di Sabino Paciolla
Eugenio Scalfari, decano dei giornalisti italiani, ha avuto più volte occasione di incontrare Papa Francesco. Tra i due c’è sicuramente grande stima e affetto, altrimenti non sarebbero tornati ad incontrarsi in più occasioni. Gli incontri sono avvenuti anche dopo lo scalpore mediatico che gli articoli di Scalfari hanno suscitato poiché riferivano, tra virgolette, parole dette da Papa Francesco su punti fondamentali della fede che con la stessa erano in forte contrasto. Di norma è prassi del Vaticano non commentare articoli che riferiscono di contenuti relativi a colloqui privati che il Papa normalmente tiene con fedeli e non.
L’anno scorso c’è stato l’ultimo subbuglio mediatico. È stato così notevole che il Vaticano è stato costretto a precisare che Papa Francesco “ha ricevuto recentemente il fondatore del quotidiano La Repubblica in un incontro privato in occasione della Pasqua, senza però rilasciargli alcuna intervista”. E poi: “Quanto riferito dall’autore nell’articolo odierno è frutto della sua ricostruzione, in cui non vengono citate le parole testuali pronunciate dal Papa. Nessun virgolettato del succitato articolo deve essere considerato quindi come una fedele trascrizione delle parole del Santo Padre”.
Come si vede, il comunicato è molto sibillino. Infatti, smentisce le “parole testuali” che Scalfari ha attribuito al Papa, ma non smentisce esplicitamente il contenuto delle frasi riportate da Scalfari.
Stando ad una normale logica di fiducia e di comunicazione, se fossimo nel mondo ordinario, dopo la prima intervista in cui Scalfari ha riportato quello che a quanto pare, o si presume, non sarebbe stato detto dal Papa, il giornalista non avrebbe dovuto più beneficiare di incontri successivi proprio perché avrebbe violato la fiducia del Pontefice e non rispettato le norme deontologiche di correttezza del giornalismo. Infatti, e non si scappa, o Scalfari ha riferito correttamente quanto detto dal Papa, parliamo di contenuti, non di “testuali parole”, oppure il Papa non ha detto quelle cose e Scalfari è stato gravemente scorretto in quanto ha avuto a che fare con una delle personalità più importanti del mondo.
E qui le cose si ingarbugliano, proprio ad opera del protagonista principale. Infatti, sulla base di quanto abbiamo visto, nonostante lo scandalo suscitato dagli articoli di Scalfari, il Papa ha continuato ad incontrarlo. Evidentemente il Papa, nonostante tutto, continua a nutrire grande fiducia in Scalfari. Anzi, in uno degli incontri, Papa Francesco, premurosamente, ha aiutato l’anziano giornalista ad entrare in auto, chiudendogli poi lo sportello. Questo gesto ha fatto emozionare Scalfari.
Infine, a complicare le cose, ci si è messo lo stesso Vaticano. Infatti, alcuni degli articoli in questione sono stati pubblicati dall’Osservatore Romano, ed infine ripresi in un libro a firma di Papa Francesco, pubblicato per i tipi della Libreria Editrice Vaticana.
Arriviamo così al giorno d’oggi, al nuovo articolo pubblicato da Scalfari su La Repubblica che contiene delle affermazioni esplosive, riportate tra virgolette, attribuite a Papa Francesco. Sono frasi dal contenuto gravissimo.
Ecco alcuni stralci del testo apparso oggi sul quotidiano:
Chi ha avuto, come a me è capitato più volte, la fortuna d’incontrarlo e di parlargli con la massima confidenza culturale, sa che papa Francesco concepisce il Cristo come Gesù di Nazareth, uomo, non Dio incarnato. Una volta incarnato, Gesù cessa di essere un Dio e diventa fino alla sua morte sulla croce un uomo.
[…]
Quando mi è capitato di discutere queste frasi papa Francesco mi disse: «[Queste frasi, ndr] Sono la prova provata che Gesù di Nazareth una volta diventato uomo, sia pure un uomo di eccezionali virtù, non era affatto un Dio».
Proprio perché il contenuto è gravissimo occorre che il Vaticano smentisca in maniera limpida e netta sia le parole testuali sia, soprattutto, il contenuto.
Purtroppo, ancora una volta, ci troviamo dinanzi ad un comunicato, un nota del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, simile al precedente:
«Come già affermato in altre occasioni, le parole che il dottor Eugenio Scalfari attribuisce tra virgolette al Santo Padre durante i colloqui con lui avuti non possono essere considerate come un resoconto fedele di quanto effettivamente detto, ma rappresentano piuttosto una personale e libera interpretazione di ciò che ha ascoltato, come appare del tutto evidente da quanto scritto oggi in merito alla divinità di Gesù Cristo».
Ancora una volta si parla di “resoconto fedele”. Serve invece una smentita chiara, netta ed inequivocabile.
Infine, un’ultima considerazione.
È mai possibile che accadano queste cose? Che continuino gli incontri? Che su noi poveri fedeli piovano simili cose?
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