Domenica XIV del Tempo Ordinario (Anno C)
(Is 66,10-14c; Sal 65; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20)
di Alberto Strumia
«Io vi dico che, in quel giorno, Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città» (Vangelo). Il mondo di oggi la sta “pagando cara”, come quella città che aveva deciso di vivere “come se Cristo non fosse Dio”, “come se Dio non esistesse”, “come se Dio potesse essere ignorato”, perché, dicono, Dio se c’è non c’entra con la nostra vita normale e possiamo farne a meno. Ma la realtà dice il contrario e si rifiuta di funzionare quando chi la vuole dominare non ha nessuna intenzione di prendere come fondamento Dio e Cristo, ignorando il cristianesimo e, con esso, anche la “Legge naturale”. Cioè quei comandamenti basilari che fanno parte della “struttura” antropologica (cioè della natura “natura”) degli esseri umani («Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. […] Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica», Deut 30,11.14).
E così il mondo di oggi si priva con le proprie mani di ogni possibilità di “raggiungere la pace”: quella tra i poteri, tra gli stati e i popoli, quella interna ad ogni forma di vita sociale (città, casa, famiglia) e quella interiore dell’individuo (spirito, psiche, esperienza quotidiana). Non è forse questo ciò che dice Gesù nel Vangelo di oggi, con le parole: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi». La pace non attecchisce senza il rispetto dei Comandamenti e rifiutando Cristo! Che cosa dobbiamo aspettare ancora per rendercene conto? Dobbiamo aspettare che gli uomini di Chiesa ritornino ad avere la voglia e la capacità di dirlo, conducendo la gente a toccare con mano il fallimento di tutte le ideologie e i modi di vivere che ignorano volontariamente, o per trascuratezza, di fare i conti con Dio e con il Signore Gesù Cristo, con la sua dottrina.
Davvero, oggi, «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!». Sono pochi numericamente e sono in difficoltà nell’andare «come agnelli in mezzo a lupi» parlando con argomenti oggettivi che raggiungano l’interlocutore, indifferente o ostile, con un giudizio di ragione e di fede che spiazzi ogni obiezione troppo superficialmente “orizzontale” («Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore»). E la tentazione, troppo spesso assecondata, di venire a patti con quella città che avrà un destino peggiore di Sodoma – della quale per altro ha accettato, oggi, lo stile di vita – “non paga” nella Chiesa, facendola svanire, per omogeneità con quel mondo che non è più capace di sfidare per ricondurlo alla Verità e a al Bene.
Per questo vale, soprattutto oggi, la raccomandazione di Gesù: «Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!», in numero e capacità, coraggio, preparazione dottrinale e comunicativa. O addirittura provveda Lui stesso con un Suo intervento diretto straordinario che metta l’umanità in ginocchio davanti a Dio, snidando ogni forma di compiaciuto esibizionismo narcisista («Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo», seconda lettura; «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli», Vangelo).
Il frutto di questa “posizione giusta” che riconosce Dio come Fondamento di tutto e Cristo come Colui che ha riaperto la possibilità di accedere nuovamente a questa “posizione giusta” (è la “giustizia originale”), alla sana “postura” dell’uomo, è il ritrovamento della pace e della serena capacità di essere contenti. Lo descrive la prima lettura, nella quale ricorrono espressioni come «rallegratevi», «sfavillate con essa di gioia», «gioirà il vostro cuore», perché «voi lo vedrete». Tutto ciò è “consolante” («così io vi consolerò»), è opera dello Spirito Consolatore della Pentecoste e sarà fruibile se e quando sarà seguita l’invocazione che troviamo nel salmo responsoriale: «A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome». Diversamente non ci potrà essere alcuna possibilità di una “vita buona”. L’umanità ha già esaurito le sue alternative di “apparente” autonomia: “apparente” perché in realtà si tratta di una forma di dipendenza, più o meno consapevole, da Satana.
«Satana sta tentando di minacciare e distruggere i due pilastri [la persona e la famiglia], in modo da poter forgiare un’altra creazione. Come se stesse provocando il Signore, dicendo a Lui: “Farò un’altra creazione, e l’uomo e la donna diranno: qui ci piace molto di più”» (Card. Caffarra, 22 maggio 2017). Oggi tutto questo è successo! Ma, inevitabilmente, si sgretolerà presto…
Perché «Il credente sa che Cristo ha già vinto; ma sa anche che la piena manifestazione di questa vittoria sarà un dono escatologico. Questo non lo scoraggia non lo disarma: per essere se stesso e accogliere totalmente nella verità la salvezza di Dio, egli instancabilmente si adopera a dar vita alla nuova società, alla nuova storia, alla nuova cultura» (Card. Biffi, Per una cultura cristiana, 1985).
La Madre di Dio e Madre della Chiesa segue dal Cielo e dai suoi santuari questo difficile cammino dell’umanità contemporanea e non manca di incoraggiare, sostenere e guidare quanti le si affidano con fiduciosa certezza.
«Ricordati, o piissima Vergine Maria, che non si è mai sentito dire al mondo che qualcuno sia ricorso a te, abbia implorato il tuo aiuto, e chiesto la tua protezione e sia stato abbandonato (Memorare, o piissima Virgo Maria, a saeculo non esse auditum, quemquam ad tua currentem præsidia, tua implorantem auxilia, tua petentem suffragia, esse derelictum)» (San Bernardo).
Bologna, 3 luglio 2022
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