di Jacob Netesede
Sentite cosa accade a questo mio amico.
È sposato da qualche anno, ama sua moglie (ogni giorno un po’ di più, a sentir lui) e i figli crescono belli e sereni in quella che, agli occhi dei vicini, sembra proprio una bella famiglia.
Ha anche un buon lavoro, che nel tempo ha imparato ad apprezzare e che, nondimeno, consente di mantenere tutti.
Spesso ha anche la percezione di avere tanti amici, affabilmente interessati alla sua vita.
Se poi pensate che, anche in tempo di epidemia, gode di ottima salute, converrete con me che ha davvero poco di cui lamentarsi.
Dovrebbe godersi i suoi giorni e, senza farla troppo lunga, fuggire ogni sorta di lamentazione o corrucciamento.
Eppure, se voi lo incontraste, come è capitato a me in questi giorni, non potreste non notare nei suoi occhi una sorta di remota sofferenza, di malcelata inquietudine, direi quasi di nostalgia.
È lieto, senza dubbio.
Eppure, è come se fosse nella trincea di una sorta di guerra invisibile, o almeno così dice lui.
Gli ho chiesto qualcosa su questa guerra e sulle prime ha titubato.
Ma davvero ti interessa?
Un misto di senso civico e curiosità mi ha indotto a rispondergli “sì”.
Allora ascoltami, ti faccio tre esempi, solo tre (e sappi che te ne potrei fare molti di più).
Vita, fede e libertà.
Quando abbiamo concepito il primo figlio, dalla prima ecografia al giorno della nascita, l’ho visto crescere, l’ho aspettato, desiderato e immaginato.
Ho proprio visto lui, sin dal primo istante.
E mi sono ritrovato a odiare l’aborto, odiare un fatto che si ripete ogni giorno più di 100.000 volte, ogni anno decine di milioni di volte.
Ciò che io odio, il mondo intorno a me sembra invece apprezzarlo.
Se un film racconta la tragicità di una interruzione di gravidanza, è boicottato.
E se qualcuno racconta la violenza dell’aborto, è bandito dai discorsi pubblici.
E se si prova a dare voce a chi voce non ha, si passa per violenti medioevali, nella migliore delle ipotesi.
Il fatto è che pensare ad una vita spezzata nel ventre di una madre, mi fa soffrire.
Sarebbe facile non sentire questo dolore: basterebbe cambiare idea.
Basterebbe convincersi che un grumo di cellule non può limitare la libertà di scelta di una donna, ma non riesco.
Altro esempio: quando mi sono sposato, ho, di fatto, detto no a tutte le altre donne del mondo (anche a quelle che non avevo ancora incontrato!).
Non bastava intuirlo, mi sono fidato del fatto che l’indissolubilità del matrimonio tra uomo e donna fosse una questione sacramentale.
La fede mi fa credere che l’uomo non dovrebbe separare ciò che Dio ha unito.
In Amoris Laetitia, con piccoli sotterfugi verbali neanche troppo sofisticati, con la pavidità di chi non parla chiaro, si dice che l’indissolubilità è relativa, non assoluta.
Chi dovrebbe sostenermi nella custodia della mia fede, sostiene che dipende dai casi, che qualche volta Dio ha “sbagliato ad unire” e che si può separare.
E quelli che dovevano alzarsi in piedi, stanno affondando comodi sul divano della più stolida delle obbedienze, come se la complicità fosse una virtù.
E chi ha chiesto lumi, non ha avuto risposta.
E i luoghi, come i movimenti carismatici, che educavano alla battaglia si riducono a gruppi di auto-aiuto sentimental-psicologico o a lobby in salsa religiosa.
E questo silenzio, questi giochi di parole per non parlar chiaro, questo lasciar intendere che mistifica la realtà, questo dividere dottrina e carità, questo abuso di potere, questo picconare i fondamenti della fede, mi fa letteralmente sanguinare.
Soffro nel vedere la fede dei martiri nelle mani dei violenti.
Sarebbe facile non sentire questo dolore: basterebbe cambiare idea.
Basterebbe aggiornare i contenuti della mia fede, cambiando idea.
Ultimo esempio, un dialogo sulla libertà.
Sei libero, non c’è obbligo vaccinale, ma se non ti vaccini devi restare in casa senza soldi o emigrare.
Ma non è giusto!
Ok, vaccinati e non avrai più problemi.
Ma più mi confronto, più ci metto la testa e più sono perplesso.
Allora arrangiati, perché se hai ancora dubbi sei solo uno stupido fanatico. Sennò vaccinati e non sarà più un tuo problema.
Ok io mi vaccino, però i bambini no, sperimentare su di loro davvero non serve!
Bene, allora restate in casa, tu e i tuoi figli.
Ma tutti i miei argomenti, le mie ragioni, la documentazione, gli studi comparati…?
Non c’è tempo, siamo in emergenza. Vaccinati e finisce tutto!
Ma questo è un ricatto: io offro argomenti (che per comodità o per pigrizia tu non vuoi considerare) e voglio argomenti, non scorciatoie.
È un atto d’amore, ma lo devi fare per forza. Ti vorrei obbligare, ma non riesco. Allora ti rendo la vita impossibile finché non capisci che sbagli, che sei stupido e che dovevi farlo prima e che per colpa anche tua guarda come siamo ridotti.
Ma questi non sono argomenti seri!
Ma questi argomenti esistono! Le tue obiezioni, invece, no. Non esistono, perché sono chiaramente contrarie alle regole della comunità e della community.
E questa violenza psicologica che mistifica la realtà mi genera dolore al cuore.
Sarebbe facile non sentire questo dolore invisibile: basterebbe cambiare idea.
Insomma, ogni giorno, la via “apparentemente facile” è a portata di mano: basterebbe cambiare la mia idea, il mio giudizio sul mondo.
Poi penso che se “cambiassi idea” su queste cose, cambierei io.
Sarebbe, di fatto, la mia conversione al mondo.
Non sarei più io.
Quella “letizia” che tu guardi forse con una certa invidia nasce dalla certezza su ciò che il mondo intorno a me rifiuta, combatte e odia.
Odia la vita, odia la fede, odia la libertà.
E capisco che se cambiassi giudizio su queste cose, per me non sarebbe “più facile”: sarebbe tragicamente più difficile!
Quindi ogni giorno, in me, si combatte: verità o comodità? Via stretta o via larga?
Certi giorni i fuochi di questa guerra invisibile filtrano fino agli occhi.
Non mi spaventa la battaglia, non mi spaventa la fatica, non mi preoccupa di “sembrare in guerra” agli occhi di chi mi incontra.
Perché in questo combattimento tengo desto il desidero della rivelazione definitiva di Cristo, della verità.
Perché solo con una rivelazione, in greco ἀποκάλυψις, apocalisse, troverei pace.
Vuoi altri esempi?
No, grazie.
Ma grazie a questo amico ho compreso perché la Bibbia finisca con l’invocazione più umana, più desiderabile che ci sia: Vieni, Signore Gesù.
Vieni prima che qualcuno cambi idea.
Grazie Jacob Netesede! Non ti conosco ma hai messo per iscritto i miei pensieri di questo ultimo periodo! Incredibile coincidenza…anche perché il caso non esiste…
Elisa