di Comelli Lucia
Nella situazione di grande confusione, anzitutto intellettuale, in cui siamo immersi mi sembra importante ripensare ad alcune categorie a fondamento della nostra civiltà, come quella di legge.
Vorrei farlo partendo da S. Tommaso d’Aquino. Il più grande pensatore dell’età medioevale ha portato infatti a compimento la dottrina antica del diritto naturale – elaborata dallo stoicismo e approfondita in ambito romano soprattutto da Cicerone – secondo cui esiste nel mondo un ordine razionale, rileggendola in chiave cristiana.
La legge, scrive San Tommaso nella Somma teologica, è una regola o misura dell’agire, in quanto uno viene da essa spinto all’azione o dissuaso da quella. Legge infatti deriva da legare, poiché obbliga ad agire.
Ora misura degli atti è la ragione la quale, ordinando ad un fine le azioni umane (che in quanto consapevoli, rappresentano atti intenzionali), ne è il primo principio in campo operativo: Tommaso sottolinea quindi nella Summa il carattere razionale della legge, che – se bene intesa – obbliga ad agire non in modo arbitrario, ma in forza della sua stessa razionalità. L’uomo per Tommaso ha un’intelligenza capace di conoscere l’ordine delle cose, al sommo del quale c’è Dio come bene supremo. Tuttavia, egli ha anche per propria natura il libero arbitrio:per questo non è diretto al proprio fine meccanicamente, come la freccia lanciata dall’arciere è diretta al bersaglio, piuttosto si dirige ad esso liberamente, così come è in grado di infrangere volontariamente le leggi universali che la ragione gli fa conoscere e che la legge di Dio gli rivela.
La giustizia, scrive Cicerone nel De legibus, non coincide con l’ossequio alle leggi scritte: «se la volontà popolare, o un decreto del sovrano, o una disposizione della magistratura fossero sufficienti a far sì che una cosa diventi giusta, allora basterebbe un semplice voto della maggioranza per far considerare giusta e legittima la rapina, l’adulterio o la falsificazione di testamenti». La vera legge è la norma «che distingue ciò che è giusto e ciò che è ingiusto secondo la natura stessa delle cose … In caso diverso, una legge non solo non dovrebbe essere considerata tale, ma neppure dovrebbe averne il nome»
Lo stesso metodo dialettico utilizzato da S. Tommaso nell’opera, che parte sempre da una questione di cui affronta con rigore le possibili e contrastanti risposte, fino al prevalere di una conclusione, evidenzia il carattere robustamente razionale della sua concezione. Questa si articola in quattro momenti relativi ai diversi tipi di legge individuati dall’autore: la legge eterna, naturale, umana e divina.
La legge eterna (lex aeterna), espressione della divina provvidenza, rappresenta il piano razionale con cui Dio governa le cose dirigendole tutte al loro fine. Un pianoeterno, come è eterno il pensiero di Dio, noto unicamente a Lui e a pochi eletti.
Tuttavia, c’è una parte di questa legge eterna di cui l’uomo – in quanto natura razionale – è in grado di conoscere: si tratta dellalegge naturale (lex naturalis), cherappresenta appunto la partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole. Da essa, che costituisce un riflesso nella mente umana della ragione divina, deriva nell’uomo una inclinazione naturale verso l’atto e il fine dovuto. In base a tale legge – il cui nucleo fondamentale sta nel precetto per cui si deve fare il bene e si deve evitare il male, l’essere umano è spinto, come ogni vivente, a conservare il proprio essere, a generare una prole e a prendersene cura, ma anche – in forza della ragione – a conoscere e a ricercare la verità, a vivere in società, …).[1]
Tommaso considera come strettamente legata al diritto di natura la lex umana, cioè il complesso delle leggi storicamente stabilite tra gli uomini: esse devono infatti fondarsi sui precetti della legge naturale, da cui traggono il proprio carattere razionale e dunque la propria legittimità. Solo in tal modo possono realizzare il bene comune a cui sono dirette.
