Domenica XXXIV del Tempo Ordinario (Anno B)
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
(Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37)
di Alberto Strumia
In un mondo come il nostro, una festa come la solennità di Cristo Re dell’universo, che oggi si celebra nella liturgia della Chiesa – nella domenica che precede quella che dà inizio al nuovo Anno liturgico, con il nuovo Tempo di Avvento – suona come anacronistica, relegata a forme devozionali del passato, nostalgiche e insignificanti nella vita reale.
La nostra, però, è un’epoca piena di falle. Se non si crede più in Dio, in Cristo unico Salvatore del mondo e in un serio ruolo della Chiesa, in una modalità “positiva”, gli avvenimenti di tutti i giorni, ci dicono che, prima o poi, “tutti” (anche se per ora sono pochissimi coloro che se ne sono accorti in anticipo su tutti gli altri), saranno costretti dall’evidenza dei fatti, ad accorgersi che c’è uno stretto nesso di causa-effetto, tra le falle che si sono prodotte nel mondo di oggi e che aumentano esponenzialmente con il passare del tempo, e l’abbandono della fede in Dio, in Cristo e nella Chiesa come Egli l’ha fondata e la vuole. Per dirla con le parole di questa festa che la liturgia ci propone oggi, se non si riconosce che Cristo è il Re dell’universo, anche tutte le altre “regalità”, ovvero tutte le forme di governo finiscono per dissolversi e la società piomba in un’ingovernabilità insostenibile. Anche i fatti dei nostri giorni, dei nostri tempi ce lo fanno toccare con mano. La democrazia è ormai una pura apparenza, i governi non riescono più a gestire civilmente gli stati, se non con operazioni di potere che finiscono per distruggere il bene comune; coloro che dovrebbero avere autorità perdono dignità agli occhi di ogni persona di buon senso; la separazione tra la morale pubblica, di facciata (divenuta ormai una retorica di pensiero unico), e quella di una vita privata in molti casi sempre più sregolata, si dimostra deleteria per le sue conseguenze sociali (san Tommaso spiegava come non c’è peccato nascosto che non abbia effetti sociali).
Così bisogna arrendersi almeno al dato di fatto che la regalità di Cristo, non più riconosciuta per la strada maestra, la via “positiva” delle fede, un po’ alla volta riemerge per via “negativa” (un tempo si sarebbe detto popolarmente, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra). Perché tutte le altre forme di “regalità”, cioè di autorità, di governo, di potere, non si reggono se non sulla forza; e prima o poi si sbriciolano. E anche quelle nate, anticamente, in un contesto culturale cristiano si sono dissolte in conseguenza del deterioramento della fede. Combattendo il vero cristianesimo, dall’esterno o dall’interno della Chiesa, come si fa oggi, distruggendo la fede, si distrugge anche la ragione; alterando Cristo si altera anche l’uomo. Ridendo della regalità di Cristo si rende ridicola ogni regalità umana. Gli effetti della sottile ironia di Pilato («Dunque tu sei re?») che continua nei detentori dei poteri ideologici e culturali di oggi, che imperversano su tv e social, li stiamo pagando con la dissoluzione dei nostri stati, con l’invivibilità delle nostre società.
Il principio oggettivo affermato da san Paolo: «Non c’è autorità se non da Dio» (Rm 13,1) si ripresenta come l’unica ipotesi culturale e giuridica ragionevole per ricominciare a ricostruire. E il Dio di cui parla Paolo, non è l’idolo di fattura umana, modellato con un computer, ma è Colui che si è rivelato in Gesù Cristo. Diversamente niente funziona più. La solennità di oggi, ha dunque un valore culturale poderoso, unitamente ad una portata liturgica.
Non a caso Gesù risponde a Pilato affermando: «Tu lo dici: Io sono Re. Per questo Io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità». E nel precisare: «Il mio regno non è di questo mondo» dimostra che il fondamento del mondo non è riducibile al mondo stesso, ma deve trascenderlo per essere in grado di sostenerlo. Curiosamente, da quasi un secolo lo ha dimostrato anche la logica matematica e tutta la scienza. Ma pochi ancora riescono (o vogliono) fare i collegamenti con la realtà.
Ma «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce», dice anche Gesù nel vangelo di oggi. A coloro che comprendono, anche se pochi, sembra essere consegnato, ora, il testimone della “staffetta” della storia umana.
Le immagini apocalittiche della prima e della seconda lettura descrivono proprio la “trascendenza” del fondamento, come condizione necessaria perché il mondo si regga. Esse non sono solamente descrittive di un destino futuro di eternità per dopo che sarà passata la scena di questo mondo, ma sono la descrizione di ciò che ora è indispensabile tenere presente per vivere e governare questo mondo («È stabile il mondo, non potrà vacillare» se si riconosce il dato di fatto che «stabile è il Tuo [di Dio, di Cristo] trono da sempre, dall’eternità tu sei», salmo responsoriale)
Ma la seconda lettura ci dice anche che questo recupero di consapevolezza sulla realtà dei fatti, ormai non potrà più avvenire per molti (come avvenne al figlio prodigo che «rientrò in se stesso», Lc 15,17), se non grazie ad un intervento diretto di Dio che illumini le coscienze («Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero»), perché il danno che esse hanno subito, ad opera di Satana che è stato lasciato libero per un lungo tempo, solo Dio può rimediarlo. Ma tutto questo era stato previsto, nei piani di Dio, e il buio più nero nel quale siamo piombati serve a mostrare, per contrasto, quanto sia indispensabile la Luce per la vita degli uomini («Veniva nel mondo la Luce vera, quella che illumina ogni uomo», Gv 1,9).
Maria, la Madre di Dio ci protegge, così che l’oscurità di questa notte della storia nella quale siamo chiamati a vivere, sia trasformata come l’oscurità di quella notte di Natale nella quale è venuto al mondo il Salvatore degli uomini, «Luce per illuminare le genti» (Lc 2,32).
La nostra fede sia anche come il cero pasquale: «lo trovi acceso la Stella del mattino, quella Stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti fa risplendere sugli uomini la sua luce serena e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen» (Exultet).
Bologna, 21 novembre 2021
Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari. È direttore del sito albertostrumia.it
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