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di Sabino Paciolla
Sembra iniziata una vera e propria “vaccino-dipendenza”.
Ieri Israele ha dato corso alla distribuzione della dose del richiamo del richiamo. In sostanza, gli over 60 hanno cominciato a sottoporsi alla terza dose di vaccino COVID, purché fossero passati almeno 5 mesi dall’ultima dose. Quindi, nell’arco di 6 mesi un israeliano avrà ricevuto già tre dosi di vaccino, i cui effetti collaterali a medio-lungo termine, per altro, non si conoscono. E questo perché la variante Delta ha cominciato a diffondersi nel paese, portando i casi di contagi giornalieri anche a superare la soglia di 2.000, pari al 20% del picco dell’ultima ondata. Per dare l’esempio, ieri si è vaccinato il presidente di Israele ed anche l’ex primo ministro Netanyahu. Quest’ultimo ha motivato la vaccinazione perché ha scoperto che il suo livello di anticorpi contro il coronavirus era diminuito in modo significativo.
Questa nuova “ondata” vaccinale ha iniziato a diffondersi in Israele con il solito obiettivo di ridurre il dilagare della infezione. Purtroppo quello che accade è invece il contrario. L’infezione riprende a diffondersi nonostante la vaccinazione. Uno dei target della vaccinazione è quello dei ragazzi, anche se qualcuno non è per nulla d’accordo.
Giovedì il ministro dell’Istruzione Yifat Shasha-Biton ha suscitato polemiche affermando che vaccinare i bambini contro il COVID-19 nelle scuole è “un crimine”. Evidentemente il ministro dell’Istruzione condivide la politica adottata da alcuni paesi europei, come Germania e Regno Unito, che sconsiglia la vaccinazione a tappeto under 18, consigliandola solo ai casi particolari dei fragili.
Lo stato di Israele, però, come sempre, vuole essere il primo. E così, anche per la terza “ondata” di vaccinazioni, Israele è il primo stato al mondo ad aver aperto le danze.
Evidentemente avranno dati sulla variante Delta e sulla efficacia dei vaccini che noi non abbiamo. Probabilmente saranno simili a quelli nuovi in possesso dei Center for Disease Control and Prevention (CDC) americani e che preoccupano non poco gli scienziati, tanto da far sostenere ad alcuni funzionari che occorre “riconoscere che la guerra è cambiata”.
La variante Delta è così contagiosa da far sembrare di aver a che fare con un nuovo virus, visto che si diffonde più rapidamente dei virus che causano MERS, SARS, Ebola o il comune raffreddore, e alla stessa velocità della varicella. Inoltre i dati hanno messo in evidenza una caratteristica: gli individui vaccinati che si sono infettati con la variante Delta possono essere in grado di trasmettere il virus con la stessa facilità di coloro che non sono vaccinati. E questa è risultata un’autentica, amara, sorpresa, che ha preso di contropiede le autorità sanitarie americane. Queste, infatti, non più tardi di metà maggio scorso, avevano rassicurato la popolazione vaccinata che poteva non indossare le mascherine sia all’aperto che in luoghi chiusi. E invece hanno dovuto constatare che le persone vaccinate infettate dalla Delta hanno cariche virali misurabili simili a quelle delle persone che non sono vaccinate e infettate dalla variante.
L’infezione con la variante Delta produce quantità di virus nelle vie respiratorie che sono dieci volte superiori a quelle viste nelle persone infettate dalla variante Alpha, che è, a sua volta, già molto più contagiosa della versione originale del virus. Si stima che la variante Delta sia mille volte più contagiosa del virus iniziale venuto da Wuhan.
I dati del rapporto del CDC vengono da vari studi, uno dei quali ha riguardato un focolaio scoppiato a Provincetown, una città della contea di Barnstable, Massachusetts, dove sono stati identificati 469 casi di COVID-19 tra i residenti del Massachusetts che si erano recati in città dal 3 al 17 luglio; 346 (74%) si sono verificati in persone completamente vaccinate.
La dottoressa Walensky, a capo dei CDC, ha definito la trasmissione da parte di persone vaccinate un evento raro, ma altri scienziati suggeriscono che potrebbe essere più comune di quanto si possa pensare.
I funzionari della CDC sono stati così allarmati dai nuovi dati che hanno comunicato il cambiamento delle linee guida sulle mascherine anche prima di aver diffuso i dati. Ciò ha irritato a tal punto gli esperti del settore da indurre Kathleen Hall Jamieson, direttrice dell’Annenberg Public Policy Center presso l’Università della Pennsylvania, a dire: “Quando sei un funzionario della sanità pubblica, non puoi dire: ‘Fidati di noi, lo sappiamo, non possiamo dirti come'”. “La norma scientifica suggerisce che quando fai una dichiarazione basata sulla scienza, mostri la scienza. … E il secondo errore è che non sembrano essere sinceri sulla misura in cui le infezioni [da vaccino bucato] stanno producendo ricoveri”.
La direttrice dei CDC ha anticipato i dati ai membri del Congresso giovedì, ai quali ha comunicato che, come riporta il Washington Post, esiste un rischio di ricovero e morte più elevato tra i gruppi di età più avanzata rispetto ai più giovani, indipendentemente dallo stato di vaccinazione.
