Come sempre, Phil Lawler, scrittore e giornalista, è sempre molto asciutto, centrato ed efficace nei suoi giudizi. Merita dunque leggere questa sua opinione sulla intervista che il professor Rist, uno dei sottoscrittori della lettera aperta di accusa di eresia a Papa Francesco, ha rilasciato al National Catholic Register.
Eccola nella mia traduzione.
John Rist, forse il più illustre studioso tra coloro che hanno firmato la lettera aperta che accusa di eresia Papa Francesco, ha spiegato il suo operato in un’intervista al National Catholic Register. Invito vivamente tutti i cattolici interessati a leggere l’intera intervista. Rist è un uomo estremamente intelligente, e difende con forza la lettera aperta, pur riconoscendone i limiti.
Pur rimanendo convinto che la lettera aperta ponga la domanda sbagliata, sono del tutto solidale con le idee di Rist come vengono spiegate nella intervista] al Register. E oserei dire che, sulla base della stessa intervista, egli sembra essere in sintonia con le argomentazioni che ho avanzato più di un anno fa in Lost Shepherd: e cioè che papa Francesco abbia prodotto un’immensa confusione tra i fedeli cattolici, che può essere corretta solo da un insegnamento chiaro e schietto da parte dei vescovi più fedeli.
Come ho sostenuto quando la lettera aperta è apparsa per la prima volta, penso che gli autori della lettera aperta abbiano commesso un errore tattico, perché l’accusa di eresia è molto difficile da dimostrare, mentre l’accusa che il Papa ha causato confusione è – se posso usare un’espressione popolare – una “schiacciata a pallacanestro” (cioè un’azione dotata di forza ed efficacia, ndr).
“Ma”, si potrebbe dire, “la confusione non è così negativa come l’eresia!” Ne sei sicuro? Noi guardiamo a Roma per [ottenere] chiarezza: per una guida affidabile sulle questioni di fede e di morale. Se non abbiamo un quadro di riferimento sicuro – nessun “vero nord magnetico” – allora siamo esposti a tutti i tipi di eresie, grandi e piccole. Quando un teologo insegna l’eresia, può indurre in errore chi lo ascolta o legge le sue opinioni. Ma quando il pontefice romano fomenta la confusione, lascia spazio alla possibilità che tutti i cattolici possano essere tratti in inganno.
John Rist capisce che la lettera aperta ha delle debolezze. Sa che i laici non possono portare un Papa in giudizio. Riconosce che molte persone vedranno la lettera come estrema, impertinente o divisiva. Ma si è sentito costretto a fare qualcosa, perché la posta in gioco è alta, la situazione è grave.
In definitiva, dice Rist – ancora una volta riecheggiando la mia tesi di Lost Shepherd – che la confusione causata da papa Francesco non può essere risolta da un appello dei laici. Se il problema è la confusione, la risposta è la chiarezza – chiarezza nell’insegnamento, che può venire solo dalla gerarchia. Ma forse, ma proprio forse, un appello appassionato susciterà l’azione tra i vescovi. “La lettera”, dice, “è innanzitutto e immediatamente una sfida per i vescovi ad agire piuttosto che ignorare o contorcersi le mani”.
Fonte: Catholic Culture
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