di Un sacerdote
Caro Sabino,
purtroppo è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina e, come era scontato avvenisse, si è scatenato il consueto manicheismo politico nello stabilire chi siano i buoni e chi i cattivi; e come ancora era scontato avvenisse i buoni siamo noi, la NATO, gli USA e naturalmente l’Ucraina; mentre i cattivi sono Putin e la Russia, stile lupo e agnello (ma è un orso!) dove si imputa torbidume a valle mentre da tempo lo si crea a monte a monte; il resto a seguire, con lo scatenamento dei media che in modo unilaterale – ça va sans dire – condannano i cattivi ed esaltano i buoni. Poi arrivano le sanzioni … Insomma, il solito teatrino cinico e interessato, condito di fake news e immagini del teatro di guerra, tra cui alcune riprese da filmati di provenienza estranea o da videogiochi, il che dimostra che anche qui, ovviamente, non c’è alcun interesse a cercare le ragioni serie e profonde di quanto sta accadendo e del perché sia accaduto. Salvo, grazie a Dio, qualche rara voce. “Amare la verità più di sé stessi”, come sottolineava don Giussani nel suo Il senso religioso (cap. VI, par. 6), è arte estremamente rara e difficile e temo che questo criterio non sia molto presente in chi oggi si occupa di informarci sulle vicende del mondo, come stiamo ancora vedendo nel caso del Covid19.
Naturalmente si invoca la pace, anche la Chiesa si sbraccia, ci si addolora e certo sarebbe davvero bello “che non vi fossero né sfide, né portatori, né bastonate” come suggerì santamente fra Cristoforo durante il banchetto in casa di don Rodrigo quando gli fu chiesto di fare da arbitro nella tenzone retorica tra il conte Attilio e il podestà, riguardo alle bastonate inferte a torto o a ragione al messo che aveva recato il messaggio di sfida di un cavaliere spagnolo ad uno milanese (v. I Promessi Sposi, cap. V). Nessuno dice che la Chiesa non debba agire anche su questo piano umano unendo i propri sforzi a quelli di altre realtà.
Ma purtroppo quando si parla ecclesialmente della pace raramente si tocca l’unica vera questione che solo può cambiare le carte in tavola. E non la si tocca perché sembra alla fin fine astratta, giusta sì, ma ritenuta spiritualistica cioè incapace di portare un risultato concreto nella storia e nei rapporti tra popoli. Insomma quando si parla di pace da parte della Chiesa è più facile fermarsi, come ho detto, sui piani intermedi. Ma è tutto qui quello che può dire la Chiesa? Anzi, che deve dire decisamente, mi vien da dire pretenziosamente, la Chiesa? Cosa intendeva però Cristo quando apparendo ai discepoli dopo la sua Risurrezione disse: “Pace a voi!” (Gv 20, 19)? Non voleva certo parlare di quella pace che nasce dal solo sforzo umano, sia pure ben intenzionato. Su questo egli è stato chiarissimo: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14, 27). È di questa pace che la Chiesa deve parlare, una pace che nasce dalla conversione del cuore e dal riconoscimento realistico che l’uomo è segnato dal peccato e dalle sue conseguenze, e che quindi senza questa pace che solo da Dio viene, la pace escogitata dal mondo sarà soltanto il tempo che intercorre tra una guerra e l’altra.
La pace di Cristo invece è la pace più concreta che ci possa essere e giustamente san Paolo solo essa augurò ai suoi cari Filippesi quando li invitò a rallegrarsi sempre e solo nel Signore: “Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fil 4, 4-7). Insomma, detto in poche parole, se ci si ferma alla ricerca della pace secondo un’intelligenza solo umana e non si chiama invece radicalmente a conversione, ogni volta si ricomincerà da capo, visto che le occasioni di guerra da Caino e Abele in poi non mancano mai. Solo Uno ci ha promesso, con intelligenza divina, realizzandola in sé stesso sulla Croce innalzata sul monte Calvario, che gli strumenti di morte possono essere trasmutati in strumenti di vita:
“Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2, 2-4).
Preghiamo perché la Chiesa ritrovi il coraggio di riaffermare in modo inequivoco questa unica e vera possibilità di pace, specie in questo tempo di Quaresima che tra breve inizierà ancora una volta a richiamarci all’Unica Cosa che conta e dalla quale tutte le Altre dipendono, così che mentre “passa la scena di questo mondo!” (1 Cor 7, 31) noi cristiani possiamo essere davvero con rinnovato coraggio lo “spettacolo [di Cristo davanti] al mondo, agli angeli e agli uomini” (1 Cor 4, 9).
Santa Quaresima a te e a tutti i collaboratori a vario titolo del tuo sempre splendido blog. Ti benedico di cuore. Ciao.
“Le guerre non sono altro che il castigo per i peccati del mondo.”
Santa Jacinta Marto
Tobia