Una analisi lucida ed equilibrata della situazione conseguente alla pubblicazione del memoriale Viganò fatta dal giornalista e scrittore Phil Lawler. Un’analisi che prende in considerazione anche i punti critici del memoriale stesso. Alla fine, Lawler conclude che un resoconto, un chiarimento, dovrà essere dato.
Eccola nella mia traduzione.
Esploderanno le battaglie all’interno della gerarchia cattolica in seguito alle accuse dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò secondo le quali papa Francesco è da tempo a conoscenza della cattiva condotta sessuale dell’ex cardinale Theodore McCarrick? La prospettiva di una guerra aperta tra i vescovi è naturalmente allettante per il crescente numero di reporter che si occupa della storia. Forse più sorprendente è anche l’accoglienza riservata (a questa faccenda, ndr) dai tanti fedeli cattolici che, stanchi ed infuriati dalle rivelazioni seriali di coperture e corruzione che hanno sopportato per anni, vogliono la piena verità ora, a qualunque costo.
Le richieste impazienti di un resoconto completo degli scandali di abuso sono state ora collegate a domande sulla leadership di Francesco. Eletto con un chiaro mandato per la riforma, soprattutto sulla questione degli abusi sessuali, il pontefice non è riuscito a coniugare dichiarazioni forti con azioni efficaci. Ora la testimonianza dell’arcivescovo Viganò mette in dubbio l’impegno profuso dal papa per liberare la Chiesa dai chierici predatori.
Viganò si qualifica innegabilmente come esperto testimone nella causa. Per anni funzionario di rango della Segreteria di Stato vaticana, che si occupava anche della gestione dei casi di prelati “problematici”, è stato nominato nel 2011 nunzio apostolico (l’equivalente dell’ambasciatore vaticano) negli Stati Uniti. Nel primo incarico, riferisce, ha visto appunti sull’abitudine di McCarrick di attirare i seminaristi a letto nella sua casa sulla spiaggia. Nell’ultimo incarico, ha parlato direttamente con Francesco del ruolo pubblico che McCarrick continuava a svolgere.
Nel suo intervento, Viganò rivela che papa Benedetto XVI aveva punito il cardinale McCarrick per il suo comportamento scorretto, ordinando al presule di ritirarsi dalla vita pubblica. Secondo Viganò, Francesco in seguito revocò quella sanzione, dando a McCarrick l’influenza di consigliere papale e concedendogli un ruolo chiave nella nomina dei vescovi americani.
Qui incontriamo la prima difficoltà con la testimonianza di Viganò, perché infatti McCarrick, dopo essersi ritirato dalla funzione di arcivescovo di Washington, non si è ritirato dalla vita pubblica. Uscì dal seminario di Washington (a quanto pare per ordine di Benedetto XVI), ma continuò a fare apparizioni pubbliche. Si unì anche ad altri cardinali in Vaticano in una cerimonia di addio per Benedetto quando il papa lasciò l’ufficio.
La testimonianza di Viganò è dunque inesatta? O McCarrick si è fatto beffe di una direttiva papale? “Viganò ha detto la verità”, racconta Mons. Jean-François Lantheaume, ex consigliere dell’ufficio del nunzio a Washington, che aveva una conoscenza diretta dell’ordine di Benedetto XVI. Ma a quanto pare McCarrick aveva potenti amici a Roma, tra cui l’ex segretario di Stato vaticano, il cardinale Angelo Sodano, che si assicurò che le sanzioni papali non fossero applicate con rigore.
Questa spiegazione corrisponde alle notizie secondo cui Benedetto era frustrato dalla sua incapacità di assicurare che i suoi ordini fossero eseguiti. Una volta disse a un visitatore che la sua autorità papale si estendeva solo fino alla porta del suo ufficio. Infatti, la testimonianza di Viganò può dare un’idea del perché Benedetto si sentisse costretto a dimettersi; gli mancavano la forza e la capacità manageriale necessarie per superare la resistenza della burocrazia vaticana.
Inoltre, se Benedetto avesse punito McCarrick, perché ha imposto delle sanzioni in segreto? E’ facile giudicare con il senno di poi l’ex pontefice su questo punto, in particolare alla luce delle attuali richieste di piena divulgazione. Ma ancora una volta l’azione si adatta a un modello. All’inizio del suo pontificato, Benedetto aveva tranquillamente imposto lo stesso tipo di sanzioni a padre Marcial Maciel, il potente fondatore dei Legionari di Cristo (che, non a caso, era stato anche protetto da Sodano). Apprendendo che Maciel aveva condotto una scandalosa doppia vita, Benedetto gli impose una vita privata di penitenza; solo più tardi la documentazione di Maciel venne alla luce.
Se la testimonianza di Viganò è esatta, allora Francesco ha fatto solo ciò che Benedetto cercò di fare quasi dieci anni fa: Rimuovere McCarrick dalla scena pubblica. Ma mentre Benedetto può essere criticato per aver protetto McCarrick dalla vergogna, Francesco merita una censura molto maggiore sia per aver permesso a un predatore di entrare nel suo circolo interno sia per aver intrapreso un’azione disciplinare solo dopo che lo scandalo è diventato di dominio pubblico.
Purtroppo, anche questo segue un modello familiare. Più e più volte i vescovi cattolici hanno rimosso gli autori di abusi dal loro incarico e si sono scusati pubblicamente solo dopo che i media hanno denunciato i reati. Durante la sua visita in Irlanda lo scorso fine settimana, Francesco ha usato uno dei suoi riferimenti scatologici per descrivere il modello delle coperture. Ora egli stesso è implicato nel comportamento che ha denunciato.
Tutto questo presuppone, ancora una volta, che la testimonianza di Viganò sia corretta. Ma quale motivo avrebbe per fare affermazioni false? L’arcivescovo Viganò sa che una parola del papa Emerito Benedetto distruggerebbe la sua credibilità. Deve anche sapere che alcune parti della sua relazione si riflettono male su di lui stesso e che presto verrà alla luce il suo ruolo di copertura. L’arcivescovo dice di aver fatto la sua dichiarazione per ripulire la coscienza, e questa spiegazione suona vera.
Francesco ha scelto di non difendersi – almeno per ora. Ha detto ai giornalisti che non avrebbe detto “una sola parola” sulla testimonianza di Viganò, lasciando che fossero i giornalisti a indagare da soli sulle rivendicazioni. Forse si affidava alla capacità dei suoi collaboratori per contestare il carattere di Viganò, o al disgusto dei media laici per qualsiasi inchiesta sull’influenza degli omosessuali a Roma. Ma alla fine il Pontefice deve dare un resoconto.
Intanto, nella piccola diocesi di Tyler, in Texas, il vescovo Joseph Strickland, che finora non ha avuto alcun ruolo particolare in questo dramma e non ha avuto particolare accesso a informazioni interne, ha detto al suo gregge di ritenere credibile la testimonianza di Viganò, e ha chiesto un’indagine approfondita. Gli altri vescovi, spinti dall’esempio di Viganò e dalla furia dei laici cattolici, si uniranno alla richiesta di pieno chiarimento?
Alle domande poste da Viganò non possono non essere date risposte. Possono solo essere date risposte o essere ignorate. Rispondervi comporterà un processo doloroso, che potrebbe portare a un’epurazione della gerarchia cattolica. Ma ignorarle richiederebbe un’altra copertura. La qual cosa potrebbe essere fatale per questo papato.
Fonte: First Thing
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