L’esposizione del primo contributo di Michelangelo a San Pietro, la Pietà, all’interno della gigantesca basilica da lui stesso progettata molto più tardi nella sua lunghissima carriera, rappresenta da tempo un problema.
La statua è un’opera profondamente intima; nella sua collocazione originaria nell’antica San Pietro, era molto più vicina al pavimento, e ci si poteva avvicinare molto di più ad essa. Tuttavia, a differenza di altre versioni dello stesso soggetto, comprese le tre successive realizzate dallo stesso Michelangelo, questa guarda alla Resurrezione, piuttosto che alle sofferenze di Cristo. La posizione aggraziata del Suo corpo fa sembrare che Egli stia solo dormendo, come se la Sua morte fosse come un sonno, cioè temporaneo. Dove la sua pelle è esposta, Michelangelo ha fatto il più brillante lavoro di lucidatura della sua vita; vediamo Cristo già trasfigurato e glorificato nella Risurrezione.
La Vergine Maria lascia scivolare il corpo in avanti dal suo grembo e, sul lato destro, lo lascia andare. Come si vedeva nella sua collocazione originaria, era come se Lei stesse passando il corpo al pellegrino che si trovava di fronte ad esso, e così invitandolo a condividere il suo dolore. Allo stesso tempo, guardando in alto, si vede nel suo volto placido non solo la sua accettazione della volontà di Dio, ma anche la sua perfetta fiducia nel fatto che suo Figlio porterà a termine la missione per la quale Egli è venuto al mondo e risorgerà dai morti. Lo spettatore è così invitato a condividere questa fiducia e ad associarla alla propria morte e alla morte dei suoi cari.
Poiché la Pietà è ora esposta in uno spazio molto più grande di quello in cui Michelangelo intendeva che si vedesse, la gente spesso nota di essere sorpresa di quanto sia piccola, anche se in realtà è a grandezza naturale, alta 5′ 8″ e larga più di 6 piedi (174×195×69 cm, fonte Vickipedia, ndr). E’ semplicemente nana data la vastità della nuova basilica, la più grande chiesa del mondo. Anche se, naturalmente, non si può entrare nella cappella della Pietà e avvicinarsi ad essa, è stato recentemente installato un nuovo sistema di illuminazione all’interno della cappella, che cambia notevolmente e in meglio la vista della stessa.
Progettata da un’azienda italiana chiamata iGuzzini, (gli italiani sono maestri dell’illuminazione artistica), il nuovo sistema ha quattro diversi allestimenti, ognuno dei quali evidenzia il lavoro in modo diverso. Uno di essi pone tutta l’enfasi sulla scultura stessa, riducendo al minimo l’illuminazione del resto della cappella; questo aiuta lo spettatore ad apprezzare l’incredibile complessità artistica dell’opera.
La Pietà fu la prima opera pubblica di Michelangelo a Roma, commissionata nel 1498, quando aveva solo 23 anni. Sapeva bene che il cardinale che lo aveva assunto per realizzarla, Jean Bilhères de Lagraulas, ambasciatore di Francia alla corte papale, gli aveva dato l’opportunità di mostrare il suo talento in un luogo dove ogni pellegrino che veniva a Roma durante l’imminente giubileo lo avrebbe visto. Questo spiega in parte la stupefacente complessità delle vesti della Vergine, e dettagli come le pieghe del mantello sopra la testa e i profondi recessi ai lati del collo. L’intensa lucidatura del corpo di Cristo è ben visibile anche sullo sfondo più scuro delle vesti della Madonna.
Un secondo schema, in cui una luce molto intensa risplende da un lato della cappella, è molto più drammatico, illuminando in modo luminoso il lato destro della statua e lasciando il lato sinistro molto più scuro. I volti di Cristo e della Vergine sono visti in ombra, suggerendo che Egli è ora disceso tra coloro che “siedono nelle tenebre e nell’ombra della morte”, mentre lei soffre per le sue sofferenze. La luminosità è concentrata sul braccio sinistro che ha lasciato andare Lui, e sulle gambe di Cristo, dove Egli comincia a cadere in avanti verso lo spettatore, che è invitato a ricevere il corpo e a condividere la fede nella risurrezione corporea.
La terza disposizione, e di gran lunga la più luminosa, consiste nell’accendere tutte le nuove luci insieme. Come descritto sul sito della iGuzzini, la scultura stessa diventa la fonte di luce, risalendo in netto contrasto con l’illuminazione leggermente inferiore della cappella. Qui l’orientamento della scultura nel suo insieme, in attesa della Resurrezione, è particolarmente notevole. La sera del Venerdì Santo veniva normalmente esposta una pietà scultorea per riportare la mente indietro nel tempo, per considerare le sofferenze di Cristo e il dolore di sua madre per esse. Quella di Michelangelo, invece, fu commissionata per la tomba del cardinale francese: doveva esprimere la speranza nella risurrezione.
Nello schema di illuminazione finale, descritto come quello “quotidiano”, l’illuminazione è frontale e il contrasto tra le varie parti della scultura e tra la scultura e la cappella circostante è ridotto al minimo. Questo lascia forse lo spettatore a riflettere più profondamente su tutti i vari aspetti della Passione di Cristo, non solo su ciò che accade in quel particolare momento, ma anche su ciò che ha preceduto, e su ciò che seguirà.
A differenza delle tre versioni successive di Michelangelo, questa Pietà guarda alla Resurrezione, piuttosto che alle sofferenze di Cristo. La graziosa posizione del Suo corpo fa sembrare che Egli stia solo dormendo: la sua morte è come un sonno, cioè temporaneo.
di Gregory DiPippo, redattore del Nuovo Movimento Liturgico (newliturgicalmovement.org).
Fonte: Catholic Herald (mia traduzione)
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