Una puntuale risposta di padre Raymond J. de Souza alle accuse avanzate da alcuni progressisti nei confronti di ambienti conservatori americani (clero e laici) considerati fautori di uno scisma nella Chiesa. De Souza dice chiaramente che i rischi e le minacce vengono dagli ambienti del clero e dei laici tedeschi.
Ecco l’articolo di padre Raymond J. de Souza pubblicato sul National Catholic Register nella mia traduzione.
Parlare di scisma nella Chiesa è diventata ora una cosa “ordinaria”, scrive il giornalista del New York Times Ross Douthat. Papa Francesco ne ha parlato a lungo durante il suo volo di ritorno dal Madagascar. Ma dov’è il pericolo dello scisma? Molto più probabilmente [viene] dalla Germania, dove i vescovi sfidano apertamente il Santo Padre, che dagli Stati Uniti.
La questione del potenziale scisma è stata sollevata sui recenti voli papali da e per l’Africa. Sul volo di andata, quando gli è stato presentato con un libro che accusa alcuni americani di aver complottato per rovesciare il Papa, il Santo Padre ha detto che “è un onore quando gli americani mi attaccano”.
Il portavoce del Papa Matteo Bruni ha poi rapidamente capovolto tutto questo spiegando che il Santo Padre rispetta molto i punti di vista americani. Questo non è stato ignorato dalla stampa, così a Papa Francesco è stata posta una domanda su questo punto sul volo di ritorno a casa, in risposta alla quale ha confessato che non voleva uno scisma, ma che “non lo temeva“.
Sempre sull’aereo per il Mozambico, papa Francesco, rispondendo a una domanda sulle preoccupazioni sollevate dal cardinale Gerhard Müller, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha detto: “Ha buone intenzioni; è un uomo buono. Piace al Papa. Ma è come un bambino”.
Nonostante [questa notizia] sia stata riportata da agenzie di stampa cattoliche tedesche e austriache, la Sala stampa della Santa Sede non ha commentato quella sorprendente rappresentazione dell’esperto teologo.
I due commenti insieme invitano a riflettere su dove risieda il pericolo scismatico, nel caso esistesse.
Uno scisma guidato dagli americani sembra così lontano da essere impossibile.
Non c’è un solo vescovo americano che abbia detto o fatto qualcosa che indichi qualcosa che si avvicina allo scisma. Che ci siano settori dell’opinione cattolica statunitense che sono critici – anche ostili – nei confronti di Papa Francesco è vero, ma le chiacchiere su internet non fanno uno scisma.
In ogni caso, sin dal Concilio Vaticano II ci sono stati interi paesi dove l’establishment teologico – professori universitari e formatori del seminario, non giornalisti di internet – ha pubblicamente dissentito dall’insegnamento cattolico e non ne è derivato alcuno scisma.
Anche le critiche dirette all’insegnamento o alle decisioni del Santo Padre non costituiscono uno scisma. Può anche erodere la fiducia e la buona volontà fraterna, ma non rompe la comunione. In ogni caso, però, in termini di episcopati nazionali, gli americani non sono certo leader nel criticare questo pontificato.
I vescovi polacchi hanno offerto pubblicamente un’interpretazione dell’esortazione apostolica di Francesco Amoris Laetitia (La gioia dell’amore) che è in contrasto con l’interpretazione favorita a Roma. I vescovi ucraini hanno parlato chiaramente di “aggressione” e “invasione” russa dell’Ucraina quando il Santo Padre ha preferito parlare di “conflitto fratricida” senza attribuire colpe, cercando di non offendere Mosca. I vescovi venezuelani denunciano da tempo il regime del Maduro in termini che sono andati ben oltre quanto la diplomazia della Santa Sede fosse stata disposta a concedere.
Proprio questo mese a Hong Kong, i leader cattolici hanno preso l’iniziativa nelle proteste contro il regime di Pechino, mentre la Santa Sede rimane completamente silenziosa. Sarebbe difficile pensare a un vescovo che sia stato più direttamente critico nei confronti di qualsiasi decisione di papa Francesco di quanto sia stato il cardinale Joseph Zen riguardo l’accordo del 2018 della Santa Sede con la Cina.
E da nessuna parte le voci cattoliche ordinarie sono state più critiche nei confronti di papa Francesco che in Cile, dove la nomina da parte del Santo Padre del vescovo Juan Barros, contro il consiglio dei vescovi cileni, ha scatenato una conflagrazione riguardo la questione degli abusi sessuali che ha consumato la Chiesa. Quei critici cileni sono stati denunciati con veemenza da papa Francesco, fino a quando non si è completamente ricreduto.
