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Roberto Speranza e Mario Draghi

 

 

di Roberto Allieri

 

Quando si parla di pandemia, a pensar male di chi la gestisce si fa complottismo ma spesso ci si azzecca.

Devo purtroppo constatare di essere stato pochi giorni fa un buon profeta: le scomode critiche e alcune previsioni del mio precedente articolo (qui) si sono rivelate fondate e hanno trovato conferma nei fatti.

Ricordo la domanda cruciale da me posta ai governanti e a tutti quelli che danno loro il massimo credito: chi sono gli untori a cui bisogna dare la caccia? Chi sono i maggiori responsabili della diffusione del virus, da fermare con le buone o con le cattive?

La risposta ora non può più essere mistificata: essendo ormai i non vaccinati ridotti in modesta percentuale, controllati ogni due giorni con tamponi e sostanzialmente costretti in stato di semi-lockdown ci sono indizi che conducono a puntare il dito in altre direzioni, rispetto a prima.  Si comincia infatti a prendere in considerazione una categoria di persone diversa dai non vaccinati che, per motivi di privacy e per non essere tacciato di negazionismo, non voglio nominare. Posso solo dire che questa categoria raccoglie più del 90% degli italiani. Ma, ripeto, non vi dirò mai a chi mi riferisco…

Detto questo, mi fa piacere constatare un evento importantissimo: il ritorno del dubbio tra i politici, giornalisti ed esperti. Oggi gli scienziati buonisti ricominciano a riconoscere la liceità della critica sull’efficacia sempre più ridotta dei vaccini e la politica si interroga imbarazzata sulla genialata del super green pass.

La granitica certezza che andrà tutto bene, che il vaccino salva (basta prendere una, due, tre, quattro dosi o, meglio, una dose per ogni nuova variante stagionale), che l’immunità di gregge salva (basta arrivare al 60% anzi al 70%, 80%, 90%, 100% di vaccinazioni), che il green pass è strumento pensato per la nostra libertà, che le cure domiciliari efficaci non esistono, che l’immunità naturale di chi è guarito dal Covid non esiste… insomma, tutta questa narrazione sta crollando. 

Sia ben inteso: le mie considerazioni non sono espresse con l’obiettivo di infangare, nell’ottica del tanto peggio tanto meglio. Penso invece sia sempre necessario criticare costruttivamente. Purtroppo, però, oggi chi non approva il fanatismo vaccinista è bombardato da una propaganda martellante e anche senza cercarle acquisisce per osmosi tutte le informazioni che si vogliono far passare. Chi invece segue il mainstream viene escluso dal poter valutare ‘l’altra campana’; o meglio, la ascolta ma in modo deformato e screditato a priori. Così la critica costruttiva e il dubbio sono sistematicamente demonizzati.

Sappiamo ormai che Il vaccino non è l’unica soluzione al problema; le proposte alternative ci sono e sarebbe ora di prenderle in considerazione (basterebbe guardare a quei Paesi che stanno adottando con successo strategie diverse, come India e Giappone, per esempio). Ma non è questo il punto che voglio qui approfondire.

Ciò che mi interessa è invece analizzare l’animus, i moti morali che incendiano e fanno scatenare le passioni. Senza però cedere al disprezzo delle persone e senza acredine. Come ho già ribadito, chi persiste negli errori è anch’egli vittima di quell’ideologia disumana che ci sta divorando: il terrorismo sanitario, il buonismo manicheo che crea apartheid e azzera la dignità di chi non è dalla parte giusta.

Per capire il tipo di accanimento contro l’uomo (ovviamente finalizzato a conseguire il suo bene) di questa triste stagione che stiamo vivendo è utile rifarsi all’esperienza devastante del Terrore giacobino della Francia di fine ‘700, che aveva come suo più tenace propugnatore il feroce Robespierre. L’avevo già detto e lo ripeto ancora: io credo che l’attuale gestione della pandemia ricalchi molto quel rigido stile improntato all’igiene morale e sociale, alla quale doveva assoggettarsi, con qualsiasi mezzo, il buon cittadino francese.

Oggi siamo arrivati ad un bivio: o ci aggrappiamo al dubbio che può salvarci dandogli la possibilità di approfondirlo o scegliamo di non avere dubbi e restare nel solco consegnatoci dal Terrore giacobino.

Se imbocchiamo quest’ultima opzione possiamo tracciare quelle che saranno le ultime tappe del percorso. È bene sapere che il giacobino è divorato da un’ansia ideologica e distorta di giustizia. La sua è un’ossessione che non ha mai fine: il limite da realizzare viene sempre spostato più in là. Non c’è un confine oltre il quale può placarsi.

Quando tutti i nemici esterni sono schiacciati, il furore giacobino vira verso i cittadini giusti, che non sono mai al riparo dal rischio di essere considerati non abbastanza giusti. Guardando all’attuale gestione politico-sanitaria, improntata sull’emergenza, sul ‘non c’è più tempo’, insomma sul parossismo, è facile riscontrare queste analogie: le percentuali da vaccinare non bastano mai; la frequenza delle vaccinazioni diventa sempre più frenetica; e, soprattutto, si comincia a prendere di mira anche chI è vaccinato, diffidando di lui e  colpevolizzandolo perché anche lui può contagiare. Il vaccinato è ormai nel mirino come nemico da tamponare, rivaccinare, tenere sotto controllo e magari minacciare di lockdown. Questa situazione ricalca la penultima tappa che caratterizza le esperienze giacobine: l’innalzamento progressivo dell’asticella e l’oppressione di chi non riesce a superarla.

L’ultima tappa è la cannibalizzazione, il susseguirsi di faide intestine e discredito reciproco che portano i detentori del potere ad auto-distruggersi e al conseguente collasso del sistema.

Potendo prevedere questi esiti, proviamo allora a sciogliere il dubbio amletico: è meglio affidarsi alla forza delle ragioni (libertà di critica scientifica, di poter scegliere cure e terapie tra un ventaglio di possibilità, non essere discriminati nei diritti fondamentali) o alle ragioni della forza (super green pass, obbligo vaccinale, lockdown, abolizione di diritti, etc.)?

 

 

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