E questo è un dato molto importante che dovrebbe far riflettere molti. Un dato che rende più difficile la narrativa che fin qui è stata diffusa secondo la quale i vaccini avrebbero risolto ogni problema in maniera definitiva e che i vaccinati non sono contagiosi e non sono a rischio di ricovero e morte. E ciò non solo perché il vaccino non è efficace al 100%, ma semplicemente perché una variante può “bucarlo”.
A Singapore, ad esempio, un paese che presenta il 74% di vaccinati, di cui il 54% con due dosi, il 75% delle nuove infezioni si verifica in persone che sono parzialmente e completamente vaccinate.
Ritornando ai CDC, “Abbiamo fatto un ottimo lavoro nel dire al pubblico che questi sono vaccini miracolosi”, ha detto Seeger. “Probabilmente siamo caduti un po’ nella trappola dell’eccessiva rassicurazione, che è una delle sfide di qualsiasi circostanza di comunicazione di crisi”.
A questo punto si pone il problema della immunità di gregge. Abbiamo sentito in Italia annunci gioiosi che proclamavano che avremmo raggiunto l’immunità di gregge già ad agosto. Così aveva detto a fine maggio scorso il presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e coordinatore del Cts, Franco Locatelli. Evidentemente non aveva visto la curva dei contagi del Regno Unito che proprio in quel periodo mostrava una inversione di tendenza verso l’aumento dovuta proprio alla variante Delta. Quella variante che in India, da cui proveniva, aveva mostrato un tasso di diffusione nettamente superiore alla variante Alfa, quella inglese.
E se così stavano le cose, cioè se la variante inglese (Alfa) spingeva un contagiato a contagiare in media 2,5 persone, mentre quella Indiana (Delta) 6-7 persone, se ne sarebbe dedotto che per raggiungere l’immunità di gregge occorreva passare da una percentuale di vaccinati+contagiati del 60% ad una vicina all’85-90%. Per cui la conclusione sarebbe stata che era impossibile raggiungere l’immunità di gregge ad agosto. E invece si è propagandata questa notiziona, forse per invogliare ancor di più la campagna di vaccinazione dei bambini.
Purtroppo la variante Delta ha riportato sulla terra un bel po’ di persone. Infatti, se a contribuire al contagio partecipano anche i vaccinati, l’obiettivo della immunità di gregge diventa un miraggio. Non solo, la situazione dà sempre più ragione a coloro che hanno detto che non si fa una vaccinazione a tappeto nel bel mezzo di una pandemia poiché si rende il virus più aggressivo e più contagioso. Lo si spinge cioè a trovare una variante che aggiri o buchi la difesa del vaccino.
Tutto questo mette in evidenza la fallacia del green pass, che diventa sempre più chiaro essere non uno strumento di politica sanitaria, come si vuol far credere, ma uno strumento politico, funzionale ad un disegno ideologico di controllo della popolazione, finalizzato alla induzione (per usare una parola gentile, ma sarebbe meglio dire ricatto) dell’individuo alla vaccinazione con un siero, occorre ricordarlo, sperimentale.
Da oggi, dopo quello che abbiamo sentito, nei posti ove è richiesto il green pass, anche ad un vaccinato dovrebbe essere richiesta la prova del tampone, visto che può contagiare. E ciò vale anche per i medici. Vi sembra una esagerazione? No, affatto. Lo stesso Mario Draghi ha preteso nella sua ultima conferenza stampa con i giornalisti, tutti doppiamente vaccinati, di effettuare il test del tampone. Inoltre i CDC, proprio a causa della variante Delta, hanno appena cambiato le linee guida e prevedono proprio questo nel caso un vaccinato fosse stato a contatto con un contagiato. A questo punto, per una questione logica, dovrebbe cadere anche l’obbligo vaccinale.
I fatti della variante Delta mettono anche in evidenza l’erroneità, oltre che la strumentalità, delle parole che il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto durante l’ultima conferenza stampa del 22 luglio scorso. In quella occasione così si è espresso:
‘L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente: non ti vaccini, ti ammali e muori. Oppure, fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore’.
Una plateale cantonata, vista la contagiosità dei vaccinati, che ha offuscato notevolmente il prestigio del presidente Draghi.
La morale che si deve trarre da tutta questa storia è che se non si vuole sviluppare una rischiosa vaccino-dipendenza (con una terza dose, poi una quarta, e così via), occorre favorire, accanto ai vaccini (arma che potrebbe essere utilizzata liberamente dalle persone fragili di tutte le età), le terapie domiciliari, e consentire l’utilizzo di farmaci che si sono dimostrati efficaci nel salvare vite, a cominciare dalla Ivermectina e idrossiclorochina.
Come ho già detto in un altro articolo di alcuni mesi fa, la cura della malattia è una, mentre i vaccini da inocularsi saranno tanti quante saranno le varianti che li bucheranno. Il guaio è che mentre la cura servirà solo a quei pochi che ne avranno bisogno, lsciando liberi gli altri, i vaccini saranno invece inoculati anche a coloro ai quali il virus non avrebbe fatto nulla, facendo però correre loro rischi inutili.
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