di Annarosa Rossetto
I social sono strumenti interessanti: puoi trovare le persone più disparate, litigare con sconosciuti che ti insultano per una semplice frase, trovare persone con cui nasce un’intesa che anche da lontano si rafforza.
Ho conosciuto Sabrina diversi anni fa su Twitter. Direi che ci siamo incrociate parlando di diritto alla vita e di famiglia, non so nemmeno bene quando e come. Ci siamo sentite qualche volta tramite messaggi diretti e abbiamo scoperto una affinità che ci ha unito anche se sempre “virtualmente”.
La sua vita la conosco appena, so di alcuni passaggi nella sua vita molto dolorosi e so di una Fede forte che l’ha sostenuta in queste prove. L’ultima è stata la perdita del figlio Davide, un ragazzo segnato da una grave disabilità insorta a pochi mesi dalla nascita.
Me ne aveva parlato come di un ragazzo fragile con tante difficoltà ormai anche a respirare e nell’aprile dello scorso anno purtroppo si è compiuta la sua vita.
Qualche settimana fa mi ha raccontato di aver messo giù i ricordi della sua storia e che questo “diario”, nato per un bisogno di fissare “tutte le cose belle” della vita di Davide, era diventato un libro: ho voluto fare una chiacchierata con lei e vi riporto qui le cose che mi ha detto in videochat.
Qualche mese dopo la morte del suo ragazzo, anche su spinta dell’altra figlia, Angelica, aveva sentito il bisogno di raccogliere i ricordi su dei fogli, le occasioni di bellezza e gioia, le fatiche e le conquiste in modo da lasciare una traccia della sua vita breve ma intensa, soprattutto agli amici più intimi ed ai parenti. Ne aveva fatto alcune fotocopie rilegate con “la spirale” e le aveva regalate a qualcuno… poi, non avendo potuto celebrare con una Messa l’anniversario della morte a causa del Covid, ha deciso di inviarne una copia alla Casa Editrice della Diocesi di Milano, diocesi cui appartiene Melzo, la cittadina dove abita, e nel giro di pochi giorni ha ricevuto una telefonata che annunciava l’interesse per la pubblicazione del libro che ha visto la luce nel giugno di quest’anno con il titolo “Tutte le cose belle”.
Il libro ripercorre gli ultimi mesi della vita di Davide, morto a 27 anni la sera di Pasqua del 2019, con molti flash back che ci raccontano le “cose belle” della sua vita.
L’aspetto che mi ha colpito, della vicenda di Davide, e la cosa che mamma Sabrina tiene di più a sottolineare, è come sia stato importante per lei e il marito Fabrizio comunicare a Davide la cosa più importante per la sua vita, quella “cosa bella” che non l’avrebbe mai abbandonato, qualunque difficoltà avesse dovuto superare: l’amore di Gesù e per Gesù perché, come le disse una volta un sacerdote cui confidava la sua preoccupazione per il futuro di Davide, “chi ha Dio ha tutto”. E’ con questa convinzione che Sabrina ha iscritto il suo bambino, che non camminava e non parlava, al catechismo della loro parrocchia.
Davide, fin dai primi mesi di vita, e qui è scattato il mio interesse come logopedista, ha seguito un percorso riabilitativo incentrato sulla Comunicazione Alternativa Aumentativa che gli ha permesso, con un lungo addestramento cui mamma Sabrina ha dedicato tutta la sua vita e papà Fabrizio molta inventiva, di esprimere i suoi bisogni e le sue emozioni attraverso delle “tavole comunicative” create apposta per le sue esigenze e le sue capacità.
Anche per il catechismo è stata la mamma la forza trainante perché la comunità parrocchiale trovasse il modo di accogliere un bambino con tante difficoltà, ed è stata la mamma a costruire per lui un libro di catechismo e degli strumenti didattici adatti alle sue potenzialità per renderlo consapevole della Fede trasmessagli embrionalmente dalla famiglia. La disponibilità della parrocchia, sacerdote, catechiste e bambini, è stata immensa ma anche grande era l’impreparazione per seguire un bambino così così Sabrina ha creato un quadernone di cartoncino rigido che lui, con le sue ridotte capacità di controllo delle mani, potesse comunque sfogliare, con le stesse immagini del catechismo degli altri bambini affinché seguisse lo stesso percorso catechistico dei suoi compagni.
Ha costruito per lui oggetti per spiegargli, ad esempio, il significato dell’Eucaristia con una riproduzione della particola in cartoncino che, aprendosi a libretto, era diversa prima e dopo la Consacrazione: vuota, quando viene presentata all’Offertorio, con una immagine di Gesù all’interno dopo la Consacrazione. Avendo Davide problemi di masticazione Sabrina era preoccupata che non potesse prendere una particola intera e così ne ha creato una tagliata a metà che, però, conteneva tutta l’immagine di Gesù in modo che il bambino capisse che non contava la dimensione dell’ostia ma che la Presenza Reale c’era “tutta” anche se lui ne avesse potuto prendere solo un pezzettino.
Della consapevolezza di Davide sull’importanza della Fede in Gesù, Sabrina porta a testimonianza il bacino che, anche diventato grande, continuava a mandare verso l’altare dopo la Consacrazione e quanto fosse importante per lui la preghiera subito dopo aver ricevuto l’Eucaristia per il papà Fabrizio, scomparso per un incidente sul lavoro: la concentrazione in quel momento dedicato al papà in un angolino appartato della chiesa parrocchiale era un momento che Davide non voleva perdere nessuna domenica. Anche la volontà di andare in oratorio, allo “Spazio della gioia”, un momento di attività dedicato in particolare ai ragazzi disabili, è per Sabrina segno di quanto forte sentisse Davide il senso di appartenenza a quella comunità di fede. Grazie ai suoi amici Davide ha potuto anche partecipare in prima persona alla Cresima rispondendo il suo “Eccomi!” al vescovo grazie ad uno strumento azionato da un pulsante adatto alle sue difficoltà motorie imprestatogli da uno di loro. La disponibilità della parrocchia, degli educatori e dei compagni di oratorio gli ha anche permesso di partecipare al campeggio estivo in montagna.
Sabrina ha dedicato una parte importante del suo libro proprio a raccontare quanto importante sia, per i ragazzi disabili, l’incontro con Gesù attraverso la comunità parrocchiale oltre che attraverso la famiglia. Ha trascritto le sue riflessioni più che su un “metodo” di trasmissione della Fede ai bambini disabili, pur non avendo tralasciato dettagliate esemplificazioni, sulla motivazione che deve spingere una famiglia ad impegnarsi perché anche un bambino con difficoltà motorie o cognitive debba essere fatto crescere anche spiritualmente: chi ha Gesù ha tutto e tutti meritano di poter incontrarLo perché è quello l’incontro che può dare senso all’amore, alla vita e anche a tutte le difficoltà. IncontrarLo anche attraverso gli amici e i coetanei: il suo libro è suddiviso in otto parti e ogni capitolo inizia con una parte di una testimonianza che ha fatto durante una assemblea scolastica. E questa sua testimonianza partiva dal racconto della guarigione del paralitico calato dai suoi amici con il suo lettuccio davanti a Gesù: “siate voi quegli amici che portano i ragazzi come Davide davanti a Gesù”, ha voluto dire a quei ragazzi.
Ed è quello che Sabrina vuole dire a tutti noi.
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