Quindi, se il pericolo di scissione si misura anche in base al criterio fuorviante della critica pubblica, il pericolo non è negli Stati Uniti. Per questo motivo, lo stesso Santo Padre ha ammesso sul volo di ritorno a casa che “le critiche non vengono solo dagli americani – vengono da ogni dove”.
Il pericolo di scissione, se presente da qualche parte, viene, invece, dalla Germania, dove le critiche pubbliche sono scarse. Tuttavia, l’episcopato tedesco – non i giornalisti e i commentatori – è in aperta sfida agli auspici espressi dal Santo Padre, guidato dal cardinale Reinhard Marx di Monaco, che è uno dei consiglieri più vicini a papa Francesco, uno dei sei membri del consiglio dei cardinali e presidente del consiglio economico vaticano.
I vescovi tedeschi hanno proposto un sinodo nazionale “vincolante” che coinvolgerà vescovi e associazioni laicali, che esaminerà questioni come il clero sposato e la morale sessuale. Ai vescovi tedeschi sono già state concesse da Papa Francesco alcune delle loro priorità chiave – la Santa Comunione per i divorziati e risposati, secondo la loro interpretazione di Amoris Laetitia e l’autorità nazionale sulle traduzioni liturgiche e l’ammissione dei protestanti alla Santa Comunione, o almeno il rifiuto di Roma a dichiarare non ammissibili le loro iniziative in materia.
Il “percorso sinodale vincolante” non ha il sostegno unanime dei vescovi tedeschi. Il cardinale Müller, ad esempio, ha formulato le proprie gravi critiche alla proposta, così come il cardinale Rainer Woelki di Colonia e il vescovo Rudolf Voderholzer di Ratisbona.
Papa Francesco ha scritto una lettera pubblica ai vescovi tedeschi in giugno, chiedendo loro di rielaborare la loro proposta sinodale per tenere maggiormente conto del suo impatto sulla comunione con la Chiesa universale. In agosto, i vescovi tedeschi hanno votato 21-3 per continuare come previsto inizialmente, [il che costituisce] il rifiuto più pubblico [espresso] da qualsiasi conferenza episcopale di fronte a una richiesta diretta del Santo Padre.
Il 4 settembre la Congregazione per i vescovi e il Consiglio per i testi legislativi del Vaticano ha inviato ai vescovi tedeschi un’analisi dettagliata delle proposte sinodali tedesche, concludendo che il sinodo proposto non era “ecclesiologicamente valido” e contrario al diritto canonico, oltre ad essere contrario alle istruzioni del Santo Padre [espresse] nella sua lettera di giugno. Non è possibile che tale analisi sia stata inviata senza l’approvazione del Santo Padre.
Il cardinale Marx ha preso nota e ha respinto le preoccupazioni del Vaticano in una lettera del 12 settembre, rilasciata alla stampa e pubblicata il giorno successivo sull’Allgemeine di Francoforte.
Lungi dal minacciare la comunione con la Chiesa universale, il Cardinale Marx ha sostenuto che l’intera Chiesa avrebbe beneficiato di un riesame tedesco di questioni dottrinali e disciplinari già definite. Il messaggio è chiaro: non è la Chiesa in Germania che deve rimanere in comunione con il Santo Padre come pastore universale, ma piuttosto la Chiesa universale che deve rimanere in comunione con la maggioranza dei vescovi tedeschi. La sfida a Roma è schietta, deliberata e insolente.
Il Sinodo procederà come previsto, nonostante le obiezioni del Vaticano. Attualmente, il cardinale Marx sta trascorrendo tre giorni con il Santo Padre nella riunione del Consiglio dei cardinali.
Se ci sarà uno scisma, Papa Francesco sarà il primo a saperlo. Il suo potenziale leader è seduto a tavola con lui.
Quanta arroganza nel clero tedesco! E quanta tolleranza e misericordia riceve! Non mi pare ci siano le premesse per uno scisma, visto che sta ottenendo ciò che vuole. In caso di rifiuto delle istanze progressiste, Bergoglio sarebbe costretto a rivedere tutto il suo ‘programma’. Che significa dover rigettare ogni documento, scritto con la pretesa di ‘avviare processi’ per andare incontro alle ‘fragilità’ del mondo, anche se in contrasto con la legge di Dio ed in totale rottura con il Magistero della Chiesa. Che ne sarà di Amoris Laetitia, tanto per fare un esempio? E non finisce qui: dovrebbe inoltre rispondere ai Dubia perchè o ha ragione il clero modernista tedesco o hanno ragione i cardinali che hanno sollevato dubbi circa la leggitimità di questo magistero orizzontale e pragmatico. Cosa avrà il coraggio di fare Bergoglio?
Non è da escludere che sto Marx voglia separarsi da Roma per allearsi ai luterani e dar loro la continuità apostolica.