Pentecoste Duccio di Boninsegna 1255 Siena
Pentecoste Duccio di Boninsegna 1255 Siena

 

Domenica di Pentecoste (Anno C)

(At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14, 15-16.23b-2s)

 

 

di Alberto Strumia

 

Oggi è la solennità della Pentecoste che si celebra, come indica la radice greca del nome, cinquanta giorni dopo la Pasqua. In questo giorno la liturgia della Chiesa ricorda la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli nel Cenacolo. Di Dio Padre possiamo formarci, per analogia, una qualche nozione con il paragone con la figura umana di nostro padre e dei padri umani. E così del Figlio con il paragone con noi stessi e con i figli di ogni famiglia umana – e a un livello inferiore anche animale – la Persona dello Spirito Santo è concettualmente non afferrabile con l’aiuto di qualche analogia con qualcuno o qualcosa di “corporeo”, di “materiale”. Le rappresentazioni più “materiali” che ne abbiamo nel Vangelo e nel Nuovo Testamento sono solo due:

– quella della colomba che scende su Gesù nel momento del Suo battesimo nel Giordano («Si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di Lui», Mt 3,16);

– e quella delle lingue di fuoco che si posano, senza bruciarli, sul capo degli Apostoli nel giorno di Pentecoste («Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo», prima lettura). A queste si accompagna anche l’immagine più metaforica del ventoquasi un vento che si abbatte impetuoso», prima lettura) e più remotamente dell’olio che consacra i profeti, i sacerdoti e i re fin dall’Antico Testamento.

I termini “come”, “quasi”, sottolineano che si tratta di paragoni che rinviano ad un entità ben superiore (“trascendente”) rispetto alle entità create (colomba, fuoco, vento, olio) dei nomi delle quali ci si serve per cercare di descriverle. Ma nel Vangelo di Giovanni Gesù, per rivelare qualcosa di più sulla Persona dello Spirito Santo, va oltre questi paragoni con enti “corporei”, “materiali”, facendo piuttosto riferimento alle facoltà “immateriali” che l’essere umano possiede e delle quali ha una potente “esperienza interiore”. Sono la facoltà “immateriali

= del cercare di “conoscere” la verità ad opera dell’intelligenza («Lo Spirito di verità, Egli vi guiderà alla verità tutta intera», Gv 16,13);

= e dell’“amare” ad opera della libera volontà. Per non lasciare nella genericità e in preda alle interpretazioni troppo soggettive, come oggi normalmente accade, o al sentimentalismo questa parola “amore”, Gesù qualifica lo Spirito Santo come Consolatore («Il Padre […] vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre», Gv 14,16). Consolare, con una presenza che non lascia il consolato dopo poco tempo, ma rimane con lui per sempre, significa “rassicurare”, dare una sicurezza stabile, non passeggera, all’amato.

Questa presenza dello Spirito Santo è all’origine della vita nella sua pienezza («È lo Spirito che dà la vita», Gv 6,63; «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza», Gv 10,10).

Lo Spirito Santo è Dio («Dio è spirito», Gv 4,24) che opera nella piena libertà del Bene e rende liberi nell’esperienza del Bene coloro che lo assecondano («Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito», Gv 3,8). Mentre coloro che vi si oppongono finiscono per rimanere privi del “respiro”.

– Prima a livello “interiore”: pensiamo alla progressiva ignoranza e ottusità culturale che caratterizza, progressivamente sempre di più, i nostri anni; all’insensibilità e perdita di dignità degli esseri umani, a causa di uno stile di vita scriteriato, che uccide il gusto di vivere.

– Poi anche “esteriore”, “materiale”, dall’inquinamento alla contaminazione biologica dell’aria che dobbiamo respirare, fino all’omicidio e al suicidio che toglie definitivamente il “respiro” della vita.

Senza Dio che è Spirito, «senza il Creatore la creatura svanisce» (Gaudium et Spes, 36).

«Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22), cioè tutto ciò che fa “stare bene” un essere umano che sa quello che fa e vuole il bene per sé e per gli altri. Questi frutti dello Spirito sono ben identificati in quelli che la dottrina cristiana chiama i doni dello Spirito Santo: «I sette doni dello Spirito Santo sono la sapienza, l’intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1831).

– La Sapienza che apre la mente ad una lettura “teologica” della storia e della propria vita, alla luce della Rivelazione, riconoscendo tutto ciò che esiste in relazione a Dio Creatore e a Cristo Redentore;

– l’Intelletto che viene potenziato anche nella conoscenza naturale delle cose, nella scienza finalizzata alla ricerca della verità, nella consapevolezza che Cristo è la pienezza della Verità;

– il Consiglio che guida la razionalità e l’affettività a gestirsi con una padronanza e sicurezza nel giudizio delle cose, alla luce della fede;

– la Fortezza, che dà sicurezza e capacità di affrontare le prove della vita senza spaventarsi più del necessario, nella consapevolezza che Dio è Provvidenza;

– la Scienza che fa maturare in noi quella capacità di sintesi che nell’approfondire le conoscenze particolari delle leggi di tutto ciò che accade nel mondo creato, sa individuare e riconoscere in Dio Creatore, Fondamento di tutto, il vero principio di sintesi;

– la Pietà è ciò che i latini chiamavano pietas, senso religioso, senso del sacro, di rispetto di fronte alle persone (ad incominciare dai propri genitori: è la petas erga parentes, al popolo al quale si appartiene: è la pietas erga patriam) e alle cose perché sono volute e amate da Dio che le fa esistere e provvede loro;

– il Timore di Dio, che non è da intendersi principalmente in senso negativo, ma positivo: di fronte alla grandezza e alla bellezza dell’opera di Dio si ha il timore di rovinare qualcosa con un comportamento non giusto. È il fondamento della coscienza del peccato e del rispetto per tutto ciò che è sacro.

Maria Santissima, che per prima è stata investita dallo Spirito Santo («Lo Spirito Santo scenderà su di te», Lc 1,35) e che la tradizione vuole presente con gli Apostoli nel loro Cenacolo, è con noi anche ora nel Cenacolo della storia e ci dispone ad accogliere quello stesso Spirito che fin dall’inizio ha presieduto alla Creazione del mondo («lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque», Gen 1,2).

Bologna 5 giugno 2022

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari.

 


 

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