Alle loro E.R. vescovi della Sardegna
Mons. Antonio Mura (Nuoro)
Mons. Giuseppe Baturi (Cagliari)
Mons. Sebastiano Sanguinetti (Tempio)
Mons. Roberto Carboni (Oristano}
Mons. Corrado Melis (Ozieri)
Mons. Mauro Maria Morfino (Alghero)
Mons. Gian Franco Saba (Sassari)
Mons. Giovanni Paolo Zedda (Iglesias)
e a tutti i vescovi emeriti,
Paolo Atzei, Giovanni Dettori, Giuseppe Mani, Mosè Garcia, Pietro Meloni, Arrigo Miglio, Antonino Orrù, Tarcisio Pillolla, Sergio Pintor, Antioco Piseddu, Ignazio Sanna, Pier Giuliano Tiddia, Antonio Vacca
mi rivolgo a voi, io, ultimo tra i fedeli della Chiesa in Sardegna, supplice.
In questo tragico momento di pandemia, dove la paura della morte del corpo fa più paura della paura della morte dell’anima, io, come tanti altri fedeli affidati alla vostra paternità, mi sento sconsolato e afflitto.
Dovere di un ministro di Dio è annunciare Gesù Cristo che salva, prim’ancora che l’obbedienza al governo, come virtù del buon cristiano.
Avreste potuto ben dirci che l’amore all’uomo, proprio di Cristo, chiede dei sacrifici, e noi saremmo stati ben disposti a farli.
Invece è sembrato che i riferimenti per le nostre anime fossero prima di tutto i governanti, il potere civile, gli scienziati, il potere tecnologico e scientifico.
Quando il Presidente del Consiglio ha decretato il divieto di celebrare messe aperte al pubblico dei fedeli, lo avete subito accettato senza colpo ferire. Per questo ci è parso che non abbiate tenuto conto della suprema tutela che la Costituzione Italiana riserva alla libertà di culto, come tanti autorevoli studiosi del diritto evidenziano.
Ci è parso anche che non abbiate tenuto conto di quanto dice il Concilio Vaticano II, in particolare nella Dichiarazione Dignitatis Humanae, dove si legge: «Il rispetto della libertà religiosa, in quanto tutela della dimensione trascendente della persona umana, consente l’equilibrato sviluppo di tutte le altre libertà e diritti. Pertanto, essa non è soltanto uno dei diritti umani fondamentali; ben di più, essa è preminente fra tali diritti.»
Ci è parso infine che non abbiate tenuto conto che il Concordato tra Stato italiano e Santa Sede stabilisce che essi sono, nel loro ambito, indipendenti e sovrani, e che quindi il governo avrebbe potuto chiedere la chiusura delle messe o la disposizione di protocolli atti a contenere l’epidemia, ma non avrebbe potuto imporli. Infatti, così come sono state regolamentate altre attività, vedi negozi alimentari, rivendite di tabacchi e supermercati, allo stesso modo avreste potuto disciplinare l’ingresso in chiesa e la partecipazione alle sante messe.
Invece, come molte autorevoli voci fanno presente, le vostre indicazioni pastorali circa l’utilizzo della messa in streaming, a lungo andare, corrono il rischio di ingenerare nel fedele la falsa convinzione che una messa mediatica sia equivalente ad una messa celebrata in forma fisica-carnale, e in un luogo sacro. Questa sarebbe la morte della Santa messa.
Permettetemi infine di essere addolorato dinanzi al vostro rifiuto della mano che vi è stata tesa dal Governatore della Sardegna quando ha detto: “In armonia con il Dpcm che ha sospeso le cerimonie civili e religiose ma non le funzioni religiose – ed esiste, nell’ordinamento giuridico italiano, una netta distinzione tra cerimonia, funzione e pratica religiosa – consentiamo lo svolgimento delle funzioni eucaristiche ordinarie con obbligo di distanziamento tra le persone, divieto di assembramento e l’obbligo di indossare idonei dispositivi di protezione”.
A tale proposta, infatti, avete risposto: “I vescovi sardi, pur apprezzando l’attenzione che il Presidente Solinas ha rimarcato nella conferenza stampa di oggi verso l’apertura delle chiese alle ‘celebrazioni eucaristiche’, si riservano di leggere e valutare il testo dell’ordinanza regionale che verrà firmata, tenendo conto che non sono stati consultati precedentemente e che decisioni di questo tipo competono unicamente all’Autorità ecclesiastica”
Addolorato, anche a nome di molti credenti, VI SUPPLICO, cari padri e pastori, ridateci la Santa messa, ridateci l’Eucarestia.
Giorgio Canu, Sassari
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