Lazzaro-Gesu-Betania

 

 

V Domenica di Quaresima (Anno A)

(Ez 37,12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45)

 

di Alberto Strumia

 

 

Nel percorso “educativo alla Fede” che le letture della liturgia della Quaresima ci hanno fatto fare, vediamo un “crescendo” nell’approfondimento dei contenuti. Così che il nostro modo di considerare l’esistenza e, di conseguenza, il nostro modo di comportarci e di prendere le decisioni, sia sempre meno superficiale e sempre più diretto verso la Verità e il Bene. Ad ogni domenica di questa Quaresima ci è stato indicato un “passo di approfondimento” per la Fede, corrispondente ad un aspetto della “vittoria di Cristo” sul male e sulla morte. Un passo della sua opera di “riparazione” della giustizia tra l’uomo e il suo Creatore. In particolare, in queste ultime tre domeniche

– abbiamo visto la “Vittoria di Cristo” nel descrivere, spiegare, comprendere e mettere in pace il cuore inquieto dell’essere umano quando, progressivamente, si fida sempre più di Lui. Il brano del Vangelo della Samaritana di due domeniche fa, ha descritto in dettaglio addirittura i passaggi “psicologici” e “interiori” (cioè “spirituali”) di questo lavorio che il Signore è capace di fare, con la Sua Onnipotenza, nell’intimo delle persone, per prepararle al quella felicità che, affacciatasi come esperienza in questa vita, potrà trovare, per chi la vorrà seguendo il cammino cristiano, la sua pienezza nell’Eternità.

– abbiamo visto la “Vittoria di Cristo” nel restituire la vista degli occhi del corpo, giungendo fino alla vista dell’intelligenza che giunge alla Fede, nel Vangelo della guarigione del “cieco nato”, nella domenica scorsa.

– Oggi siamo arrivati al culmine della “vittoria di Cristo” su quella estrema forma di “ingiustizia” per un essere umano che è la condanna a dover morire, quando “dentro” ci percepiamo “eterni”, essendo stati creati per la Vita Eterna. Con il “peccato originale” e con ogni “peccato attuale” l’uomo/umanità si è liberamente condannato a morte. Il Signore ha riparato questo danno estremo con la Sua Risurrezione, dopo aver preso su di sé quella ingiusta condanna a morte, come pena che l’uomo ha inflitto a se stesso presumendo di essere lui da solo la causa della vita, quando si è fidato più di Satana che di Dio Creatore.

  1. Il Vangelo della risurrezione di Lazzaro, che abbiamo letto oggi, profetizza nella risurrezione dell’amico morto, quella “vittoria di Cristo” che, di lì a poco, sarà la Risurrezione di Gesù, ad esplicita dimostrazione della Sua Onnipotenza Divina. Per questo Gesù può dire che la malattia di Lazzaro non sarà definitivamente mortale («Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio») e Marta potrà dire, nella Fede, che è l’Onnipotenza divina di Gesù a garantirlo («Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!»).

Se non ci fosse stato il “graduale percorso educativo” che ci ha fatto compiere tutti i “gradini” del cammino del quale la nostra ragione ha bisogno per arrivare, con l’aiuto della Grazia, fino alla Fede nella Divinità di Cristo, da soli non ce l’avremmo mai fatta.

Il Signore lo sa e, lungo tutta la storia della Salvezza, ha “condotto per mano” (manuducti come dice san Tommaso d’Aquino, nel suo efficace latino medievale) gli esseri umani che lo hanno seguito, dalla “rozzezza culturale” dal quale sono partiti alle vette della “santità cristiana”.

In questi ultimi secoli, culminando in questi nostri recenti anni, tutta questa bellezza è stata nuovamente rifiutata, in un rinnovato peccato originale, nell’illusione di un delirio di onnipotenza distruttivo, con la conseguenza che si sono fatti all’indietro tutti i gradini del percorso che aveva riscattato la storia umana. Lazzaro, risuscitato da Gesù, è tornato a morire per la seconda volta! Come dopo qualche anno è sicuramente successo inevitabilmente anche allora. Perché la sua risurrezione non era ancora definitiva, ma era solo un “segno profetico” della Risurrezione di Cristo che sarebbe avvenuta più tardi.

Così, oggi, noi siamo in attesa del ritorno del Signore, che manifesterà la definitiva e irreversibile Risurrezione per la Vita Eterna degli esseri umani. E della bellezza di questa gloria noi abbiamo già qui un’anticipata esperienza nella vita cristiana e una luce di riferimento nella vita dei santi. Così che con Marta anche noi possiamo dire che già da «ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà».

L’umanità di questi nostri anni recenti è morta (la sua “ragione” non sta funzionando praticamente più, la sua “fede”, anche nella Chiesa sembra essere spesso stravolta e male orientata); come Lazzaro «manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni», tanto che la gente sta soffocando!

In questo quadro angosciante, però, non mancano piccole case, magari con poche persone amiche del Signore («Lazzaro, il nostro amico»), come la casa di Lazzaro, Marta e Maria, nelle quali il Signore, una volta chiamato nella preghiera, non manca di ritornare (Gesù «disse ai discepoli: “Andiamo di nuovo in Giudea!”»). Sono quei piccoli gruppi di fraternità, che oggi già nascono ed esistono, dei quali parlò profeticamente il card. Ratzinger nel 1969 (la Chiesa «ripartirà da piccoli gruppi, da Movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza»). Alla luce di quanto accade oggi la casa di Marta e Maria descritta nel Vangelo è come una “profezia” scritta per noi. Chi va ad abitarvi viene fatto risorgere dal Signore, alla Fede («Tuo fratello risorgerà»), anticipo della Risurrezione per l’Eternità.

  1. Insieme al Vangelo, la prima lettura, tratta dal profeta Ezechiele, una descrizione “visiva” della risurrezione («vi faccio uscire dalle vostre tombe») che nel resto del capitolo 37, qui non riportato, è addirittura “materialmente anatomica” della ricostruzione dell’essere umano, operata dallo Spirito di Dio, in Cristo («“Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete” […]. Sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente», Ez. 37,6-7).
  2. Nella seconda lettura san Paolo parla della risurrezione dello spirito dell’uomo, attraverso la Fede, che prepara il credente anche alla risurrezione definitiva del corpo, riparazione finale del danno dovuto al rifiuto della “giustizia originale” tra noi e il Creatore («il vostro corpo è morto per il peccato»): «Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi».

In Maria, Immacolata Concezione, tutto questo si è già realizzato anticipatamente. Perciò noi ricorriamo con sicurezza alla sua protezione e alla sua materna intercessione, in ogni giorno della nostra esistenza terrena, in attesa di essere da lei introdotti nel Cielo.

 

Bologna, 26 marzo 2023

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari.

 

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