di Mattia Spanò
Guardando le figure e leggendo le parole sull’intervento di Mario Draghi al Meeting di Rimini, evento culturale – sicuri? – che prende l’abbrivio verso il mezzo secolo di vita, si potrebbero dire molte cose, come al solito l’un contro l’altro armati: l’attualità ormai vivacchia nel clangore della polemica.
Ne voglio ricordare una semplice: non è la politica a salvare. La politica, alla radice, è il tentativo di cogliere un ordine razionale positivo nelle cose umane e orientarlo ad un fine buono per molti, idealmente tutti.
Questo in origine, per quanto sia del tutto ovvio che i sostenitori di Hitler considerassero le iniziative del führer buone quanto quelli di Mandela quelle del loro beniamino.
Sin dai tempi degli egizi, e forse prima, dalla religione discende una cultura nella quale a sua volta germina la politica. La coscienza di questa condizione naturale delle cose era ben presente a don Giussani e non pochi altri del passato recente e lontano. Oggi mi pare che il senso di marcia sia invertito, in un modo sottile che provo a descrivere.
Abbiamo un dio, Draghi (o Biden, o Macròn, Putin o chi volete voi) che mette in atto politiche salvifiche, dalle quali ci si attende che nasca una cultura – ad esempio quella green e digitale – che a sua volta genera una credenza religiosa – nella Scienza, salvare il pianeta, trovarsi fra persone non contagiose, scegliere fra la pace e la lavastoviglie e via spernacchiando le briciole d’intelletto sopravvissute ai corvi.
Dio può, come hanno fatto Macròn e Biden, annunciare l’arrivo delle vacche magre, o impartire flagelli al popolo egizio – la peste, la carestia, le locuste, la distruzione creativa delle imprese – senza che nessuno chieda loro il conto politico di simili prospettive. Come Dio, non danno spiegazioni.
A ben guardare non offrono vie d’uscita o soluzioni. È così, accade questo. Come un’eruzione vulcanica, un uragano o un terremoto. Nessuno si sognerebbe mai di chiedere loro perché – al contrario di Dio, al quale facciamo le pulci ogni due minuti.
Tipicamente invertire l’ordine divino è la definizione stessa del disordine diabolico, ma il rifiuto di pensare questo (non dico credere, troppa grazia) è così radicato e radicale che non vale nemmeno la pena perdersi in spiegazioni moleste per intelletti così fini ed evoluti.
L’uomo occidentale non crede più in Dio, punto e basta. Crede nei Mario Draghi, nei Mario Monti, nei Mario Balotelli, nei Jorge Mario Bergoglio che gli si parano davanti. Sono gli dei digitali, nel senso che li indichi a dito, li potresti persino toccare.
Due parole sul contesto, il Meeting. Com’è noto, Draghi si fece carne e premier venendo in mezzo a noi al Meeting, e dal Meeting risale al cielo.
Attendiamo con fiducia la seconda venuta nella gloria di sé; tuttavia, facciamo rispettosamente osservare che non c’è traccia della croce. O meglio non la vediamo essendoci inchiodati sopra: il dio-uomo è così magnanimo da essere venuto a crocifiggere gli uomini-uomo, per giunta senza il premio della salvezza eterna. Vedi a volte il progresso.
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