possibile affinché si infrangesse un tabù e nei media si affermasse: il Papa, rompendo con la Tradizione della Chiesa, finalmente apre alle unioni civili per gli omosessuali. L’obiettivo, dunque, sarebbe stato quello di avviare un processo di cambiamento fattuale, nella mentalità corrente dei fedeli, senza minimamente cambiare la dottrina. Questa sarebbe rimasta sepolta nei “polverosi” documenti della Chiesa che pochissimi conoscono e che la maggioranza ignora.
Da questo punto di vista, a nulla vale precisare, come fa la lettera della Segreteria di Stato Vaticano, che comunque è sempre stato affermato che il matrimonio è quello tra un uomo ed una donna, se poi si lanciano messaggi che poderosamente vanno in un altro senso.
La lettera della Segreteria, inoltre, cerca di spiegare il contesto ma non chiarisce tutto.
Spiega innanzitutto che il primo spezzone del commento papale si riferisce agli omosessuali che non devono essere allontanati dalla famiglia, e che dunque con quelle parole non si intendeva affermare che essi hanno diritto ad una famiglia loro (cosa che l’editing del regista ha fatto intendere). Per altro verso, la lettera non spiega il tenore del secondo spezzone, quello in cui il Pontefice afferma: “Ciò che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile; (gli omosessuali, ndr) hanno diritto di essere coperti legalmente. Questo è ciò che sostenni”. Non spiega neanche come queste frasi si raccordano con il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) del 2003, firmato dall’allora card. Ratzinger, sotto il pontificato di San Giovanni Paolo II, che invece afferma:
“Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi (come le unioni civili, ndr) così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo.”
Qui il contrasto tra quanto affermato dal Papa e il documento della CDF è palese. La rottura con la Tradizione è chiara. E ciò perché, se un atto, come dice il Catechismo, è “intrinsecamente disordinato”, non è possibile farsi sostenitore di una norma positiva che legalizza, e quindi normalizza nella mentalità comune della gente, un tale atto. Si finirebbe per “offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità” e, in fin dei conti, cooperare, sia pure indirettamente, con il male.
In conclusione, occorre prendere di petto la questione principale che è quella della affermazione di Papa Francesco (e, indirettamente, la posizione dell’allora card. Bergoglio, che sostenne nel 2010 una legge che secondo la direttiva della CDF, già conosciuta dal 2003, non avrebbe dovuto sostenere – ed infatti la sua proposta alla Conferenza episcopale argentina fu da questa bocciata). Occorre dunque un chiaro e limpido comunicato in cui si ribadisce che non è possibile sostenere leggi sulle unioni civili, che si disconoscono quelle frasi dette nel docufilm, che si procederà a bloccare il filmato affinché venga emendato di quelle frasi di sostegno alle unioni civili.
Ogni altra cosa non serve a nulla.
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