di Pierluigi Pavone
1.
Come tutti sono venuti a sapere, in questo mese è morto il filosofo e matematico Giulio Giorello, classe 1945. Come è naturale in questi casi, non pochi sono stati coloro che gli hanno reso omaggio, come colleghi accademici o come intellettuali che hanno apprezzato negli anni e nelle pubblicazioni la fiera rivendicazione di Giorello di non credente. Una vita intellettuale spesa con rigore tra scienza e filosofia, secondo il principio moderno dell’etsi Deus non daretur. Vivere come se Dio non ci fosse. Giorello lo ha fatto con onestà intellettuale. A differenza di molti.
2.
Perché, nella nobiltà di toga e di spada del giacobinismo laico e anticlericale, persiste una profonda e ingiustificata supponenza. L’arroganza di imparzialità, il saggio relativismo, il neutrale pulpito super-partes, l’inclusivismo dell’amore indifferenziato. Di contro, la perversione integralista, quel male di vivere che ogni religione di per sé impone, la classica intolleranza oscurantista, quel Dio che è l’unico vero ostacolo perché l’uomo sappia e possa agire moralmente. La laicità viene supposta come il principio della vera moralità, contro il servilismo di chi serve la Rivelazione e la Legge di Dio. Perché Dio – come diceva il serpente nell’Eden – non può che essere il Padrone, il Carnefice.
Perché le cose – e le idee – vanno così da queste parti dell’Occidente moderno: Dio è ostacolo per il bene; la Legge di Dio è la perversione per il bene che l’uomo è in grado, in piena autonomia, di compiere; la religione è la corruzione dei veri principi etici, veri proprio perché assoluti. Nel senso di ab-soluti, sciolti da qualsiasi contesto, finalità. Kant avrebbe detto «eteronomia».
3.
È l’antico adagio moderno, affermatosi nell’Europa del XVII e XVIII secolo, con il trionfo della ragione illuminista. Che è ragione trionfante, nella misura in cui si emancipa da Dio. Dio è «il ciò da cui» l’uomo deve liberarsi, l’idea infame che perverte le menti, l’alienazione della coscienza infantile e minorata. L’uomo per Kant non nasce come essere morale. Lo diventa. E lo diventa senza Dio. Senza neppure un’idea di Bene. Senza neppure un Fine. Per puro dovere fine a se stesso di sottomettersi alla Legge assoluta, che esiste nella sua coscienza, indipendentemente dall’educazione, dalla società, dalla religione, da Dio. L’azione umana può dirsi morale se e solo se è compiuta con l’intenzione pura del dovere, senza altra finalità. L’azione è morale se e solo se è autonoma, sia rispetto alla causa, sia rispetto al fine. E quindi, come va di moda oggi, in questo senso può essere globale.
Si tratta della analoga autonomia giuridica, attraverso cui hanno inventato il moderno gius-naturalismo: la rivendicazione del diritto naturale per «tutti», a patto che siano uomini: perché qualcuno come il feto o il malato o l’essere giudicato (?!) di razza inferiore potrebbe per questa logica, tollerante e inclusiva giurisprudenza non esserlo! L’uomo, in quanto essere razionale, scopre di avere la vita, la libertà e la proprietà privata come prerogative proprie, indipendentemente da Dio o dallo Stato, dalla legge divina o dalle legge positiva. Non contro Dio o contro lo Stato. Senza Dio e senza lo Stato. Di Dio, se ne può fare a meno, per un naturale e razionale riconoscimento tra pari. Dello Stato, se ne può fare buon uso, creandolo per tutelare meglio i diritti naturali.
4 .
Invece, per Giulio Giorello, anche di Dio e della sua non esistenza si può fare «buon uso». L’ateismo è l’apice della coscienza dell’uomo moderno che non appartiene a nessuna Chiesa (una sua pubblicazione è proprio “Di nessuna Chiesa. La libertà del laico”). Non si tratta, tuttavia, dell’ateismo filosofico di Feuerbach, il quale vede Dio come la necessaria creazione dell’uomo che, proiettando se stesso al di fuori di sé, trova il modo di oggettivarsi e comprendersi. Non si tratta neppure ovviamente di quella forma sterile e superficiale di ateismo da qualunquismo del popolino, incapace di produrre un qualsiasi ragionamento critico di base.
Giorello è stato, in questo senso, onesto intellettualmente. Ha riconosciuto il buon uso dell’ateismo non nel disquisire sulla esistenza o meno di Dio. A mio avviso perché in fondo la ragione è indotta a riconoscere per logica la Sua esistenza. Il buon uso dell’ateismo risiede piuttosto del decidersi – secondo volontà quindi – di non servire Dio. Non è una questione di fede. Ma di volontà. Elogiando il principio anarchico Ni Dieu ni maître, Giorello scriveva – in Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo – esattamente questo: “La forza dello spirito, per l’ateismo, non sta nel dimostrare che Dio non c’è, bensì nel rifiuto di riconoscerlo come un padrone: non serviam”.
L’ateo non è allora colui che si pone super-partes. L’ateo è colui che non serve Dio. Non è ipocritamente l’agnostico da salotto. O colui che dice di vivere come se Dio non ci fosse, ricercando dialogo relativista o inclusioni e tolleranze prive di forma e identità. È colui che sceglie se stesso, contro Dio. L’ateo è colui che serve se stesso!
Questo è paradossalmente coerente anche con il Vangelo: non potete servire due padroni. Gesù contrappone radicalmente l’amore per l’uno e l’odio per l’altro (Mt 6,19-24). Ovviamente. Sant’Agostino, linearmente parlava di amore verso se stessi condotto fino al disprezzo di Dio. La città del Diavolo, con la sua pace, la sua giustizia, i suoi valori su cui dialogare e a cui conformarsi.
5.
Riflessione a margine: non direi però che l’ateo laico non sia “di nessuna Chiesa”. Di nessuna religione. E per questo libero. La sua è in effetti una religione. La religione dell’uomo. L’ateo ama, adora, rende culto a se stesso come Dio, in grado di decidere chi è uomo e chi no, quanti generi sessuali esistono, quando è lecito uccidere una persona, chi e cosa è consono e conforme, per la natura dell’uomo, amare o meno, chi è degno di cure mediche e chi no, se la libertà sia l’anarchia indeterminata di ogni istinto, quali opinione è legittima e chi deve essere sottoposto – pur sempre democraticamente – a silenzio e denuncia come nemico dell’umanità, ecc.
Questa in fondo è la matrice religiosa della laicità. E non è un paradosso. Perché mai esisterà uno stato che non sia il complesso sviluppo di una precisa visione dell’uomo. E di Dio: serviam «aut» non serviam. San Michele aut Lucifero.
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