
di Annarosa Rossetto
I fatti sono abbastanza noti: la comunità islamica di Birmingham ha fermato con una campagna di protesta decisa e determinata l’indottrinamento gender nelle scuole della comunità di Parkfield, a maggioranza musulmana, in una zona centrale della città britannica. Oltre 600 bambini sono stati tenuti a casa da scuola per settimane e sono stati fatti picchetti di protesta perché i genitori non volevano l’introduzione di materiale didattico infarcito di ideologia LGBT. La campagna di boicottaggio della scuola è andata avanti finché la direzione non ha deciso di sospendere a tempo indeterminato il programma sui “diritti civili” previsto dall’Equality Act.
La storia, ci spiega Rod Dreher in un suo articolo, ha un risvolto che riguarda da vicino la comunità cristiana, Anglicana ma anche Cattolica.
La signora Miriam Ahmed, la mamma che ha guidato la protesta preoccupata per i suoi due bambini, aveva fatto appello direttamente al rev. David Urquhart, vescovo anglicano di Birmingham e a Sarah Smith, direttrice degli uffici educativi della stessa diocesi, chiedendo sostegno per la campagna mentre era in corso.
Nella e.mail la sig.ra Ahmed spiegava che come famiglie non avevano nessuna intenzione di attaccare le persone omosessuali o transessuali né di rinnegare l’Equality Act del 2010, insegnando ai propri figli il rispetto per tutti. Sottolineava che “la principale preoccupazione” dei genitori musulmani era che il programma insegnato dalla scuola “non era adatto all’età” e, dal punto di vista psicologico, “confondeva la mente dei bambini più piccoli”. “Io e molti altri genitori abbiamo visto che i bambini tornano a casa confusi e con molte domande su ciò che sono”. In effetti nella scuola gli aspetti enfatizzati, rispetto alle tematiche dell’Equality Act, erano soprattutto quelli dell’orientamento sessuale e della riassegnazione di genere.
Faceva notare, quindi, che non era una questione che toccava solo i musulmani ma tutte le persone di fede.
La risposta degli Anglicani, giunta attraverso un portavoce del vescovo, è stata che la diocesi sperava che tutte le scuole anglicane stessero implementando la legge sull’eguaglianza per “preparare i nostri figli a vivere nella Gran Bretagna moderna”. L’email proseguiva: “Ciò include il diritto per le persone di scegliere la propria identità e chi desiderano amare. Riteniamo che sia compito dei singoli consigli di amministrazione decidere le risorse che meglio si adattano a loro per implementare la legge sulle pari opportunità “.
Una risposta simile la signora Ahmed l’aveva ottenuta al telefono dalla direttrice degli uffici diocesani per l’educazione.
Nemmeno la Chiesa Cattolica e altre denominazioni cristiane (metodisti, battisti, e sottogruppi anglicani) hanno ritenuto importante pronunciarsi contro il programma imposto alle famiglie dalla scuola.
Dopo il successo ottenuto nella scuola della zona di Parkfield altre scuole di Birminghan hanno sospeso programmi simili per le proteste dei genitori.
In Francia negli anni scorsi la Manif pour Tous, dopo aver mobilitato centinaia di migliaia di famiglie contro la legge sul “matrimonio gay”, aveva lanciato a livello nazionale varie “Giornate di ritiro dalla scuola” contro l’introduzione di indottrinamento gender nell’educazione pubblica realizzando una certa unità di intenti tra famiglie cattoliche e islamiche, il tutto all’insegna, comunque, della laicità dello Stato correttamente intesa.
Qualcuno ricorderà una iniziativa simile, lo “sciopero delle famiglie” lanciato dalla Manif pour Tous – Italia (oggi “Generazione Famiglia”) durante una loro “convention” dopo il primo Family Day del 20 giugno 2015. L’iniziativa messa in atto il 4 dicembre era in risposta alla legge “La Buona Scuola” dell’allora ministro dell’Istruzione Stefania Giannini all’interno della quale, nel famigerato comma 16, si introduceva l’obbligo per le scuole di ogni ordine e grado di integrare i piani triennali dell’offerta formativa con attività sul contrasto alla discriminazione e alla violenza di genere che apriva all’ideologia gender come elemento dell’insegnamento curriculare. (Recentemente il Ministro Bassetti ha emanato delle linee guida che correggono in parte questa restrizione della libertà educativa dei genitori)
Nel caso italiano, rimasto finora isolato, la Chiesa locale, né come gerarchia né come movimenti ecclesiali, ha preso negli ultimi anni posizione attiva e pubblica in difesa della libertà educativa dei genitori, anticipando tristemente quanto si è ripetuto in Inghilterra in questi giorni. La tiepidezza della maggioranza di chi si considera Cristiano, Cattolici compresi, sembra essere la cifra di questo scorcio di Storia. E, lasciando agli Islamici, almeno in Gran Bretagna, la battaglia per uno dei principi non negoziabili (protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale; riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli) i cristiani non solo abdicano ad un loro preciso dovere ma lasciano riempire un vuoto valoriale ad una comunità religiosa portatrice di una visione della società molto diversa da quella che ha costruito l’Europa che conosciamo.
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