Alla base dell’etica e della filosofia del diritto di San Tommaso sta la convinzione – di origine aristotelica – che l’agire segue l’essere (agere sequitur esse), cioè che vi sia una correlazione necessaria tra la natura di un ente e il suo modo di agire. Ora – poiché l’uomo è una creatura di Dio – la felicità cui tende per natura, non può consistere ultimamente in qualche bene finito (ricchezza, fama, piacere …), ma soltanto nell’Assoluto. Dio è dunque oggettivamente il fine ultimo dell’umano operare. Questo è anche il senso dell’etimologia della parola desiderio (de – sidera: il richiamo delle stelle).
Il diritto positivo o storico deriva dalla legge naturale in due modi: per deduzione o per specificazione di norme più generali. Nel primo caso si ha lo jus gentium, nel secondo lo jus civile.Così fa parte dello jus gentium la proibizione dell’omicidio, ma quale tipo di pena debba riservarsi all’omicida fa parte dello ius civile, e cioè una applicazione storica e sociale di una legge naturale fissata nello jus gentium[2]. Se i precetti della legge positiva sono derivati dalla legge naturale e sono conosciuti dalla ragione, perché si sente la necessità di stabilirli nel diritto? Esistono – risponde Tommaso – uomini protervi e proni ai vizi che difficilmente si possono guidare con la persuasione, quindi vanno costretti con la forza e il timore a evitare il male, lasciando in pace glialtri. Inoltre, abituandosi a schivare il male, essi stessi saranno sollecitati a fare volontariamente quello che prima adempivano solo per paura, e così verranno educati al bene. Il carattere costrittivo della legge umana non solo rende possibile la pacifica convivenza degli uomini, ma per Tomaso riveste dunque anche una funzione pedagogica. Le norme giuridiche, tuttavia, non possono reprimere tutti i vizi, altrimenti verrebbero eliminati molti beni e sarebbe compromesso il bene comune, ma solo quelli che nuocciono agli altri e – come gli omicidi o i furti – minacciano la conservazione della società umana, così esse non possono prescrivere tutti gli atti virtuosi, ma solo quelli necessari al bene comune.
Se essenziale per la legge umana è la sua derivazione da quella naturale, allora è evidente che – qualora una norma giuridica contraddica quella naturale – essa non vincola più al rispetto la coscienza. Come già Agostino, così per Tommaso non pare possa esservi leggese questa non è giusta: una legge positiva in disaccordo con la legge naturale, infatti, non sarebbe più una legge, ma una corruzione della legge. Questa idea ha avuto un influsso enorme e spesso è stata invocata per impugnare leggi giuridiche ritenute in contraddizione il diritto naturale: esse sono ad avviso di Tommaso violenze piuttosto che leggi, ad esse conviene moralmente obbedire solo dove sia necessario evitare scandalo o disordine. In ogni caso, però, occorre sempre disubbidire alla legge ingiusta se questa va contro la legge divina positiva, imponendo ad esempio l’idolatria o l’ateismo. E la ribellione è giustificata anche contro il tiranno, a patto che da essa non scaturiscano per i sudditi mali peggiori della tirannide stessa[3]. Lo Stato può indirizzare gli uomini verso il bene comune e favorire alcune virtù, ma non permette all’uomo il [4]raggiungimento del suo fine ultimo, quello soprannaturale, cioè la beatitudine eterna: per questo è necessaria la lex divina, la legge rivelata nel Vangelo, la quale guida i credenti al conseguimento della perfezione morale e della felicità totale, che li attende con la visione di Dio nella vita ultraterrena.
[1] L’uomo giunge dunque con le sue sole forze a elaborare una morale naturale che si esprime in una serie di principi etici minimi universalmente condivisi (che sia meglio fare il bene ed evitare il male, che non sia lecito uccidere, rubare o mentire …).
[2] Reale – Antiseri, Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 1B, pp. 223.
[3] Ivi, p.224.
[4] Per l’orientamento della nostra vita è necessaria, oltre alla legge naturale e umana, una legge divina positiva: oltre a guidare l’uomo nei suoi atti all’ultimo fine, cui è stato ordinato da Dio, tale legge, rivelata nel Vangelo, gli offre un criterio di giudizio sicuro nei fatti contingenti; lo guida alla perfezione morale, purificandone le intenzioni – che la legge umana non è in grado di valutare – e, condannando tutti i peccati, realizza una giustizia più alta di quella umana – chenon è in grado di sanzionare tutte le azioni malvagie.
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